La diffusione della produzione integrata ha stravolto le strategie di difesa di molte colture. E questo è vero soprattutto nel caso della difesa del pero dalla psilla (Cacopsylla pyri).
Questo fitofago, in grado di provocare ingenti danni e grossi grattacapi a produttori e tecnici, è un vero fattore limitante per il pero. La sua presenza è soggetta a forti variazioni di anno in anno, difficili da prevedere: conviene dunque mantenere sempre alto il livello di attenzione.
Il ruolo centrale della difesa è assunto dal suo predatore principale, l’antocoride Anthocoris nemoralis e non da un insetticida: solo contando sull’azione determinante del predatore è possibile circoscrivere il problema e condurre in porto la stagione al meglio. Nel 2014, nelle aziende dove è stata effettuata una corretta strategia di difesa, la presenza di psilla non ha destato particolari preoccupazioni, grazie alla presenza diffusa di antocoridi e all’andamento stagionale piovoso che hanno contribuito al contenimento del fitofago e al dilavamento della melata.
Limitare le reinfestazioni
A. nemoralis, se lasciato libero di agire, è in grado di contenere la psilla in un ambito di non dannosità. Si alimenta anche a carico di altri artropodi fitofagi: cecidomia del pero, afidi, tisanotteri, uova e larve di lepidotteri ed anche acari. Di particolare interesse è l’attività a carico della cecidomia e degli afidi, fonte di sostentamento in periodi di scarsa presenza di psilla (in particolare in piena estate) che mantengono alto il livello di fecondità della popolazione, mantenendola pronta a limitare le pericolose reinfestazioni estive di psilla.
Ferma restando l’estrema variabilità dei casi in cui si può manifestare l’infestazione, si può comunque schematizzare distinguendo le aziende che con gli anni, attraverso tecniche rispettose dell’agroecosistema, sono riuscite a stabilire un solido equilibrio biocenotico nel pereto, da altre dove questo non è stato possibile, sia per caratteristiche strutturali sia per il ricorso a strategie di difesa basate solo su prodotti chimici poco selettivi. Nei contesti in cui viene limitato il ricorso a molecole di sintesi, il predatore manifesta a pieno la propria capacità di colonizzare stabilmente l’agroecosistema frutteto e di ridurre ai minimi termini la popolazione della preda. Di questo occorre tener conto nella gestione globale del pereto. Per gli interventi contro ogni fitofago la preferenza deve andare verso l’uso di prodotti a provata selettività intrinseca, o verso trattamenti che grazie al loro posizionamento forniscono garanzie di un basso impatto contro il predatore.
Quando la presenza di antocoridi selvatici risulta troppo rarefatta, non si può sempre ipotizzare, anche con una riduzione spinta della pressione chimica, di riuscire a ricreare in breve tempo l’equilibrio e portare al ridimensionamento del “problema psilla”.
Trattamento precoce
Nelle fasi iniziali della stagione di fronte ad una popolazione di psilla in rapido incremento può risultare strategico effettuare un trattamento precoce, a basso impatto sul complesso degli insetti utili, con l’obiettivo di abbassare la popolazione del fitofago e di avviarci ad un contenimento naturale in una seconda fase della stagione. Per giungere a questa combinazione tra l’elemento chimico e quello naturale occorre essere presenti nel pereto per verificare la presenza non tanto del fitofago ma soprattutto dell’antocoride. Se si riesce ad innescare il meccanismo dell’equilibrio preda/predatore, poi questo si mantiene anche negli anni a seguire a meno che altre problematiche non costringano a scelte obbligate dannose per il predatore.
A fine inverno le aziende hanno comunque la possibilità, sia in assenza che in presenza del predatore, di incrementarne la popolazione per avvantaggiarsi della sua azione. È possibile introdurre in campo adulti provenienti da biofabbriche. In questo modo si ottiene l’anticipo della presenza del predatore rispetto all’andamento naturale oppure, nel caso di assenza, si avvia il processo di formazione di popolazioni di antocoridi.
Due strategie
Queste le possibili strategie di intervento:
1. lotta chimica pura basata su interventi sulla 2a generazione (maggio per le condizioni dell’Emilia-Romagna) con abamectina, oppure con spirotetramat, posizionandoli al meglio quando vi è prevalenza di uova gialle e comparsa primissime neanidi;
2. possibilità di valorizzare l’entomofauna utile, in particolare l’antocoride, per sfruttarne l’azione ai fini di una strategia di lotta naturale, rinforzando eventualmente le popolazioni selvatiche attraverso l’introduzione di adulti allevati e commercializzati da biofabbriche.
Come interventi di soccorso è sempre possibile effettuare lavaggi della vegetazione, bagnando abbondantemente le piante, con diottilsolfosuccinato di sodio o con sali potassici di acidi grassi al fine di rimuovere la melata prodotta dalla psilla. Essi vanno inoltre ad intaccare lo strato cuticolare delle forme giovanili di psilla, esponendole così ad una maggiore disidratazione fino a causarne la morte. Per questo motivo il lavaggio va effettuato al mattino per sfruttare la maggiore radiazione solare.
L’efficacia dei formulati
Si ricorda inoltre che la regione Emilia-Romagna ha sviluppato e validato un modello previsionale utile per decidere l’eventuale corretto posizionamento dei trattamenti. Tale modello, valido per la 2a generazione di C. pyri, calcola i gradi-giorno necessari per il verificarsi dei diversi stadi del fitofago con indicazione sulla percentuale di presenza (10%; 50%; 90%). Il controllo chimico della psilla risulta difficile anche per la frequente sovrapposizione di diversi stadi di sviluppo (uova, neanidi di diversa età e adulti).
Abamectina è dotata di attività translaminare e agisce sulle neanidi prevalentemente per ingestione, con una durata di protezione variabile (10-20 giorni). Non è in grado di contenere gli individui nati dalle uova deposte sulla vegetazione nuova, formatasi dopo il trattamento.
Spirotetramat è dotato di attività sistemica, agisce per ingestione principalmente sulle forme giovanili di psilla e risulta efficace anche nei confronti di afidi e cocciniglie.
Un esempio concreto
Nel corso del 2014, in un pereto del Bolognese protetto da rete antigrandine, dopo accurati campionamenti ai getti e visto la consistente presenza di uova e la momentanea carenza di antocoridi, è stata attuata una strategia di difesa nei confronti della psilla che ha previsto, sulla base anche delle indicazioni del modello previsionale, un trattamento con abamectina in data 5 maggio (a prevalenza uova gialle - inizio nascita neanidi seconda generazione), seguito da un lavaggio effettuato ai primi di giugno. Anche in questo caso, l’andamento stagionale, caratterizzato da frequenti piogge, ha contribuito al contenimento delle infestazioni di psilla e al dilavamento della melata. Ma è soprattutto merito della linea di difesa globale adottata, rispettosa dell’entomofauna utile che favorito l’insediamento dell’antocoride e il contenimento naturale della psilla.
Il caso del bio
In agricoltura biologica la gestione della psilla non richiede particolari interventi anche perché la presenza di siepi e boschetti limitrofi ai frutteti svolge un ruolo fondamentale nella salvaguardia e nella moltiplicazione degli ausiliari coinvolti nel contenimento naturale della psilla del pero.
In caso di necessità, specie nei pereti in conversione, oltre ai già citati “lanci” in campo di antocoridi allevati, si può utilizzare olio minerale estivo al momento della schiusura delle uova e, in presenza di melata, si possono effettuare lavaggi con sali potassici di acidi grassi (saponi di potassio).
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(*) Centro Agricoltura Ambiente “G. Nicoli”