In Italia la sindrome del mal dell’esca è diffusa praticamente in tutte le aree viticole della penisola con un trend in continua crescita. La sua incidenza e gravità varia enormemente in funzione dell’età dell’impianto ed è determinata dalla sovrapposizione o, in alcuni casi, dalla successione di una tracheomicosi e di una carie. Nel primo caso, fra i diversi agenti causali, i più frequentemente riscontrati sono Phaemoniella clamidospora e Phaeoacremonium aleophylum, mentre il principale agente di carie risulta essere Fomitiporia mediterranea. La sindrome, presenta una fase cronica e una acuta.
Una fase cronica...
Nella sua fase cronica si ha un progressivo disseccamento dei tralci che all’esterno si manifestano con alterazioni delle foglie e lesioni al tronco e alle branche.
Sulle foglie i sintomi appaiono con aree clorotiche, prima piccole e isolate e che col tempo tendono a confluire formando ampie aree dapprima giallastre e successivamente bruno-rossastre. Le nervature centrali e i tessuti intorno rimangono invece verdi conferendole il classico aspetto “tigrato”.
Successivamente i tessuti necrotizzano, disseccandosi e portando ad una prematura caduta delle foglie nella stagione estiva. Tale sintomatologia è dovuta alla emissione, da parte di tali funghi, di per sé debolmente patogeni, di fitotossine che vengono veicolate vascolarmente all’interno della pianta. Sui tralci colpiti da mal dell’esca, le gemme tendono a germogliare in ritardo, e progressivamente avvizziscono e disseccano. Sui grappoli, gli acini tendono ad avvizzire, si raggrinziscono mummificandosi oppure si spaccano aprendo la via ad altri marciumi o insetti. Sul legno, inizialmente compaiono delle venature nerastre longitudinali che, in sezione appaiono come punteggiature o aree nerastre. La fase successiva è la comparsa della classica carie bianca. Sezionando il fusto longitudinalmente e trasversalmente, il tessuto legnoso appare friabile, spugnoso e di colore giallastro.
...e una acuta
Nella sua fase acuta, che in genere porta alla morte repentina della pianta, il mal dell’esca si manifesta, già a inizio estate, con disseccamenti improvvisi di tutto l’apparato vegetativo o parte di questo, e appassimento dei grappoli che rimangono appesi ai tralci. In genere la fase acuta, favorita da estati siccitose, avviene quando le piante hanno già manifestato, negli anni precedenti, sintomi tipici della fase cronica.
La prevenzione è essenziale in quanto il risanamento della pianta, al momento, è difficile da ottenere.
In vigneto, sulle piante colpite, è sempre buona norma segnare accuratamente le piante infette nel corso dell’estate per effettuare l’asportazione della parte del tronco interessata dalla carie e per allevarle nuovamente a partire dal nuovo tralcio. Recenti indagini hanno ridimensionato l’influenza dei piccoli tagli di potatura sulla diffusione della malattia nel vigneto. Al contrario i grandi tagli di potatura devono essere accuratamente disinfettati e protetti con mastici cicatrizzanti e i residui della potatura dovrebbero essere trasportati al di fuori del vigneto e bruciati.
Buoni risultati di contenimento biologico del mal dell’esca si ottengono mediante l’utilizzo di agrofarmaci microbici a base di Trichoderma atroviride, T. asperellum e T. gamsii ad azione fungicida antagonista. La sua applicazione, soprattutto nei vigneti più giovani, alla dose di 250 g/hl (con un volume d’acqua pari a 400l/ha - 1kg /ettaro) al momento del “pianto” della vite e/o comunque alla potatura, ha la capacità di impedire la colonizzazione del patogeno diminuendo di gran lunga le nuove infezioni e pertanto riducendo, col tempo, l’incidenza della malattia nel vigneto e la longevità dello stesso.
La gestione in vivaio
In vivaio, il trattamento delle barbatelle per immersione a 50°C per circa 30 minuti, è fondamentale per devitalizzare gli agenti patogeni, anche se non sembra risolutivo. Interessante è la recente autorizzazione di Tessior®, a base di pyraclostrobin+boscalid con una apposita formulazione innovativa per applicazioni localizzate sui tagli di potatura. Il prodotto, una volta distribuito, è in grado di formare un film protettivo per impedire la contaminazione delle spore degli agenti patogeni sulla ferita di potatura, mentre il principio attivo penetra per diversi cm nel legno contenendo patogeni eventualmente già presenti. La protezione avrebbe una durata superiore a un mese garantendo una prolungata protezione dei tagli di potatura.
Articolo pubblicato sulla rubrica L'occhio del Fitopatologo di Terra e Vita