Il controllo delle infestanti, in particolare quello in agricoltura convenzionale, potrà andare incontro a cambiamenti di strategie significativi. Nonostante, infatti, il recente rinnovo da parte della Commissione europea dell’autorizzazione del glifosate fino al 2033 e la bocciatura da parte del Parlamento europeo della indicazione di ridurre del 50% i fitofarmaci entro il 2030, restano le indicazioni da parte della Commissione europea presenti nel Piano d’azione per la produzione biologica (25% di agricoltura biologica entro il 2030) e le direttive della Pac 2023-2027, che hanno decisamente rinnovato l’interesse per un controllo non chimico delle infestanti, e in particolare di quello meccanico.
Che ci sia attualmente un aumentato interesse verso il controllo delle infestanti con mezzi meccanici è dimostrato dalla “pioggia” di nuove macchine (soprattutto sarchiatrici e strigliatori) lanciate dai costruttori in questi ultimi mesi, soprattutto quelli (e parliamo di brand internazionali) che ancora non le avevano nella propria gamma di prodotti. Tra l’altro, l’adozione delle recenti innovazioni disponibili a livello di sensoristica e di robotizzazione apre scenari molto interessanti per il settore, perché le tecnologie oggi disponibili sulle macchine di ultima generazione consentono di intervenire con il miglior tempismo e la massima precisione possibili nell’ottica appunto di un controllo delle infestanti che non debba per forza ricorrere alla chimica.
Aspetti agronomici
Questo insieme di considerazioni ha portato Edagricole a organizzare un webinar in collaborazione con il costruttore Oliver Agro per analizzare in primis gli aspetti agronomici e meccanici della gestione delle malerbe e poi verificare le tecnologie oggi disponibili.
«Dal punto di vista agronomico – ha spiegato Giuseppe Zanin, dell’Università di Padova – possiamo mettere in atto delle innovazioni di processo, ovvero strategie che rendono il processo più efficiente, strategie che possono essere di tipo proattivo o preventivo. Le prime sono rappresentate essenzialmente dal ricorso agli avvicendamenti colturali, dalle lavorazioni (in particolare l’aratura) e dalla fertilizzazione (in particolare quella azotata), tutte misure che creano un ambiente ecologico sfavorevole alla germinazione e alla crescita delle malerbe, mantenendone bassa la densità, cioè si evita la specializzazione della flora infestante e lo sviluppo delle malerbe perenni che effettivamente sono quelle che creano più problemi all’interno dei sistemi agricoli.
Le misure preventive, invece, sono quelle che mirano ad aumentare la mortalità dei semi e dei germinelli, ad aumentare l’emergenza delle infestanti quando non c’è la coltura (rottura delle stoppie, false semine, cover crop) o a ridurla in presenza della coltura (lavorazioni alla cieca, cover crop seminate dentro la coltura, fotocontrollo e pacciamatura), a gestire la seed rain con apposite cimatrici e a gestire la coltura “giocando” sull’epoca di semina, scegliendo la varietà più o meno competitiva e adatta alla situazione pedoclimatica, scegliere la densità d’impianto, il tutto per aumentare la capacità competitiva della coltura stessa.
In sintesi, la gestione delle malerbe va impostata non solo dentro la coltura, ma quando non c’è o non è ancora emersa la coltura, confondendo le infestanti per evitare il loro adattamento al sistema colturale e aumentando la capacità competitiva della coltura».
Aspetti meccanici
Oltre all’innovazione di processo, il controllo delle malerbe è attuabile grazie all’innovazione di prodotto. «L’innovazione di prodotto riguarda tutte le macchine più recenti proposte sul mercato – ha proseguito Luigi Sartori, dell’Università di Padova – ovvero una vasta gamma di macchine in grado di coprire praticamente tutte le misure precedentemente accennate. Si parte dalle lavorazioni superficiali del terreno alla gestione delle cover crop con rulli allettatori, dagli strigliatori ai frangicrosta e alle cimatrici, fino ad arrivare alle sarchiatrici e ai sistemi di lotta termica con pirodiserbatrici e diserbatrici termiche. Tutte queste macchine sono presenti da tempo sul mercato, ma ultimamente si sono perfezionate ed evolute in modo pronunciato in termini di regolazioni delle macchine, di sistemi volti a rendere accurato l’allineamento alla fila e l’avvicinamento della macchina alla coltura, di sensoristica in grado di discriminare in maniera abbastanza precisa la coltura dalla malerba e dal suolo (abbinata a sistemi di lotta puntiforme con la creazione di macchine intelligenti), di agricoltura di precisione e infine di robotica.
In sostanza, sul mercato troviamo macchine non solo per gli interventi diretti, ma anche per tutte quelle azioni di prevenzione proattive consigliate dalla moderna agronomia. Queste consentono di perfezionare e aumentare l’efficienza degli interventi e dei prodotti utilizzati. Le regolazioni e la gamma di utensili disponibili sempre più diversificati e vari diventano sempre più accurati e permettono localizzazioni spinte e l’adattamento alla variabilità del terreno e delle situazioni climatiche aumentando anche la polivalenza. Infine, la tecnologia elettronica e digitale è una scelta obbligata, lo vediamo anche dall’offerta di mercato, così come non è da sottovalutare l’evoluzione verso la robotica.
