Sulla vite, oltre a oidio e peronospora, la botrite è la terza avversità fungina “chiave”. La malattia, specialmente su uva da vino, è in grado di causare, se la stagione decorre mite e piovosa, oltre che ingenti perdite produttive, anche importanti modifiche biochimiche agli acini prossimi alla maturazione che possono ripercuotersi anche nel processo di vinificazione.
Botrytis cinerea è un fungo ubiquitario ed estremamente polifago in grado di condurre sia una vita parassitaria, a spese degli organi vegetali viventi, sia saprofitaria, nella sua forma sessuata di Sclerotinia fuckeliana (=Botryotinia fuckeliana) su materiale vegetale in stato di decomposizione.
Due specie criptiche che si alternano
Recenti indagini molecolari hanno permesso oggi di appurare che la muffa grigia sulla vite è causata da un complesso di due specie “criptiche”, B. cinerea e B. pseudocinerea, non distinguibili morfologicamente l’una dall’altra, riproduttivamente isolate ma che coabitano sullo stesso ospite. Queste due specie possono, infatti, essere distinte unicamente in base alle caratteristiche filogenetiche e, soprattutto per le loro esigenze ecologiche. In natura le due specie si rinvengono in primavera e in autunno, ma in proporzioni significativamente differenti: B. cinerea rappresenta la specie più abbondante ed è responsabile dei danni alla raccolta mentre, B. pseudocinerea, sembra generalmente rimanere minoritaria all’interno delle popolazioni ma, comunque, più abbondante durante la stagione primaverile.
L’insediamento sui grappoli
Il patogeno si conserva sui tralci come micelio ed è in grado di attaccare tutti gli organi verdi della pianta. Le foglie e i tralci in genere vengono colpiti molto più raramente, mentre è sui grappoli che la botrite provoca i danni maggiori. Questi possono essere colpiti anche precocemente, ma sono le infezioni in fase di raccolta a provocare i danni maggiori. Il grappolo, allo stato erbaceo, è un organo ancora fotosintetizzante, dotato di numerose aperture stomatiche e ricco di sostanze pectiche. Durante la fioritura, le secrezioni e il polline prodotti sullo stigma inducono la germinazione dei conidi del fungo che infettano gli acini, restando però latenti all’interno della bacca fino all’invaiatura. Alla fine dell’allegagione e con l’accrescimento del grappolo, gli acini perdono la capacità foto sintetizzante, e gli stomi la loro funzionalità. Da questo momento e fino alla invaiatura gli acini non sono più suscettibili alla penetrazione del fungo in quanto l’alta concentrazione di acidi organici presenti al loro interno rallentano l’attività patogenetica del fungo. L’insediamento su grappolo, è legato alla creazione di microlesioni sia di natura biotica (attacchi mal contenuti di tignole, tripidi o di oidio), che abiotica (per esempio lesioni causate dalla grandine). Queste costituiscono una via preferenziale di infezione, in quanto rendono accessibili i tessuti profondi e portano alla produzione di essudati che stimolano e favoriscono la germinazione dei conidi del fungo. Per tale motivo in assenza di lesioni, per causare infezione, sono necessarie almeno 48 ore di bagnatura, mentre in presenza di queste sono sufficienti appena 12-24 ore di umidità relativa vicina alla saturazione.
Profilassi agronomica
Una corretta strategia di difesa antibotritica deve necessariamente passare da una attenta profilassi volta a rafforzare le difese della pianta (praticando l’inerbimento del terreno, limitando le concimazioni azotate e le irrigazioni) e ad ostacolare la crescita del fungo (un’efficace difesa antioidica e insetticida nei confronti delle tignole, come anche la potatura verde all’invaiatura e la sfogliatura prima del periodo della vendemmia sono, già di per sé, ottimi presupposti per ridurre gli attacchi di botrite). Ciò detto, tuttavia, specialmente in concomitanza di andamenti climatici particolarmente umidi e piovosi, è necessario ricorrere ai trattamenti chimici.
