Birra a filiera corta, la scommessa di Farchioni

    Pompeo Farchioni, patron dell’azienda di famiglia
    Malteria più birrificio: il nuovo progetto dei “Mastri Birrai Umbri” parte dai campi di proprietà e arriva direttamente al bicchiere del consumatore. Così la crescita degli impianti artigianali traina la crescita della coltura dell'orzo in Italia

    Una bella avventura imprenditoriale quella della famiglia Farchioni, legata indissolubilmente ai prodotti della terra. Una storia che nasce nel 1780, ma che si concretizza sui mercati nazionali ed internazionali negli ultimi 30 anni, grazie al grande successo dell’olio di oliva prima e del vino poi: ma anche con il mulino per la produzione di farine speciali che fa da apripista ad un nuovo progetto fortemente radicato sul territorio umbro. L’intuizione è di Pompeo Farchioni, patron dell’azienda, che ha voluto valorizzare le proprie produzioni cerealicole: orzo, grano, farro, ma anche lenticchia e cicerchia sono le materie prime coltivate su di una superficie di oltre mille ettari di proprietà della famiglia.

    Orzo di qualità, con precise garanzie sanitarie e organolettiche: il segreto di una buona birra artigianale parte dal campo

    «Il progetto della “Mastri Birrai Umbri” – spiega Pompeo - è la sintesi di un solido percorso agroindustriale che parte dai prodotti della terra e che, attraverso capacità progettuali, organizzative e strategiche percorre tutta la filiera fino ad ottenere birre artigianali di grande personalità e autenticità: si parte dal campo per ottenere cereali di qualità, arrivando alla trasformazione con criteri tecnologici all’ avanguardia».

    Trasformazione diretta

    Per fare questo si è scelta la strada della trasformazione diretta dell’orzo in malto, con la realizzazione di una malteria (appena inaugurata) che è una delle pochissime in Italia ma soprattutto, con i suoi 6.000 metri quadrati di superficie coperta, è la più grande in Europa a servizio del proprio birrificio artigianale. Il potenziale produttivo annuo è pari a circa 900 tonnellate, in grado quindi di rifornire di ottimo malto il proprio birrificio, ma anche di consentirne la vendita.

    Il nuovo birrificio, inserito nel paesaggio agricolo di Gualdo Cattaneo, inaugurato lo scorso 15 giugno

    «Non si tratta solo di una malteria aziendale - continua Pompeo -. Si tratta di un’opportunità per tutti, visto che sarà possibile offrire un’impronta tradizionale e territoriale ad un settore produttivo come quello dei microbirrifici, sempre aperti alla sperimentazione ed all’ innovazione. La consapevolezza della criticità del processo di maltazione e della realizzazione delle birre, ci ha spinto ad adottare le tecniche più evolute, ma anche le migliori professionalità».

    Successo che parte dalla ricerca

    Michele Sensidoni e Gian Franco Regnicoli, rispettivamente responsabili della produzione della birra e del malto in Mastri Birrai Umbri, sono appunto umbri e laureati all’Università degli Studi di Perugia. Entrambi condividono una solida preparazione con Laurea Magistrale in Tecnologie e Biotecnologie degli Alimenti e Dottorato di ricerca in Scienze e Biotecnologie degli Alimenti.

    La nuova malteria: in primo piano i tamburi di germinazione, in secondo piano i due steeper

    «Uno dei punti di forza della nostra malteria - spiega Regnicoli, il Mastro Maltatore (Malt Master) - è la possibilità di rifornirsi a piacimento di produzioni di alta qualità di provenienza aziendale e stoccate nei magazzini vicini dove la conservazione è controllata. Si tratta di un vantaggio strategico della massima importanza: l’orzo - e così tutti gli altri prodotti che lavoriamo – sono sempre puliti, freschi e controllatissimi, un presupposto indispensabile per ottenere produzioni di elevato standard qualitativo».

