Nel mondo l’olio di oliva rappresenta solo il 4% dei consumi di grassi vegetali; tale incidenza dimostra in modo chiaro come il prodotto sia ancora molto distante dal rappresentare un’abitudine di consumo regolare, almeno nella maggior parte dei Paesi. Questo nonostante numerosi studi scientifici continuino a dimostrare che i modelli alimentari più tradizionali – con netto predominio di alimenti di origine vegetale o sottoposti a scarsa elaborazione industriale – coincidano con una prevalenza più bassa delle malattie, cardiovascolari in primis. Fra tutti i regimi alimentari, la dieta mediterranea occupa un posto di primo piano tra gli stili consigliati e da seguire, suggerendo assunzione moderata di carne, zuccheri aggiunti e cibi con elevato apporto calorico sotto forma di grassi e preferendo invece verdura, frutta fresca e secca, olio d’oliva.
Nonostante sia ben noto il ruolo preventivo dell’alimentazione nei confronti delle malattie croniche e invalidanti, non sempre gli schemi alimentari seguono concretamente tali linee guida. Ne è lampante dimostrazione, con rare eccezioni, il declino di consumi di ortofrutta nelle principali economie avanzate. Sul fronte dei consumi di olio di oliva, cibo sentinella di un corretto stile alimentare, emergono luci ed ombre.
I magnifici sette
La notizia positiva è che il consumo di olio di oliva si sta progressivamente ampliando al livello mondiale: i dati dell’International Olive Council mostrano un consumo globale di poco superiore a 3 milioni di t, con un balzo del 24% negli ultimi 15 anni.
Ma le notizie positive si fermano qua: i consumi di olio di oliva sono ad oggi molto concentrati. Sette Paesi coprono il 65% dei consumi a livello mondiale: guidano Italia (620mila t, 20% della domanda mondiale) e Spagna (530mila, 18%), Paesi che hanno la leadership anche in termini di produzione (messi assieme coprono oltre il 68% dell’offerta). Al terzo posto nella classifica, gli Stati Uniti: consumi pro capite ancora bassi (circa 1 kg/anno) che chiaramente recuperano in termini assoluti (302 t), viste le ampie dimensioni del mercato in termini di popolazione. Appena fuori dal podio altri tre Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, Turchia, Marocco e Algeria, che legano il consumo ad una importante vocazione produttiva.
Vi sono, però, differenze nel consumo di olio di oliva tra i Paesi tradizionalmente consumatori, ovvero i Paesi produttori del bacino del Mediterraneo, e le nuove aree di mercato che recentemente si sono avvicinate alla dieta mediterranea e alla conoscenza degli effetti benefici sulla salute dell’uomo.
Un esempio è la Cina: mercato lontano dalle zone tradizionalmente produttrici, ma anche e soprattutto dagli stili alimentari. Nonostante i consumi di olio di oliva siano fermi a 30mila t, si registra una forte crescita, +167% in soli 5 anni, certamente sostenuta più dalla business community presente nel Paese che da una diffusa conversione alla dieta mediterranea.
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