Le innovazioni vanno scelte con cura non sulla scia dell’entusiasmo, ma valutando con attenzione i benefici ottenibili, soprattutto dal punto di vista economico. E una volta acquisite, servono impegno, applicazione e umiltà per sfruttarle appieno».
Il biologico
Come detto, il controllo non chimico delle infestanti si può attuare anche nel convenzionale, ma la sua prerogativa è ovviamente quella dell’agricoltura biologica. «CoproB ha un’esperienza ormai ultraventennale nella coltivazione della bietola per la produzione di zucchero bio – ha riferito Giovanni Campagna di CoproB/Italia Zuccheri – con tanto di sperimentazione. Questa esperienza è tuttora in atto, con 2mila ettari complessivi, che di fatto si coltivano su 7-8 regioni, e una serie di progetti dove la problematica principale era di fatto quella della gestione delle infestanti. I risultati ottenuti hanno dimostrato la validità della tecnica della falsa semina nel ridurre il numero delle infestanti, ma dovendo ritardare l’epoca di semina della bietola e anticipare quella della raccolta, si perdeva in produttività; inoltre, le infestanti che rimanevano erano le più competitive (giavoni e amaranti).
Permanendo il problema della scarsa manodopera, negli anni Duemila si sono diffuse le sarchiature, che avevano però il problema della scarsa precisione e della bassa velocità operativa, aggravato dalla necessità nel biologico anche di 4 interventi per riuscire ad avere un buon rinettamento delle infestanti. Ovviamente in questi ultimi 20 anni l’evoluzione è stata enorme, grazie al precision farming e ai sistemi Rtk, fino alle sarchiatrici dotate di telecamere per intervenire nell’interfila e sulla fila e alla robotica, che si sta sviluppando a grandi passi, ma è ancora a livello sperimentale.
Altre prospettive che abbiamo portato avanti per migliorare la gestione biologica delle malerbe nella bietola, più da un punto di vista agronomico, sono state la semina a file distanziate (75 cm), dopo di che bisogna interagire sulla fila, oppure la sarchiarincalzatura, che su bietola a 75 cm si può fare, e la pacciamatura (che riduce però l’operatività della semina).
Infine, dal 2019 oltre al biologico si è partiti con esperienza dell’integrato (sistema SNQPI), che comporta un maggior ricorso alle operazioni meccaniche, per cui in un contesto dove l’opinione pubblica chiede la revoca degli erbicidi, anche nelle coltivazioni convenzionali è necessario implementare gli altri metodi di lotta».
I numeri del bio
Come detto, il contesto ideale per applicare metodi di lotta alternativi al diserbo chimico è l’agricoltura biologica, spinta anche dall’Europa. «Ci sono alcuni obiettivi legati al bio sostenuti dal Green Deal europeo – ha spiegato Daniele Fichera di FederBio –: la riduzione del 50% nell’uso dei pesticidi chimici entro il 2030; la riduzione del 50% nell’uso dei pesticidi più pericolosi entro il 2030; la riduzione di almeno il 50% delle perdite di nutrienti entro il 2030; la riduzione di almeno il 20% dell’uso di fertilizzanti entro il 2030; la riduzione del del 50% della vendita di sostanze antimicrobiche entro il 2030; la destinazione del 25% del totale dei terreni agricoli all’agricoltura biologica entro il 2030.
Per quest'ultimo punto a livello europeo siamo molto indietro (nel 2019 eravamo solo all’8,5%, gli ultimi dati parlano del 9,6%), mentre l’Italia è posizionata meglio (18,7% nel 2022). Anche se recentemente il Parlamento europeo ha respinto la proposta della Commissione europea sulla riduzione del 50% dei pesticidi entro il 2030, l’obiettivo ormai è tracciato e la riduzione chimica in agricoltura va percorsa. Come FederBio assieme ad altre associazioni abbiamo condotto uno studio mettendo a confronto terreni convenzionali e terreni biologici in una serie di colture e monitorando residui di fungicidi, insetticidi ed erbicidi. Nei 12 siti controllati la principale sostanza attiva ritrovata è risultata il glifosate, che è stato da poco riautorizzato, presente in 11 casi (6 + 5 come Ampa che è il suo metabolita). E poi, oltre a ritrovare il Ddt che è stato bandito dagli anni 70, abbiamo trovato anche alcune sostanze revocate da alcuni anni come la permetrina (revocata nel 2001), l’oxadiazon (revocato nel 2018) e l’imidacloprid (revocato nel 2021). Alcune di queste sostanze, Ddt compreso, sono state ritrovate anche nei terreni biologici, quindi in alcuni areali si tratta proprio di un inquinamento di fondo di certi terreni.
