Quest’anno è stato molto difficile, ma non
impossibile, produrre in Capitanata grano
duro con rese elevate e di buona qualità,
nonostante il maltempo abbia frapposto continui
ostacoli alla realizzazione di tale intento.Ma
solo per i durogranicoltori che hanno messo in
pratica tempestivamente tutti i più idonei accorgimenti
agronomici, e magari sono stati anche
aiutati da un po’ di fortuna. È quanto sostiene
Marcello Martino, produttore di Foggia (21 ha) e
agronomo responsabile della conduzione di diverse
aziende agricole rappresentative del Foggiano,
produttrici di grano duro su oltre mille
ettari di superficie.
«Quella appena conclusa è stata un’annata
davvero anomala dal punto di vista climatico, e comunque molto
diversa dalle precedenti. Negli ultimi anni è sempre piovuto, e
anche molto, sia in inverno sia in primavera, ma le piogge, pur
abbondanti, si sono concentrate in alcuni periodi, senza causare
grossi problemi fitosanitari, sicché hanno favorito buone produzioni
di grano duro. Invece quest’anno non è caduta tantissima acqua,
espressa in mm di pioggia, ma è piovuto molto spesso, quasi senza
soluzione di continuità. Il numero dei giorni piovosi è stato nettamente
superiore a quello degli anni passati. Di conseguenza la
pioggia ha determinato un costante elevato tasso di umidità relativa, che ha favorito lo sviluppo di malattie fungine».
In effetti, come sostiene Martino, nel Foggiano
è piovuto da novembre a luglio. Non c’è stato un
solo mese senza piogge.
«A novembre scorso noi durogranicoltori venivamo
da circa cinque mesi di siccità, in quanto,
a parte alcune sporadiche precipitazioni estive,
non pioveva da maggio. Perciò mancavano le
condizioni ottimali per eseguire le lavorazioni
meccaniche necessarie per la corretta preparazione
del letto di semina: i terreni erano asciutti e
non in tempera, come sarebbe stato desiderabile.
Nonostante ciò, alcuni agricoltori avevano avviato
comunque le prime semine. Poi dal 10 novembre
sono iniziate le piogge, durate quasi ininterrottamente
fino ai primi di dicembre, per cui la maggior parte delle
semine sono state effettuate dal 7-8 dicembre sino alla fine del 2013
e all’inizio del 2014. L’inverno è stato tiepido: gennaio è decorso
abbastanza asciutto, mentre febbraio ha portato un po’ più di
piogge, anche se è stato possibile anticipare già dalla fine di quel
mese il diserbo chimico per contrastare lo sviluppo più che mai
abbondante delle malerbe. Dai primi giorni di aprile le piogge sono
riprese e proseguite a maggio, giugno e luglio, senza fermarsi quasi
più, a volte leggere, altre di inusitata violenza, accompagnate da
vento e grandine».
Sul grano duro la persistente umidità ha creato
le condizioni ideali per lo sviluppo delle malattie
crittogamiche, soprattutto septoria e ruggini, e
fra queste sia la ruggine bruna sia la gialla.
«Non è stato facile realizzare una buona difesa
fitosanitaria. In primo luogo per l’oggettiva difficoltà
a entrare nei campi, sempre bagnati se non
allagati, per effettuare i necessari trattamenti fungicidi.
Poi capitava di trattare, ma subito dopo
tornava improvvisamente a piovere e la pioggia
dilavava i fungicidi appena irrorati. Alcune
aziende hanno compiuto un solo trattamento, altre,
in modo inusuale per il nostro territorio, ne
hanno fatti addirittura due. Ma chi ha saputo
intervenire bene, cioè al momento giusto, con il fungicida adeguato
e nelle dosi corrette e con la macchina distributrice ben tarata, ha
visto i risultati. La differenza di resa fra campi ben trattati e campi
trattati male o non trattati è stata molto più evidente nel caso delle
coltivazioni migliori, più floride: difatti, se i campi meno buoni
hanno reso 30-35 q/ha con il trattamento e 25-30 q/ha senza il
trattamento, con uno scarto di circa 5 q/ha, i campi migliori hanno
reso anche 55-60 q/ha con il trattamento, che ha esaltato le già
ottime potenzialità, e 40 q/ha senza trattamento, con uno scarto
ben più consistente, di circa 15-20 q/ha. In ogni caso, la differenza
media di produzione tra i campi trattati e quelli non trattati si è
attestata intorno ai 10-12 q/ha».
Anche il diserbo ha risentito dell’avverso andamento climatico,
sottolinea Martino. «Mentre negli ultimi anni siamo riusciti a diserbare
bene e con ottimi risultati, quest’anno è capitato
non di rado che le piogge cadute subito dopo
la distribuzione dei prodotti abbiano vanificato
almeno in parte il loro effetto, tant’è che spesso si
notava in campo una ripresa delle malerbe colpite,
soprattutto dell’avena selvatica e dei cardi.
Solo chi è stato molto attento ha potuto realizzare
un diserbo soddisfacente».
Con tali premesse, è stato normale che la campagna
si sia chiusa «con rese medie di 30-35 q/ha,
più basse che nel 2013, quando erano state di
35-40 q/ha, e con una qualità abbastanza scadente
sia sotto l’aspetto estetico, con slavatura e perdita
di colore, sia per il peso specifico basso, a
causa delle cariossidi striminzite dalle piogge continue e dall’eccessiva
umidità, che ha contribuito al calo delle rese. Solo i grani
meglio nutriti e meglio difesi dalle malattie hanno mostrato un
peso specifico più alto o comunque accettabile».
L’unico aspetto positivo di questa campagna, conclude Martino,
«è il prezzo, che l’anno scorso si è attestato, durante la mietitrebbiatura,
intorno a 27-27,50 €/q, mentre quest’anno è aumentato fino ai
valori medi di 30-31 €/q, quindi 3-4 €/q in più. Non è strano che,
malgrado la qualità sia inferiore rispetto al 2013, il prezzo sia più
alto. L’attuale quotazione è l’effetto, più che dell’andamento dell’annata
nel Foggiano, della scarsità dell’offerta a livello mondiale,
poiché sembra che dalle più grandi aree durogranicole come il
Canada non stia affluendo in Europa la quantità di grano duro
preventivata».
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