In Italia l’agricoltura conservativa va progressivamente diffondendosi, rappresentando un sistema virtuoso e integrato di gestione della produzione agricola che compendia una serie di tecniche agronomiche quali: il minimo disturbo al profilo del suolo, l’impiego di ampi avvicendamenti colturali e la copertura permanente del suolo anche attraverso l’impianto di colture di copertura o cover crop. Queste tecniche nel loro insieme permettono significativi benefici ambientali, non solo perché proteggono il suolo dall’erosione e dalla lisciviazione favorendone la fertilità, ma anche perché potenziano la biodiversità dei sistemi colturali e riducono le emissioni di anidride carbonica (CO2) responsabile, insieme ad altri gas, del riscaldamento globale del nostro pianeta.
Stime recenti testimoniano l’importanza che ha assunto nel mondo l’agricoltura conservativa dove è diffusa su circa 157 milioni di ettari interessando soprattutto seminativi e colture poliennali arboree.
La ricerca europea spinta dalla crescente sensibilità ambientalista dell’opinione pubblica ha iniziato a considerare con sempre maggiore attenzione i temi conservativi e della riduzione degli input ai sistemi produttivi agricoli.
In Italia il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) studia da diversi anni le tecniche conservative su specie orticole coltivate con il metodo biologico. Il connubio tra agricoltura biologica e conservativa può creare sinergie importanti, sotto il profilo del rispetto ambientale, soprattutto in sistemi colturali intensivi come sono quelli orticoli che necessitano di elevati input.
Rotazione e colture di copertura
Su questo tema al Crea di Monsampolo del Tronto è in atto una ricerca di lungo periodo su una rotazione orticola gestita con il metodo di coltivazione dell’agricoltura biologica per valutarne nel tempo l’evoluzione sotto il profilo della sostenibilità agronomica, ambientale ed economica.
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