Complice l’andamento estremamente siccitoso della scorsa annata, che ha ridotto la produzione di foraggi in asciutta e limitato fortemente la disponibilità di acqua per l’irrigazione, quest’anno si è aperto con ottime prospettive di mercato per il fieno e, di riflesso, anche per altri prodotti agricoli a uso foraggero.
La medaglia ha, come sempre, un suo rovescio. Le aziende zootecniche, da sempre in difficoltà, stanno subendo un forte aumento dei costi di produzione, limitato solo in parte dalla stasi dei prezzi dei cereali foraggeri. Quando ci si deve limitare a integrare il contenuto energetico della razione, la disponibilità di mangimi concentrati a costi contenuti è certamente importante; ma dove è necessario fornire fibra alimentare, il balzo in avanti dei prezzi dei fieni fa sentire i suoi effetti, pesantemente negativi. La concentrazione della zootecnia in aree diverse – e spesso lontane – da quelle in cui si realizzano le produzioni di fieno, specie se di alto livello qualitativo, ha fatto sì che le quotazioni di mercato siano soggette a notevoli variazioni in relazione alla disponibilità di prodotto.
Se i prezzi alti favoriscono la produzione agricola, la crisi di liquidità indotta sui potenziali acquirenti (gli allevatori) alla lunga finisce per deprimere il mercato; ci saranno sempre più allevamenti in crisi e tanti altri chiuderanno. In un sistema integrato si realizza il cosiddetto “effetto farfalla”: chi può dire se il battito d’ali del minuscolo esserino sarà fine a sé stesso oppure potrà far deviare una grandinata a migliaia di chilometri di distanza? Ecco allora il rovescio della medaglia: quella che appare come una condizione favorevole per una parte del settore agricolo, può deprimere la vitalità di un altro comparto, riducendo nel lungo periodo la capacità di assorbimento del prodotto. In teoria, se ogni allevatore producesse in proprio tutto il foraggio di cui ha bisogno, non esisterebbe un mercato dei foraggi: ma, come sappiamo, le cose stanno diversamente e c’è da attendersi che lo squilibrio fra autoproduzione e produzione per il mercato possa aumentare.
Cresce il ricorso al contoterzismo
Fra vincoli normativi (sanitari, ambientali e burocratici) e problemi gestionali, un allevatore deve occuparsi di tante cose, forse un po’ troppe per aziende piccole e poco strutturate, a carattere per lo più familiare. La produzione primaria finisce così per passare in secondo piano e tende a essere affidata sempre più a uno specialista, come del resto avviene già per la formulazione della razione alimentare.
Questo spiega, per esempio, l’espansione del ricorso al contoterzismo nelle aree a forte vocazione zootecnica, un tempo dominate da una produzione a ciclo chiuso, in cui l’approvvigionamento di foraggi era di pertinenza quasi esclusivamente aziendale. A questa tendenza hanno contribuito, da un lato l’evoluzione tecnica delle macchine per la fienagione, dall’altro la necessità di disporre di operatori specializzati. Produrre un fieno di ottima qualità, capace di dare un vantaggio competitivo alla stalla, non è più così facile come un tempo, perché la tecnica colturale si è affinata e adattata alle caratteristiche della coltura, soggette a variare nel tempo. Se prendiamo ad esempio l’erba medica, fra il primo taglio e i successivi la coltura può avere bisogno di macchine diverse o con diversa regolazione: il condizionatore a rulli è determinante sul primo taglio, dove i culmi sono già parzialmente lignificati e hanno bisogno di un’azione di schiacciamento più intensa; ma sui tagli successivi, con piante più delicate, l’intensità del condizionamento deve essere limitata (o assente) per evitare di perdere foglie e valore nutritivo. Un conto, però, è avere 50 ettari da raccogliere, un altro è averne 500: nel primo caso la macchina è quella e bisogna accontentarsi, mentre nel secondo è possibile scegliere – o regolare – la falciacondizionatrice secondo le necessità della coltura e del suo stadio vegetativo.
Due sistemi di condizionamento
Quando si coltivano foraggere di diversa natura – graminacee e leguminose – la necessità di impiegare due diversi sistemi di condizionamento (flagelli e rulli, rispettivamente) può portare il costo aziendale dello sfalcio a livelli non facilmente sostenibili da un’azienda di media estensione. L’affidamento della raccolta al contoterzista sta prendendo piede proprio i motivi indicati, perché permette all’azienda agricola di ottenere un prodotto migliore, nonostante la gestione per conto terzi sia spesso fonte di timori sulla perdita di tempestività. Dove la maglia poderale lo permette, è una paura infondata: l’impiego di falciacondizionatrici combinate quadruplica la resa oraria rispetto alla configurazione singola, grazie anche all’abbinamento con trattori di potenza adeguata, che permettono di operare ad alta velocità.
