La difficoltà del momento storico ha condizionato le riforme della Pac e del Farm Bill, che vedono incrementare la complessità degli strumenti a fronte di un tentato, ma non riuscito, alleggerimento dei carichi burocratici. Incapacità della politica o inevitabile effetto di esigenze contrastanti? Le due riforme sembrano non accontentare nessuno, sospese tra obiettivi ambiziosi e scelte prese soltanto a metà. Analizzando l’andamento dei negoziati, è possibile individuare una serie di punti di contatto:
- negoziati lunghi e complessi, caratterizzati da fasi di stallo e rinvii spesso dovuti a differenti posizioni in materia di bilancio;
- grande importanza data al contenimento della spesa con conseguenti tagli alle dotazioni finanziarie dei singoli capitoli;
- necessità di giustificazione della spesa agricola in un contesto di crisi economica;
- maggiore attenzione agli aspetti ambientali, percepiti come elementi imprescindibili di un rinnovato patto sociale tra il comparto agricolo e la società;
- crescente importanza dei programmi di gestione del rischio e delle assicurazioni in risposta alle fluttuazioni dei mercati agricoli e alla conseguente volatilità dei prezzi;
- spostamento verso forme di supporto economico concepite come “reti di sicurezza” e sempre meno come integrazione al reddito.
Il Farm Bill e la Pac, è bene sottolinearlo, evidenziano un’impostazione marcatamente differente, avendo implementato, come in passato, strumenti di politica agraria molto diversi tra loro (in Ue gli aiuti diretti continuano a rappresentare gran parte della spesa, mentre negli Usa si è privilegiata la gestione del rischio). Al di là degli aspetti tecnici, però, l’andamento dei negoziati ha messo in risalto la necessità di dare risposta alle pressanti problematiche dei mercati agricoli: fluttuazioni dei prezzi ed eventi atmosferici sempre più estremi causano condizioni di instabilità ormai più strutturali che cicliche, ampliate dalla crisi dell’economia mondiale.
Sia in Europa che negli Stati Uniti si è assistito a negoziati particolarmente difficoltosi.
Il cammino del Farm Bill è stato segnato da rallentamenti e incertezze: dopo due bocciature, nell’autunno del 2013, è stato possibile raggiungere una mediazione tra le precedenti proposte.
Per quanto riguarda la Pac, l’iter di approvazione dei Regolamenti è stato condotto, per la prima volta, in base a quanto stabilito dal Trattato di Lisbona che ha ampliato il potere politico del Parlamento europeo, alterando, di fatto, i rapporti di forza in essere. Inoltre, il concomitante negoziato sul Quadro finanziario pluriennale (Qfp) ha influito sul processo di riforma, condizionando sia la proposta iniziale della Commissione, sia l’andamento del successivo negoziato.La proposta originaria della Commissione metteva in risalto gli obiettivi di inverdimento della Pac.
Contenere la spesa
Obiettivo politico del Commissario all’agricoltura Dacian Cioloș era quello di legittimare, in tal modo, la spesa agricola per poter preservare le assegnazioni finanziarie della rubrica 2 (al cui interno figura la Pac) nel corso del negoziato sul Qfp. Il mancato accordo dei capi di Stato sulle enveloppes finanziarie durante il Consiglio del 23 novembre 2012 ha rallentato inevitabilmente il negoziato della Pac. La necessità di contenere la spesa pubblica ha fortemente condizionato l’andamento dei tavoli negoziali che hanno preso avvio e si sono sviluppati in uno scenario di crisi economica globale che, soprattutto in molti Paesi dell’Unione europea, aveva assunto caratteristiche recessive. In tale contesto i cordoni della spesa pubblica si sono stretti tanto che, per la prima volta, l’Unione europea ha raggiunto un accordo al ribasso rispetto al QFP precedente (-3,4 % rispetto al 2007/2013). Il contenimento della spesa comunitaria ha riguardato anche l’agricoltura che ha subito tagli per circa 50 miliardi di euro.
Discorso analogo può essere fatto per gli Stati Uniti. È evidente che il contesto di crisi diffusa e il conseguente contenimento della spesa pubblica, sacrificata sull’altare dell’austerity, hanno generato l’esigenza di una nuova giustificazione alla spesa agricola, accusata di assorbire troppe risorse se confrontata con gli altri settori produttivi. Da un punto di vista politico tale giustificazione deve necessariamente ricondursi alla produzione di beni pubblici che l’agricoltura, più di altri settori, può garantire. La proposta della Commissione, come accennato, si basava proprio su questo presupposto, promettendo una Pac “più verde”, maggiormente incentrata, cioè, su tematiche ambientali rispetto al passato.