Il timing dei due interventi
Il calendario fenologico individua almeno 4 stadi vegetativi della vite a rischio infettivo: A) fine fioritura, B) pre-chiusura grappolo, C) invaiatura, D) circa tre settimane prima della raccolta. In genere la strategia prevalente oggi è quella che prevede due trattamenti anti-botritici posizionandoli nelle migliori condizioni perché possano svolgere la loro attività, tenendo in considerazione il rispetto del periodo di carenza specifico di ogni formulato. Nei vigneti ad alto rischio e in condizioni climatiche favorevoli al patogeno, è consigliabile intervenire in pre-chiusura grappolo e in una fase intermedia fra l’invaiatura e le 2-3 settimane prima della vendemmia. In condizioni di basso rischio indipendentemente dalla varietà e dalla pressione della malattia, il trattamento fondamentale viene eseguito in pre-chiusura grappolo (prima che l’interno del grappolo non possa venire più raggiunto dal principio attivo). Successivamente è consigliabile effettuare il secondo intervento nelle altre fasi in funzione dell’andamento climatico. Nelle annate a scarsa piovosità nel periodo prima della raccolta, questo trattamento spesso risulta fondamentale. Il trattamento a fine fioritura è da prendere in considerazione solo se ci si trova in condizioni di elevata pressione della malattia, su vitigni particolarmente suscettibili e con decorsi climatici molto favorevoli al patogeno.
La scelta dei formulati
I principi attivi maggiormente impiegati per proteggere i grappoli dalla muffa grigia sono: boscalid, pirimetanil, fluazinam, fenexamide, la miscela di ciprodinil+fludioxonil, mepanipirim, fluopyram e fenpirazamine.
Negli areali di pianura, nella fase di pre-chiusura grappolo, conviene utilizzare la miscela fenpirazamine, fluopyram, fludioxonil+cyprodinil, mentre nel periodo tra l’invaiatura e la pre-raccolta è preferibile impiegare le anilino-pirimidine (pyrimetanil e mepanipirim), boscalid o fenexamid. Negli areali viticoli collinari, dove la pressione oidica è più elevata, nella fase di pre-chiusura grappolo conviene invece sfruttare la doppia efficacia anti-botritica e anti-oidica di fluopyram e boscalid. Non va dimenticato, inoltre, che i Sali di rame (favorendo l’inspessimento della cuticola degli acini) e strobilurine impiegati contro la peronospora hanno anche un’azione secondaria contro la muffa grigia.
Microrganismi e contatticidi bio
Negli ultimi tempi poi sta aumentando l’interesse e lo sviluppo di prodotti alternativi ai fungicidi di sintesi, sia nell’ambito degli antagonisti naturali di B. cynerea come anche in quello relativo all’impiego di contatticidi a basso impatto ambientale. Al primo gruppo appartengono microrganismi come Bacillus subtilis, Bacillus amyloliquefaciens, Aureobasidium pullulans, e Pythium oligandrum. Il loro utilizzo è consigliabile sia nelle strategie di difesa integrata come anche in quelle biologiche. Fra i prodotti contatticidi è da annoverare il bicarbonato di potassio e, recentemente l’introduzione sul mercato di una miscela di estratti terpenici (eugenolo, timolo e geraniolo). In agricoltura integrata il loro utilizzo in strategie di difesa insieme ai prodotti chimici riduce il rischio di comparsa di popolazioni del fungo resistenti ai fungicidi di sintesi. Botrytis cinerea è infatti un fungo considerato ad alto rischio di sviluppo di resistenza verso alcuni principi attivi, per cui l’alternanza d’uso dei prodotti di sintesi con quelli di origine biologica diminuisce il rischio di insorgenza di ceppi del fungo resistenti. Inoltre la loro applicazione, specialmente in pre-raccolta, riduce la quantità di residui dei prodotti di sintesi. In agricoltura biologica il loro impiego aiuterebbe a ridurre nel corso della stagione la quantità di ione metallo che viene impiegato per il controllo della botrite.
Gli autori sono del Servizio Fitosanitario - Regione Emilia-Romagna
Leggi l’articolo su Terra e Vita 17/2017 L’Edicola di Terra e Vita