    I segreti della maltazione

    Del resto la malteria è il punto di partenza per ottenere un’ottima birra, ed il processo di maltazione è assai delicato: da questo dipendono colore, sapore, aroma, freschezza, schiuma ed alcolicità della bevanda. Sono tutti motivi importanti per eseguire questa fase all’ interno del birrificio. L’orzo è ovviamente la materia prima per eccellenza per la disponibilità di amido, la forte attività enzimatica e il fatto di avere la cariosside vestita, in grado di filtrare il mosto prima della cottura.

    La sala cottura è ispirata ad una concezione di origine bavarese con macchine Kaspar-Schulz

    «Il nostro processo – continua Regnicoli - inizia con una conservazione in ambiente controllato (umidità<14% e T° di 15°) in modo da avere una materia prima sempre fresca e di alta qualità». L’approvvigionamento è on demand, e dovendo trasformare immediatamente ciò che viene prelevato dai magazzini, si avvia un’attenta fase di pulitura che si avvale di un sistema pneumatico di trasporto del cereale attraverso vagli per ripulirlo da semi e materiali estranei, polveri ecc. «Si procede poi con la pesa del prodotto perché lo steeper – il maceratore (ndr) - deve essere riempito con 100 q. esatti di orzo per iniziare la fase della idratazione ad una temperatura di circa 15°, che dopo circa 2 giorni porta il cereale all’ umidità di germinazione».

    Fermentatori dimensionati per le esigenze operative del birrificio (1400 ettolitri)

    A questo punto l’orzo viene disposto nel tamburo di germinazione, dove viene portato ad una temperatura di 14°-16° in presenza di aria fresca: il seme viene messo nelle condizioni ideali per germinare e consentire – dopo 5 giorni - la trasformazione di una cariosside di orzo in un chicco di malto con il passaggio degli amidi in maltosio e destrine. L’orzo giunto al giusto livello di germinazione, ovvero quando ha emesso 3-4 radichette ed una piumetta pari alla lunghezza del chicco (malto verde) viene sottoposto ad un processo di essiccazione, al fine di evitare la prosecuzione dello sviluppo delle giovani piantine. «L’ essiccazione del “malto verde” assume una grande importanza tecnologica visto che il livello di temperatura, l’umidità ed i tempi a cui è condotto, portano ad ottenere dei malti con peculiarità molto differenti. Oltre a una riduzione di umidità (dal 45% al 4%) si ha il blocco dell’attività enzimatica e la creazione del colore e dell’aroma. Le radichette vengono eliminate (degerminazione), e a questo punto il malto viene lasciato riposare in stoccaggio per circa 4 settimane».

    Michele Sensidoni, il Mastro Birraio

    La figura chiave per la produzione di una buona birra artigianale è quella del Mastro Birraio (Brew Master): Michele Sensidoni lavora in Farchioni su questo progetto dal 2009 ma la vera e propria produzione è partita nel 2011.

    Il birrificio dei maestri

    «Siamo passati dai 250 ettolitri di quell’ anno ai 25.000 ettolitri di oggi” - racconta con emozione Sensidoni - . Il nuovo stabilimento ha una capacità nominale di 60.000 ettolitri l’anno, ed è la chiusura del cerchio del progetto che prevede birre umbre da materie prime umbre trasformate in Umbria». Non si tratta di un concetto scontato, perché esistono davvero pochissimi esempi di malterie al servizio di un birrificio artigianale, e non di queste dimensioni. «Le nostre birre - continua Sensidoni - sono distinguibili attraverso il numero della cotta, cioè il numero d’ordine con il quale sono stati contraddistinti i primi tentativi per individuare quelle tipologie che potessero piacere di più a noi ed ai nostri futuri consumatori: 21,74,37,68 e 50 sono le cotte scelte che vengono così contraddistinte in etichetta ancora oggi, a comunicare con forza la ricetta a lungo studiata prima di essere sottoposta ai nostri clienti».

    La gamma delle birre dei Mastri birrai umbri

    La sala cottura riprende i dettami della tecnologia tradizionale bavarese ed è realizzata con macchinari Kaspar-Schulz: l’impianto cottura ha una capacità di 70 ettolitri per ogni ciclo di produzione mentre la dotazione dei fermentatori è stata progettata su una capacità di 1400 ettolitri, in considerazione delle tempistiche necessarie a preparare i diversi tipi di birra.

