Difendere gli interessi degli agricoltori italiani e promuovere lo sviluppo delle aziende per offrire un contributo alla crescita sostenibile dell’intero Paese.
A 75 anni dalla fondazione, quando nell’autunno del 1944 Paolo Bonomi ne pose le basi, Coldiretti non ha mai smesso di fare il proprio lavoro in un rapporto dialettico con la politica, guardando alle cose concrete e guadagnandosi la fiducia e il consenso dell’opinione pubblica e delle istituzioni.
Editoriale del numero 34/2019 di Terra e Vita
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Lo dimostrano le qualificate presenze ai nostri appuntamenti che hanno visto di recente la ripetuta partecipazione del premier Giuseppe Conte e dei suoi Ministri ma anche il coinvolgimento dei leader delle principali forze di maggioranza come Nicola Zingaretti e Luigi di Maio e opposizione come Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Un’autorevolezza che ha portato negli anni alle più significative conquiste per il mondo agricolo.
Nell’ultima manovra siamo riusciti a mantenere le agevolazioni sul gasolio agricolo messe a rischio da un ambientalismo irrazionale ma anche a prorogare l’azzeramento dell’Irpef per le aziende del settore e a confermare le agevolazioni sull’Imu ottenute con la nostra grande manifestazione del 2015 all’Expo di Milano.
E non vanno dimenticati gli 80 milioni di euro stanziati nella legge di bilancio in favore delle imprese colpite dal flagello della cimice asiatica annunciati dal ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova, che si è anche impegnata a studiare la possibilità di una moratoria dei mutui.
Un primo passo importante ma occorre anche individuare modalità di intervento automatico a livello comunitario di fronte al moltiplicarsi dell’arrivo di parassiti alieni favoriti dai cambiamenti climatici e dalla globalizzazione degli scambi.
In questo contesto serve soprattutto un cambio di passo nelle misure di prevenzione a livello comunitario dove una politica europea troppo permissiva consente troppo spesso l’ingresso di prodotti agroalimentari e florovivaistici nell’Ue senza che siano applicate le cautele e le quarantene che devono invece superare i prodotti nazionali quando vengono esportati.
Ora la nostra battaglia si sposta dunque a Bruxelles soprattutto per impedire che i costi della Brexit vengano pagati dall’agricoltura italiana con tagli ingiustificati alle risorse della Politica agricola comune (Pac).
Nel prossimo quadro finanziario dell’Ue bisogna evitare di indebolire l’agricoltura, che è l’unico settore realmente integrato dell’Unione, poiché ciò significherebbe minare le fondamenta della stessa Ue in un momento particolarmente critico per il suo futuro.
Siamo stati i primi a chiedere un intervento urgente dell’Unione europea a sostegno delle imprese e cooperative danneggiate ingiustamente dai superdazi fissati da Trump per le esportazioni negli Stati Uniti, dove il rischio è la perdita definitiva di quote di mercato.
Occorre far scattare subito sostegni che consentano di compensare i danni provocati dalla guerra commerciale che colpisce in un mercato strategico per il Made in Italy settori determinanti dell’agroalimentare nazionale, peraltro non coinvolti nella disputa sugli aiuti a Boeing e Airbus. Non possiamo pagare noi agricoltori per colpe di altri.