Record negativo per i consumi di vino in Italia, scesi per la prima volta sotto i 20 milioni di ettolitri. È quanto emerge dai dati Agea del bilancio di approvvigionamento della campagna vitivinicola 2009. Una flessione inesorabile: negli anni settanta gli italiani ne consumavano tre volte tanto, circa 60 milioni di ettolitri e nel solo ultimo anno la riduzione del mercato interno è stata pari all’8%. Così i consumi hanno raggiunto le esportazioni, nel 2009 pari a 19 milioni di ettolitri.
Nell’analisi di Franca Ciccarelli di Ismea, in uscita sul prossimo numero di ottobre di VigneVini, emerge che a perdere progressivamente terreno sono in particolare i vini senza denominazione di origine, che oggi occupano poco più del 50% del consumo totale. Le Doc-Docg sono invece passate in 20 anni da 6,4 a 9,1 milioni di ettolitri.
L’aspetto più negativo di questa contrazione di mercato riguarda il fenomeno delle giacenze (dato dalla somma tra il vino che rimane ad invecchiare in cantina e da quello invenduto). Il mercato interno, che nella prima metà degli anni novanta assorbiva il 40% delle disponibilità, è sceso nel 2009 ad impegnarne appena il 21%. In quest’ultima campagna un ulteriore 21% è stato spedito nei mercati esteri, mentre il 4% del prodotto è finito in distilleria e il 3% ha trovato impiego nel processo di trasformazione di aceti e vermouth.
Così, nonostante gli espianti, le distillazioni e la riduzione delle rese per ettaro, la produzione è sì calata sensibilmente negli ultimi anni, ma ad un ritmo sempre inferiore alla contrazione della domanda. I riporti da un anno all’altro sono aumentati di 3 milioni di hl ogni anno e nel 2010 si sta verificando un sostanziale pareggio tra le giacenze di cantina (arrivate a 44 milioni di ettolitri) e il valore della nuova vendemmia (circa 45 milioni). Una situazione che sta appesantendo notevolmente le contrattazioni sul vino nuovo.