Fino a qualche mese fa, il mais era il grande ammalato della nostra cerealicoltura.
Affetto da un progressivo decremento produttivo e assediato, nelle previsioni di semina, dal prevalere della soia.
Non sappiamo se il mais sia guarito.
Ma oggi, se riusciremo a raccogliere tutto il prodotto ancora nei campi, sembra non ci sia più spazio dove metterlo.
Improvvisamente è troppo, sia in Italia che nel mondo. Ovunque le quotazioni sono in forte contrazione sull'onda delle previsioni di raccolto.
Quello che accade al mais la dice lunga sulla imprevedibilità delle previsioni di mercato.
Ci insegna anche qualcosa sulla cronica mancanza di memoria che ogni volta ci fa meravigliare di quanto accade a un presente senza passato.
Di quanto, in pochi mesi, gli andamenti climatici possono cambiare tutti gli assunti e trasformare le preoccupazioni di penuria in abbondanza.
È già successo più volte e non sarà l'ultima.
Occorrerebbe, a fianco delle previsioni, ricordare sempre quanti mesi mancano ai raccolti. Si avrebbe così una idea di quanto può ancora accadere.
È già stata scritta la parola fine sulla campagna del mais? Forse, ma occorre essere prudenti.
Maria Montessori ci ha insegnato la differenza fra insegnare i dettagli e cercare di stabilire la relazione tra le cose.
Il dettaglio è infido. La relazione è meno facile e immediata, ma garantisce maggiore conoscenza.
Comunque la si pensi, è indubbia la tendenza a fare previsioni partendo dal particolare e dal contingente. In cui quel che accade di oggi porta necessariamente a programmare quello che succederà domani.
Un po' come guidare la macchina guardando lo specchietto retrovisore. Il risveglio potrebbe essere traumatico.
Cerchiamo quindi di sforzarci di cogliere la complessità del mercato dei cereali.
Fra semina e raccolto c'è di mezzo il clima ed alcune altre cose, fra cui la politica.
Quello che succede in casa nostra è niente rispetto a quanto accade altrove.
Il prezzo è comprensibilmente l'elemento dominante. Ma una volta conosciuto è già vecchio.
Il mais è in gran parte ancora da raccogliere e le condizioni climatiche rimangono incerte.
La situazione internazionale è molto instabile.
Fino ad oggi i mercati hanno mostrato grande indifferenza nei confronti della crisi ucraina. Tutti ci auguriamo fortemente che il pragmatismo mercantile sia sinonimo di sagacia e saggezza.
Isaac Newton, probabilmente il più grande matematico di tutti i tempi, a proposito di una delle prime bolle speculative, in cui si racconta perse molto danaro, affermò: «posso prevedere il moto dei corpi celesti ma non la follia della mente umana».
Era il 1720 e la bolla speculativa passata alla storia come "The South sea Buble" - dal nome della omonima Compagnia ingese - la dice lunga sulla incapacità di trarre duraturo insegnamento dalla memoria.
Evidentemente, ma chiunque abbia studiato fisica avrebbe da obbiettare, la meccanica celeste potrebbe essere più semplice del mercato dei cereali.
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