Riguardo alle dimensioni del cantiere, bisogna sfatare il mito secondo il quale un trattore di alta potenza è poco adatto a operare su colture in atto, perché calpesterebbe il terreno, riducendone la permeabilità e compromettendo il ricaccio per i tagli successivi. Con le gomme adatte – a sezione allargata e bassa pressione – una trattrice da 250 cavalli può scaricare a terra il proprio (notevole) peso con un carico unitario inferiore a quello di una macchina 50 cavalli allestita con pneumatici standard, solitamente preferiti dagli agricoltori. Inoltre, il sensibile allargamento della fascia lavorata consente di ridurre il numero delle passate, con un vantaggio positivo sulla percentuale di superficie interessata dal passaggio del cantiere. Lo stesso discorso vale anche per le altre operazioni di raccolta, dal rivoltamento alla ranghinatura e alla pressatura. Nella gestione dell’erba tagliata, la potenza impiegata non aumenta in misura proporzionale all’aumentare della larghezza di lavoro, ma la resa oraria sì, anche quando la velocità di lavoro viene limitata dalla delicatezza del prodotto.
Verso l’etichettatura delle balle
La maggiore evoluzione tecnologica si registra però sulla pressatura: accanto alle macchine di tipo convenzionale, si stanno affacciando sulla scena presse capaci di monitorare la qualità del fieno già in fase di imballaggio, con la possibilità aggiuntiva di collegare i dati produttivi con la zona del campo ove si effettua la raccolta.
Da qui alla possibile “etichettatura” della singola balla il passo è breve: gli strumenti per inserire un piccolo chip nella balla esistono già, ma anche la semplice possibilità di identificare il lotto di produzione e le sue caratteristiche nutrizionali è un importante passo sulla strada della tracciabilità.
Chiaramente, per le presse che effettuano in contemporanea anche la fasciatura delle balle, tutto diventa più semplice, perché è possibile applicare una piccola etichetta adesiva – dotata di codice grafico o di microchip a lettura elettronica – direttamente sul film plastico. Si potrebbe pensare che un’etichetta del genere abbia un costo insostenibile, se confrontato con il modesto valore di una balla di fieno (qualche decina di euro, negli anni peggiori), ma non è così.
Oggi le etichette elettroniche (tag), in grado di comunicare via radio i dati memorizzati quando il loro circuito viene eccitato dal campo magnetico, indotto dal lettore, costano pochi centesimi: con un carro miscelatore adeguato, è possibile modificare la razione in tempo reale, sulla base del potere nutritivo della singola balla.
https://novagricoltura.edagricole.it/eventi/nova-agricoltura-fienagione-2018/
AGROMECCANICI PROTAGONISTI NELL'ALIMENTAZIONE ANIMALE
Per quanto si tratti ancora di una novità, per il nostro Paese, il ricorso alle imprese agromeccaniche per l’alimentazione diretta degli animali, si sta diffondendo in vari ambienti a partire dalle aree a più spiccata vocazione zootecnica. Esempi di aziende che hanno appaltato il servizio di distribuzione in corsia cominciano ad essercene anche in Italia – specie nel centro-sud con i bufalini da latte – ma la zona d’elezione restano i Paesi Bassi, dove si sono sviluppate realtà importanti dal punto di vista imprenditoriale. Le condizioni migliori per mettere in piedi un servizio di questo tipo risiedono nella concentrazione di allevamenti sul territorio, tale da permettere lo spostamento da una stalla all’altra in tempi brevi, negli standard sanitari omogenei, così da evitare possibili contaminazioni incrociate, e in strutture di ricovero del bestiame di tipo unificato. Le macchine non sono un problema: certo, è indispensabile puntare su carri miscelatori semoventi di grande capacità di lavoro, che possono minimizzare i tempi di formazione della razione, collegati in tempo reale allo studio dell’alimentarista, in modo da personalizzare il dosaggio dei vari alimenti in funzione delle singole necessità.
Le rilevazioni svolte dall’Organizzazione dei contoterzisti olandesi (Cumela) mostrano dati economici interessanti: sui due turni quotidiani di alimentazione è possibile raggiungere le 11 ore giornaliere, con un totale annuo superiore a 4.000 ore. Considerando un prezzo di 100 euro/ora (in Olanda il gasolio costa un po’ meno che da noi), il volume d’affari realizzabile con un grande semovente arriva a 400.000 euro, un valore di tutto rispetto, che consente di ammortizzare la macchina in meno di 3 anni. Le prestazioni dei mezzi impiegati sono davvero notevoli: si può arrivare fino 17-18 minuti per ogni 100 capi, incluso il tempo di formazione della razione (prelievo foraggi e integratori, miscelazione), spostamenti e distribuzione. Le macchine operanti per conto terzi arrivano servire una ventina di stalle al giorno, con un costo per capo intorno a 0,25-0,30 euro per intervento. Rispetto alla gestione aziendale di un carro miscelatore trainato, i costi sono sensibilmente inferiori, senza considerare i vantaggi legati all’analisi in continuo dei foraggi e degli integratori impiegati (tramite sensori Nir) e alla possibilità di collegarsi direttamente all’alimentarista.