L’allevamento intensivo dei bovini, così passionalmente messo sotto accusa da ambientalisti e animalisti, è invece l’unica soluzione per assicurare alla popolazione mondiale soddisfazione del proprio (crescente) bisogno di proteine animali. E non è vero che inquina di più di quello estensivo, ha spiegato Luigi Bertocchi dello Zooprofilattico di Brescia al Milk Day di Fieragricola Verona.
«Al contrario! Ha un impatto ambientale minore». Miglioramenti prodotti dalla intensificazione ed efficienza delle stalle da latte negli Usa dal 1944 al 2007, ha detto ancora Bertocchi, hanno ridotto:
- del 77% l’uso di alimento;
- del 90% l’uso di terreno;
- del 65% l’uso di acqua;
- del 76% la produzione di letame;
- del 63% l’emissione di CO2 per unità di latte (carbon footprint).
Di conseguenza «il futuro dell’allevamento bovino vede quest’ultimo diventare più efficiente e quindi più sostenibile. Più efficiente: altissima produzione/capo, un elevato numero medio di lattazioni, un più rapido raggiungimento del parto da parte delle primipare. Più sostenibile: consuma le minori risorse per la massima produzione, quindi riduce l’impatto ambientale (emissioni). Insomma l’allevamento del futuro è l’allevamento di grandi dimensioni».
E il benessere animale? «Non è vero che far pascolare le vacche da latte in un bel paesaggio montano – ha continuato il veterinario bresciano – voglia per forza dire fornir loro condizioni di maggior benessere. Anzi, se la cosa può far bene agli occhi dello spettatore umano, può far male alle bovine, può farle soffrire per il terreno sconnesso o per l’esposizione al caldo, ai parassiti, ai predatori, alla mancanza di cibo. Più spesso le bovine trovano maggiore benessere in stalla!». Bertocchi ha citato uno studio del 2009 dell’American Dairy Science Association che ha registrato la preferenza per la stabulazione a cuccette rispetto al pascolo, da parte di bovine in lattazione.
Insomma idee nuove, e supportate da studi solidi, al Milk Day, il mega convegno sull’attualità lattiero casearia organizzato dall’Edagricole alla Fieragricola di Verona. Un altro esempio dell’innovativo apporto del Milk Day? La raffica di soluzioni informatiche e telematiche per la zootecnia di precisione presentate all’incontro da Andrea Galli del Crea di Lodi. Un altro ancora? L’analisi in tanti aspetti controcorrente della situazione di mercato proposta al Milk Day da Daniele Rama, economista docente alla Cattolica di Piacenza.
Nonostante si stia vivendo un periodo di buoni prezzi del latte, ha detto fra l’altro Rama, avviene che molti allevamenti di bovine da latte stiano chiudendo. «Dalla campagna 1995-96 a quella del 2016-17 è scomparso il 69% delle stalle. In particolare, negli ultimi vent’anni sono scomparse il 91% delle stalle che producono meno di 10 t/anno di latte, l’88,9% di quelle che producono da 10 a 20 tonnellate e il 79% delle stalle da 20 a 50 t/anno. In altre parole le piccole e piccolissime aziende stanno sparendo, in pianura e da qualche anno anche nelle zone di montagna».
Anche i costi di produzione del latte, ha continuato il docente della Cattolica, sono molto variabili in base alle dimensioni delle aziende. Si parte infatti da un costo esplicito di 117 euro per 100 kg di latte per gli allevamenti che producono meno di 20 tonnellate di latte l’anno e si scende gradualmente in base alla produzione totale della stalla sino al costo più basso di 37 euro per 100 kg nelle stalle più grandi che superano le 2mila t/anno.
«Le aziende da latte che hanno fatto profitto nell’ultimo triennio sono pochissime: nel 2017 sono solo il 5% di quelle piccolissime, salgono al 51% quelle che producono da 200 a 500 tonnellate e si arriva all’80% di quelle più grandi da più di 2mila tonnellate l’anno di latte. Anche tra queste aziende una quota significativa chiude in rosso anche in un anno positivo per il latte italiano come il 2017. Un’azienda su cinque anche tra le più grandi quindi – ha concluso Rama al convegno di Verona – non riesce a coprire i propri costi».
Ma questi sono soltanto alcuni flash. Più dettagliati report sui contenuti del Milk Day stanno andando in onda sulla rivista e sul sito dell’Informatore Zootecnico, con le relazioni in versione integrale. E se ricordiamo tutto ciò è solo per sottolineare che l’Edagricole ci ha provato per davvero, con questo convegno ma non solo, ad arricchire la fiera di contenuti originali, innovativi, solidi. Il grande successo di pubblico riscontrato a Verona da queste iniziative sembra aver dimostrato che questa offerta informativa ha risposto alle aspettative dei visitatori.
Non solo con questo convegno: Edagricole ha arricchito i visitatori di Fieragricola anche con visite guidate agli espositori e con gli otto video tecnici sull’innovazione in zootecnia esposti allo stand, che pubblichiamo anche sul sito di Informatore Zootecnico. Oppure infine organizzando anche altri tre momenti convegnistici dedicati alla zootecnia: i workshop sulla carne bovina, sulla suinicoltura, sull’avicoltura.
Carne bovina: la chiave per lo sviluppo del comparto consiste nella ricerca della qualità, nella tracciabilità del prodotto e nella comunicazione al consumatore, anche con nuovi marchi. Suinicoltura: il comparto potrà svilupparsi soltanto se verranno razionalizzati i rapporti di filiera. Avicoltura: pure qui tutto ruota intorno alla qualità del prodotto, che viene ottenuta anche con una grande attenzione alla prevenzione delle malattie degli animali, e che viene promossa mediante iniziative mirate di comunicazione al consumatore, come di recente stanno facendo i punti vendita Coop.
tab. 1 Dimensione e sopravvivenza delle aziende da latte italiane | ||
Dimensioneaziendale(latte t/anno) | Numerodi imprese2016/17 | 2016/17su 1995/96 (%) |
0,1-10 | 1.487 | -91,4 |
10,1-20 | 1.794 | -88,9 |
20,1-50 | 4.432 | -79,2 |
50,1-100 | 4.426 | -68,0 |
100,1-200 | 4.500 | -58,5 |
200,1-500 | 5.106 | -37,8 |
500,1-1.000 | 3.130 | +8,1 |
1.000,1-2.000 | 2.188 | +92,1 |
oltre 2.000 | 1.089 | +384,0 |
Totale | 28.152 | -69,4 |
Dalla relazione svolta da Daniele Rama al Milk Day, Verona 2018. |