Sorpresa: l’agricoltura è veramente un settore anticiclico. O almeno nel caso del credito è così. Mentre infatti il valore generale nazionale dei prestiti alle imprese nel corso degli ultimi tre anni è stato in costante calo, per effetto di una riduzione della domanda di credito innescata dalla prolungata fase recessiva, il settore agricolo ha invece sofferto molto meno, aumentando così la sua incidenza sul totale dei prestiti bancari, passata nel solo corso dell’ultimo anno dal 4,3% al 5%. Quanto basta per riaccendere un’interesse, quello delle banche per l’agricolltura, rimasto sopito per oltre 20 anni. A maggior ragione ora, all’inizio di un nuovo periodo di programmazione dei Piani di sviluppo rurale.
Banco Popolare ha organizzato all’ultima Fieragricola di Verona il convegno: “Innovazione in agricoltura: quali opportunità”.
«È dal 1993 – ha spiegato Marco Mancini, responsabile ufficio agricoltura dell’istituto – che, in seguito alla riforma, il credito agricolo è diventato credito ordinario. Dalle banche sono così spariti i “settoristi” e molti istituti hanno perso l’abitudine a “parlare la lingua” dell’agricoltura».
Oggi però il miglioramento del peso e della qualità (le “sofferenze” ovvero il credito inesigibile sono decisamente più ridotte) degli impieghi nel comparto primario impone una rapida inversione a U. Banco Popolare, il grande polo nato dalla fusione delle Popolari di Lodi, Verona e Novara, ha rivisto il suo modello di servizio per le imprese agricole e ha attivato specifiche linee di credito legate all’anticipo dei sostegni Psr. I più interessanti sono giudicati ovviamente quelli legati all’innovazione, potenzialmente in grado di creare più valore.
«L’Europa – ha illustrato Angelo Frascarelli dell’Università di Perugia – punta a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva dell’agricoltura e in Italia ha investito a questo fine 7,4 miliardi di euro. Tutti i Psr sono stati approvati e molte regioni hanno messo a scadenza i primi bandi». Le misure legate all’innnovazione sono la 4.1 (ex121) “investimenti in asset fisici”, e la 16.1 e 16.2 (cooperazione per l’innovazione, che incentivano le collaborazioni tra aziende agricole e centri di ricerca).
Ma su quali innovazioni conviene puntare? Per Frascarelli non è più il tempo dell’aumento delle potenze, dei cavalli per ettaro, bensì delle conoscenze per ettaro. L’innovazione più promettente per l’intensificazione sostenibile è quella dell’agricoltura di precisione: abbinata alla diffusione di strumenti d’innovazione gestionale può consentire di raggiungere l’obiettivo di un conto economico con dettaglio particella per particella.
«Il nostro – ha commentato Massimo Goldoni, presidente di FederUnacoma – è un settore avanzato, che sviluppa 12 miliardi di euro, di cui il 70% destinato all’export. Va cancellata l’immagine di macchine old style, ora c’è la meccatronica e i primi trattori che si guidano in remoto».
«L’immagine del comparto primario – ha concordato Albano Agabiti, presidente dell’Associazione nazionale Condifesa –è decisamente cambiata: Il settore agricolo è oggi tra quelli che attraggono più i giovani e molte imprese sono quidate da donne, investono non solo nell’innovazione di prodotto, ma anche di processo».
«Serve più coerenza – ha obiettato Paolo Carnemolla, presidente della Federazione italiana agricoltura biologica e biodinamica – tra domanda e offerta d’innovazione: se non dà valore aggiunto alla produzione non serve». Nel mirino di Carnemolla c’è in particolare il recente piano del Mipaaf per la ricerca nelle biotecnologie sostenibili. «Sono stati stanziati 21 milioni di euro, ma quanti centesimi in più ricaverà l’agricoltore? Dal 2008 il biologico è il comparto agricolo più in crescita. E mentre Cina e Usa corrono, in Italia si continua a non disporrre di servizi, mezzi tecnici, consulenza, formazione».
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