Sostenibilità e beni pubblici
Non trovando remunerazione sul mercato, le esternalità positive generate dai processi produttivi agricoli sono retribuite (più o meno direttamente) attraverso la spesa pubblica. Protezione dal dissesto idrogeologico, creazione del paesaggio, assorbimento di CO2, diventeranno sempre di più obiettivi sistemici delle nuove politiche agricole e non soltanto aspetti legati ai cosiddetti pagamenti agro ambientali. L’impianto teorico della Commissione andava in questa direzione, prevedendo una “condizionalità rafforzata” per contenere le esternalità negative e pagamenti verdi sia nel primo che nel secondo pilastro per incentivare la produzione di beni pubblici.
Situazione analoga si può rilevare negli Stati Uniti, dove il Title 2 (Conservation) del Farm Bill si propone di preservare risorse naturali vitali quali fertilità del suolo, acqua e fauna selvatica.
In entrambi i casi i testi definitivi sono riusciti solo in parte nell’intento, generando, al contempo un incremento della complessità.
L’abolizione dei pagamenti diretti negli Stati Uniti segna la fine di un’epoca ed evidenzia come il futuro del sostegno all’agricoltura passi inevitabilmente dalla gestione del rischio, costituita da strumenti complessi preposti a tutelare le aziende dalle fluttuazioni dei mercati e da crolli delle rese dovuti a calamità naturali o fitopatie.
Gestire il rischio
L’Europa sembra essere più indietro su questo aspetto, ancora alla ricerca di strumenti in grado di dare sufficienti garanzie e troppo a lungo impegnata nel chiedersi se la gestione del rischio dovesse collocarsi nel primo o nel secondo pilastro.
In Europa il processo di convergenza dei pagamenti diretti verso una flat rate nazionale e il contemporaneo avvicinamento delle dotazioni tra gli Stati membri attestano come sia in atto un lento (ma irreversibile) processo di trasformazione del sostegno diretto. La direzione intrapresa autorizza ad immaginare per il futuro un pagamento base omogeneo legato all’osservanza della cross compliance e integrato da una serie di altre voci specifiche (filiere strategiche, ricerca, beni pubblici, gestione del rischio, sviluppo locale etc.). In tal senso, non è da escludere che in futuro possa aprirsi anche un dibattito sulla validità della suddivisione in due pilastri della politica agricola comunitaria.
Preservare lo status quo
Sul fronte europeo è evidente che, a un anno dall’implementazione, l’accordo del 2013 non ha soddisfatto nessuno. Non sono contenti gli agricoltori né le associazioni di categoria, preoccupati dalle complicazioni burocratiche introdotte dal greening, non sono soddisfatte le sigle ambientaliste che non riconoscono a questo strumento la capacità di produrre risultati apprezzabili; le amministrazioni pubbliche temono, a ragione, un aumento dei costi amministrativi.
I policy makers di molti Stati membri (tra cui l’Italia) possono considerarsi, tuttavia, soddisfatti per il compromesso raggiunto, essendo riusciti a limitare i danni rispetto a quanto andava profilandosi a inizio negoziato.
Il quadro delineato sin qui spiega il carattere politico di molte delle scelte prese a livello nazionale, volte, in fin dei conti, a preservare lo status quo.
In tal senso può essere letto il cosiddetto modello irlandese che prevede una convergenza dei pagamenti attenuata e diluita nel tempo: un atterraggio morbido per i beneficiari dei pagamenti diretti vecchio stampo. Discorso analogo può essere fatto per le scelte riguardanti i pagamenti accoppiati, utilizzati in molti casi come misure compensative per i settori economicamente più danneggiati dal nuovo corso.
Se da un punto di vista politico le scelte adottate trovano giustificazione, esse si configurano come un rinvio di decisioni strategiche che dovranno, prima o poi, essere adottate per incrementare la competitività del sistema agricolo e dare slancio ai settori strategici.
La Pac si trova ancora (o nuovamente, a seconda dei punti di vista) nella necessità di una spinta riformatrice.
Mentre il nuovo Commissario Phil Hogan rivendica la necessità di procedere a una semplificazione del quadro normativo (refrain, peraltro, già registrato all’insediamento dei commissari che lo hanno preceduto), sorge il dubbio che l’ultima riforma rischi di configurarsi come un tempo morto di un sistema non ancora pronto, nonostante i forti stimoli esterni, ad adottare gli strumenti necessari a fronteggiare un presente complesso e un futuro incerto.