«Il riso sta attraversando un momento positivo ma non è detto che duri; anzi, tutto fa pensare che si tratti di una parentesi, più o meno breve».
È questo il parere del presidente dell'Ente Risi Paolo Carrà. «Il settore ha vissuto settimane tranquille: il mercato snocciola numeri positivi, non ci sono problemi di carenza di manodopera. Anche gli iniziali e temuti problemi logistici sulla consegna di sementi, concimi e diserbi sono stati, per fortuna, superati velocemente» afferma Carrà.
Che prosegue: «Sì stiamo vivendo un momento positivo ma, come sempre capita con le commoditiy, le dinamiche internazionali sono molto veloci: è vero, l'indice delle quotazioni volge al positivo, le impennate non sono mancate, ma già la curva volge a una maggior calma con le ultime quotazioni».
Freno delle esportazioni
Ad esempio, il Vietnam ha posto un freno alle esportazioni che sono state, invece, del tutto sospese dal Bangladesh per il riso locale mentre in India le consegne per l’estero si sono bloccate a seguito del lockdow. Infine, in Thailandia i prezzi del riso sono saliti al valore massimo dal 2013.
«L'emergenza Coronavirus ha limitato le importazioni dal sud est asiatico, va da sé che i prezzi sono saliti. Ma proprio in questi ultimi giorni assistiamo a un fenomeno ben più preoccupante, che è l'aumento delle importazioni di riso già lavorato e confezionato dal Myanmar».
Quotazioni in rialzo
Vento in poppa soprattutto per i risi da interno, complice la forte richiesta dei consumatori e della Gdo soprattutto nelle prime settimane dell'emergenza. Qualche esempio viene dai numeri dai mercati: il Carnaroli tocca punte di 480-490 €/t sulla piazza di Vercelli (contro i 440-450 di un anno fa), il Roma 457-477 (ad aprile 2019 era 385-400), il Baldo 470-480 (contro 415-430). Invece è sostanzialmente fermo il mercato dei risoni utilizzati per i piatti etnici, sushi in primis, che soffrono la chiusura dei ristoranti: il Selenio va quindi in flessione, a 360-385 contro i 425-480 di dodici mesi fa.
Filiera e nuovi accordi
I risi da interno torneranno a scendere? Gli agricoltori non ci stanno. «È proprio in questa situazione che andrebbero attuati veri accordi di filiera - afferma il piemontese Roberto Moncalvo, vice presidente del Comitato delle organizzazioni agricole europee (Ccopa) -.
Ossia un'intea tra la risaia e un'agroindustria virtuosa che sarebbe in grado di garantire al produttore la giusta remunerazione e programmare correttamente le semine».
Confagricoltura, invece, vede nuovi sbocchi dopo il recente accordo commerciale che porterà i risi italiana di varietà japonica sul mercato cinese.
«Il prossimo passo potrebbe essere l'India, sulla scorta dell'esperienza acquisita con le autorità di Pechino» prevede il presidente Massimiliano Giansanti. Insomma, lo scenario sembra chiaro e delineato ma, allo stesso tempo, sembra profilarsi sull'orizzonte-risaia (e su più fronti) una nuova partita tutta da giocare.
Allarme per l'import del “lavorato”: +75% in un anno
Un aumento vertiginoso che in meno di un anno ha visto impennare del 75% le importazioni di riso lavorato dal sud est asiatico.
I dati, appena diffusi da Ente Risi, parlano di 233.858 t contro le 133.590 della scorsa campagna. Uno scenario che ha spinto il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali a chiedere alla Commissione europea di approfondire la questione nel Comitato di Gestione del 30 aprile.
Il riso arriva soprattutto dal Myanmar, un nuovo fronte aperto sullo spinoso tema delle importazioni dall'estremo oriente, che finora avevano riguardato quasi esclusivamente il risone. Va da sé che una crescita in modo così esponenziale potrebbe delineare un quadro assolutamente inedito per il mercato europeo. Ora la palla passa decisamente a Bruxelles.
Fonte dei due grafici: Ente Nazionale Risi