La viticoltura di precisione consente la gestione agronomica di ogni appezzamento attraverso l’impiego di tecnologie per l’elaborazione di mappe georeferenziate che esprimono la variabilità spaziale e temporale di svariati parametri. L’obiettivo è quello di ottimizzare rese e qualità dei prodotti, incrementando la sostenibilità dei processi produttivi. D’altro canto, le performance di mercato del vino biologico sono promettenti ed è plausibile immaginare che nei prossimi anni si assista alla diffusione delle tecnologie di precisione nelle aziende di questo comparto.
In questo panorama si colloca il Progetto VitisL@b, sviluppato nel contesto del primo Master di Primo Livello in Agricoltura di Precisione, promosso dalle Università degli Studi di Teramo, della Tuscia e di Padova, in collaborazione con Crea e Cnr. Al progetto hanno partecipato: la Cantina di Argiano (Montalcino, Si); l’azienda Compo Expert, realtà leader nella produzione di fertilizzanti per l’agricoltura professionale; Raffaele Casa del Dip. Dafne, Università degli studi della Tuscia; la società Terrasystem, che opera nel telerilevamento, sviluppo dei sensori aerei e tecniche di elaborazione dati. Nell’ambito del progetto è stata monitorata la variabilità spaziale all’interno del vigneto, mediante l’elaborazione delle informazioni acquisite da piattaforme satellitari, per la realizzazione di mappe di vigore; sono state identificate aree con diversa potenzialità produttiva in base alle quali differenziare le applicazioni del biostimolante Basfoliar Plantae bio SL (Compo Expert); infine sono stati valutati i parametri di maturità delle uve per valutare l’efficacia dei trattamenti.
Valorizzare l’unicità
«Credo che qualsiasi Progetto di Agricoltura di Precisione – spiega il responsabile della gestione agronomica di Argiano, Francesco Monari – aiuti, oltre che a differenziare, soprattutto a conoscere in maniera approfondita i protagonisti del processo produttivo. Questa è la base da cui inizia il nostro percorso di riconoscibilità. Conoscere il suolo in tutte le sue sfaccettature, conoscere come le viti esprimono il loro stato vegetativo o sanitario è di fondamentale importanza perché solo in questo modo possiamo assecondare la loro espressione ma anche esaltare le caratteristiche dei nostri prodotti, dal vino di base fino al nostro cru più importante. Quello che vogliamo infatti è dare una propria identità a tutti i nostri prodotti, un’identificazione precisa che porti i nostri vini all’unicità».
L’innovazione è davvero possibile nelle aeree che fanno della tipicità e della tradizione il proprio punto di forza?
«Un vino di qualità è spesso associato alla tradizione, Argiano esiste da 500 anni, e se siamo arrivati all’eccellenza è grazie a tutti coloro che ci hanno preceduto, al loro profondo rispetto per la tradizione. Ma anche queste persone hanno a loro modo sperimentato, provato (e talora sbagliato), per ottimizzare il proprio lavoro e migliorare il loro prodotto. Il termine tradizione deriva dal verbo latino tradere (consegnare), che stranamente può significare anche tradire. Ecco, secondo noi la tradizione va conservata e consegnata alle generazioni future, ma deve essere affiancata dall’evoluzione tecnica e tecnologica. In ciò è racchiusa l’essenza del nostro pensiero: dobbiamo continuare a tramandare i nostri principi ma vogliamo talvolta tradire la tradizione per raggiungere livelli qualitativi ancora più alti».
L’omogeneità come fattore di qualità
Come e con quale scopo è nato il vostro progetto di zonazione?
«Si tratta di un progetto avviato nel 2015 e diretta conseguenza della nostra volontà di tornare a rendere protagonisti del nostro processo produttivo il suolo e la vite. Sembrerà una cosa scontata, ma con l’industrializzazione agricola degli ultimi anni si sono un po’ persi i punti fermi della vera produzione di qualità. Se ci pensiamo bene, sappiamo molto di più sullo spazio e le stelle rispetto a ciò che abbiamo sotto ai piedi… e questo è sbagliato, perché il suolo è la base di partenza dell’identità di un vino. Il comparto agro-alimentare italiano, quello viticolo-enologico in particolare, si deve confrontare con il mercato globale; in questo orizzonte il viticoltore montalcinese diviene un produttore di nicchia che si deve distinguere, prima di tutto, per l’eccellenza dei suoi prodotti enologici. Per una realtà viticola come Montalcino, che non potrà mai possedere dimensioni di economie di scala, risulta determinante massimizzare le potenzialità qualitative che l’interazione vitigno-ambiente offrono. In altri termini, ricercare la massima espressione enologica dell’interazione tra il Sangiovese e il terroir ilcinese. Per il raggiungimento di questo obiettivo deve necessariamente emergere il concetto di equilibrio, quello tra la pianta e l’ecosistema vigneto».
Che vantaggi ne derivano?
«Avere un vigneto in equilibrio significa migliorarne l’omogeneità, che è un importantissimo fattore di qualità. Per noi era necessario individuare le differenze sia strutturali che minerali che un terreno variegato come quello di Montalcino offre. Attraverso l’analisi dell’elettroconduttività, abbiamo prima di tutto mappato e classificato i nostri terreni in base alla consistenza. Una volta ottenuta la mappa CEM abbiamo iniziato una interessantissima collaborazione con Pedro Parra, uno dei più grandi esperti di terroir del mondo, con il quale siamo passati ad analizzare ogni effettiva composizione dei differenti terreni rilevati dall’analisi elettroconduttiva. Abbiamo sovrapposto le mappe di vigore alle mappe dei suoli, individuando attraverso il telerilevamento aereo le condizioni delle piante in risposta a ciò che potevano assorbire dal terreno. Abbiamo così delineato i diversi micro-terroir presenti nei nostri suoli (anche più di uno per ogni vigneto), in modo da poter coltivare, vendemmiare, vinificare in maniera separata in base alle caratteristiche dei nostri terreni».