Per quanto riguarda la diffusione del biologico in Italia, dai primi anni 90 abbiamo avuto alti e bassi legati ai vari finanziamenti e ai Psr, poi dal 2010 e 2013 abbiamo registrato una crescita continua sia come numero di ettari (siamo a quasi 2.400.000 a fine 2022) sia come numero di operatori (oltre 92mila), con l'attuale 18,7% della Sau totale. Siamo i primi della classe anche come numero aziende biologiche, che nel 2022 hanno superato quota 82mila, per una dimensione media di 28,4 ettari.
Per quanto riguarda la distribuzione geografica, il 56,3% delle aziende biologiche è concentrato soprattutto al Sud (in Sicilia, Puglia e Calabria, ma anche in Toscana ed Emilia), molto meno nell’alta Pianura Padana (Veneto, Lombardia e Piemonte)
Infine, per raggiungere l’obiettivo del 25% si può dire che per alcune colture lo abbiamo già superato (agrumi, fruttiferi, olivo e coltivazioni legnose agrarie), per altre ci siamo vicino (es. ortive e vite), mentre in alcune come il mais (2,7%) è effettivamente più difficile fare biologico. Comunque, lo spazio di crescita per il biologico c’è, le macchine ci sono e quindi possiamo tranquillamente procedere in questa direzione».
Le sarchiatrici di precisione
In chiusura, sono state illustrate le attrezzature che sono state sviluppate in tutti questi anni come sarchiatrici di precisione per il controllo delle infestanti.
«Per quanto riguarda la nostra tecnologia – ha spiegato Moira Signorini, Sales Manager di Oliver Agro – è stata la prima azienda al mondo a brevettare rotori in acciaio per le macchine da diserbo, sviluppando modelli unici per un uso duraturo ed efficace: Rotoblizz, Rotovert, Rotofilm, Rotoclean, Rotodisk e Colibrì, Rotobrush. La nostra esperienza nella sarchiatura risale al 2005, quando abbiamo fatto i primi rotori, successivamente brevettati nel 2009 a livello nazionale e nel 2012 a livello internazionale.
La prima cosa da dire è che la personalizzazione delle soluzioni è fondamentale, in base alle tecniche agronomiche adottate preventivamente, alla fase di crescita della pianta, al tipo di coltura, al tipo di terreno e alle previsioni meteo. La nostra esperienza pluriennale ci ha permesso di sviluppare soluzioni adatte a sfide specifiche, come in IV gamma, dove le distanze interfila possono ridursi fino a 4 cm».
La presenza di infestanti non deve spaventare
«Se in ambito biologico questo si sa già – ha proseguito Moira Signorini – nel convenzionale magari questo è un problema. Ma come si controllano le malerbe? Muovendo il terreno, cosa che blocca le germinazioni delle infestanti dopo la loro fase germinativa e consente di estirparle in fase cotiledonare, con appositi utensili per poi lasciarle morire asfissiandole sotto il terreno o seccandole al sole.
Bisogna stravolgere il concetto/provocazione: finché c'è diserbo c'è speranza! Perché la sarchiatura non deve essere utilizzata (soprattutto per chi fa estensivo e non è bio) solo in combinazione all’applicazione del concime, è invece la chiave di volta per la coltura o per i clienti (in caso di aziende agromeccaniche).
Dunque, basta diserbare e inizia a sarchiare! In termini di resa delle colture, l’utilizzo di una sarchiatrice specifica può contribuire a migliorare la produttività e la qualità del raccolto, ad anticipare la raccolta stessa e può portare a benefici a lungo termine. La riduzione dell’uso di diserbanti chimici può contribuire a preservare la salute del suolo e l’equilibrio dell’ecosistema agricolo.
Inoltre, l’adozione di pratiche sostenibili come la sarchiatura meccanica di precisione può migliorare l’immagine dell’azienda agricola e agromeccanica agli occhi dei consumatori attenti alla sostenibilità ambientale».
Dopo aver spiegato l’importanza del giusto momento in cui sarchiare, Signorini ha chiuso con un accenno ai costi.
«Con una sarchiatrice Rotosark a 6 file a 45 cm, si può sarchiare vicino alla pianta 1-2 cm, riducendo la manodopera del 90-95% sulla fila. Se configurata con trattore con Rtk (guida automatica), effettuando 3-4 sarchiature di circa 1,14 h/ha, il costo di ammortamento della macchina è di circa € 35 + € 16 per il trattorista. La Rotosark viene utilizzata quando la pianta è appena cresciuta o stabile nel terreno, a 7 giorni dal trapianto o 10 dalla semina. Per chi, invece, applica il diserbo chimico, bisogna considerare il costo del prodotto erbicida, il costo orario del trattorista, l’irroratrice trainata o semovente, i costi di manutenzione e certificazione e la minor resa per il rallentamento della coltura. Inoltre, in caso di resistenza su diserbi, va considerata un’aggiunta di manodopera.
Infine, va sottolineata importanza della specializzazione delle sarchiatrici. I grandi brand producono macchine standardizzate per ragioni di efficienza e produzione su larga scala, ma nel caso delle sarchiatrici, dove la varietà dei terreni, delle colture e delle esigenze specifiche può variare notevolmente, è essenziale offrire soluzioni adattabili e personalizzate».
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