    «Per caratterizzare con forza le nostre birre – continua Michele - utilizziamo ingredienti innovativi legati profondamente al territorio umbro: legumi come la cicerchia e la lenticchia, ma anche cereali come il farro vengono macinati crudi insieme al malto e seguono il processo di ammostamento, filtrazione e cottura». Si tratta di produzioni tradizionalmente povere realizzate da sempre sui campi della famiglia Farchioni: la volontà di valorizzarle inserendole nel ciclo produttivo della Mastri Birrai Umbri trova una sintesi perfetta con il bisogno di inquadrare le birre in una identità territoriale ben definita».

    Si tratta quindi di una pratica che nasce da un’esigenza dell’azienda, ma che è stata già prevista dalla Legge n. 1354 del 1962: “…il malto di orzo o di frumento può essere sostituito con altri cereali, anche rotti o macinati o sotto forma di fiocchi, nonché con materie prime amidacee e zuccherine nella misura massima del 40%”.

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    Rifermentazione in bottiglia, il metodo inventato dai Benedettini

    Le birre artigianali di qualità raccolgono sempre più interesse. La scelta di utilizzare il processo artigianale dell’alta fermentazione e la rifermentazione in bottiglia garantisce infatti un maggiore bouquet di aromi rispetto alle produzioni industriali, mentre vengono evitate le pratiche della pastorizzazione e della microfiltrazione, che provocano la standardizzazione del prodotto e che sono comunque contrarie al principio di artigianalità come definito dell’art.2 L. 1354 / 1962.

    L’esaltazione di questi aromi e gusti Mastri Birrai Umbri l’ha trovata con una nuova linea di birre adottando il Metodo Benedettino sviluppato in Francia nel XVII secolo: furono infatti i monaci che idearono le tecniche della rifermentazione in bottiglia, essenziale per ottenere una gasatura naturale ed una schiuma persistente.

    Al termine della fermentazione alcolica vengono aggiunti lieviti selezionati per la rifermentazione in bottiglia, ed al posto dello sciroppo di fruttosio viene aggiunto mosto di uva Sagrantino o Moscato.

    Si tratta di una nuova categoria di birre, denominata a livello internazionale Italian Grape Ale (IGA) e di fatto rappresenta la prima denominazione data ad uno stile di birra tutto italiano.


    Tutti i passi per garantire la qualità

    «Analizziamo e degustiamo ogni birra prodotta nel nostro birrificio artigianale di Gualdo Cattaneo - ci spiega Andrea Violetti, direttore generale del Gruppo Farchioni che ha seguito il progetto dalla sua nascita -, approviamo la conformità ai capitolati di produzione, ben più restrittivi delle normative di legge, prima di mettere in vendita le nostre birre».

    Andrea Violetti

    Mastri Birrai Umbri produce anche birra artigianale biologica ed è il primo birrificio artigianale italiano certificato secondo la norma FSSC22000, uno standard internazionale che utilizziamo in modo specifico per garantire i nostri consumatori riguardo alla sicurezza alimentare lungo tutta la filiera produttiva, dal campo al bicchiere. «Sottoponiamo le nostre birre artigianali, che per legge non devono essere pastorizzata nè microfiltrate, a sistematici test organolettici a cura del nostro panel di assaggiatori certificato Doemens e analisi chimiche e microbiologiche effettuate nei nostri laboratori specializzati, questo al fine di assicurarne la qualità e le caratteristiche organolettiche.

    Farchioni produce ciò che vende nei settori dell’olio extra vergine di oliva, delle farine di grano tenero, dei vini con denominazioni di origine, garantendo qualità e sicurezza dei cibi, rispettando l’uomo e l’ambiente e da questo impegno non poteva esimersi Mastri Birrai Umbri con le proprie birre artigianali di qualità».

    Articolo pubblicato su Terra e Vita 25. Clicca qui per accedere all'edicola digitale

    Birra a filiera corta, la scommessa di Farchioni - Ultima modifica: 2018-08-30T04:55:23+02:00 da K4

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