La natura è perfezione
«Negli ultimi decenni – prosegue Monari – si è incentivato troppo l’uso della chimica di sintesi, non contando adeguatamente sulle risorse naturali che il terreno può offrire.
Ma la chimica funge unicamente da palliativo, modificando solo momentaneamente la situazione, con conseguenze negative per la biologia del terreno, e di certo non risolvendo la causa delle malattie e delle carenze nutritive.
La soluzione è la ricostituzione di una migliore fertilità generale del suolo che favorisca la vitalità microbiologica del terreno e la dotazione di microelementi: dove c’è tanta biodiversità, c’è equilibrio; e dove c’è equilibrio, c’è qualità. Una grande uva non si sagoma, non si forgia, la si lascia esprimere… la si lascia pronunciare, narrare un luogo, un clima, un’annata. Questo è il punto focale del cambiamento di Argiano: si è trattato di fidarci del nostro terroir, delle nostre viti e del nostro lavoro. È da qui che abbiamo imparato a convivere, ad assecondare e non a modificare le caratteristiche che ci appartengono, perché la natura è già equilibrio, è perfezione, basta a volte osservare, ascoltare e fare in modo che gli interventi dell’uomo siano minimi.
Abbiamo voluto sfruttare quello che ci circondava e rendere la nostra viticoltura meno industriale.
Abbiamo abbandonato la chimica di sintesi, non utilizziamo mai insetticidi (neppure se naturali) ma ci avvaliamo dei più moderni sistemi di lotta biologica come la confusione sessuale e il lancio di insetti antagonisti. Abbiamo favorito la microbiologia del suolo attraverso la regola del ritorno: tutto quello che Argiano produce deve ritornare ad Argiano. Per questo riutilizziamo i sarmenti delle potature o i raspi delle uve vinificate per produrre compost da distribuire nei vigneti».
L’impegno e gli sforzi profusi in campo, all’insegna della sostenibilità ambientale, vengono percepiti dal consumatore?
«Il consumatore è sempre più attento a ciò per cui spende. Sempre più spesso mi viene chiesto se la nostra agricoltura sia biologica o meno. Ma la mia percezione è che non si conosca abbastanza profondamente il significato di questa definizione e che ci si limiti a seguire quello che ormai è moda. Anche se stiamo per raggiungere la certificazione biologica, difficilmente pubblicizzo la cosa, perché secondo me non dovrebbero esistere differenziazioni nel modo di coltivare. Per me esiste solo un tipo di agricoltura, quella sana, quella buona, quella che rispetta il consumatore e l’ambiente. Spesso la natura delle cose risolve problemi molto meglio delle promesse fatte dai prodotti chimici».
Un investimento per il futuro
Che contributo ha dato VitisL@b al progetto Argiano?
«Essere stati partecipi di questo lavoro ci ha ancor più convinti di quanto sia importante conoscere in maniera approfondita gli attori principali del progetto di qualità che stiamo affrontando. Saper individuare tutte le variabili e saperle quindi trattare in maniera differente è uno step fondamentale per arrivare a un altissimo livello di qualità e soprattutto di unicità. Ci fa piacere constatare anche la sensibilizzazione da parte delle Università a questo argomento così importante e vedere giovani così appassionati e preparati che iniziano a pensare a un’agricoltura attenta, moderna ma al contempo sana e pulita. Questa è l’unica strada da percorrere per il futuro».
Argiano e il futuro: quale visione?
«La nostra idea è semplice: vogliamo essere unici. Ciò non significa essere i più bravi. Vogliamo che coloro che verranno ad Argiano riescano a bere un vino che non possa essere bevuto altrove, in quanto espressione massima dei nostri suoli e dell’ecosistema in cui viene prodotto. Il nostro obiettivo è quello di rendere riconoscibile la nostra identità, riuscendo a coniugare la storia di un luogo estremamente vocato e la voglia di immedesimarsi in un prodotto irripetibile. Per questo ogni bottiglia di vino racchiude tutta la storia, la passione e l’amore per la terra di oggi e di ieri, e questo deve essere motivo di orgoglio per noi e per chi beve il nostro prodotto».
(sintesi da VVQ 1/2018)
Argiano
in cifre
Proprietà: Leblon Investments.
Sede: Loc. Argiano - Sant’Angelo in Colle, Montalcino (Si).
Superfici coltivate: 57 ha vigneti, 10 ha oliveti, 9 ha cereali, bosco e tare fino a 123 ha totali.
Produzione: 330.000 bottiglie, principalmente di Brunello e Rosso di Montalcino.
Mercati: 50 Paesi, 40% Usa e Canada, 10% Italia, 30% Europa, 20% Asia, Russai e Sud America.
Colmare
le lacune
«La formazione e l’aggiornamento professionale sono elementi necessari per lo sviluppo del nostro sistema produttivo. Uno dei fattori limitanti la diffusione dell’agricoltura di precisione in Italia è infatti riconducibile alla carenza di professionalità adeguate, in grado di coniugarne gli aspetti multidisciplinari». Lo ha affermato il professor Michele Pisante dell’Università di Teramo, in occasione della conclusione del Master universitario di primo livello in Agricoltura di precisione, da lui stesso coordinato.
I Diplomi sono stati consegnati il 30 ottobre 2017 a Teramo a 15 professionisti che daranno il proprio contributo al raggiungimento dell’obiettivo del Mipaaf di diffondere l’agricoltura di precisione sul territorio nazionale.