La cercosporiosi, causata da Cercospora beticola, purtroppo è la principale avversità fungina, per importanza e diffusione, specialmente negli areali di coltivazione del nord Italia. La malattia, infatti, raggiunge più elevati livelli di gravità negli ambienti caratterizzati da climi caldo-umidi, nei quali le condizioni termo-igrometriche risultano ottimali per il suo sviluppo.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita n. 17
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Vegetazione suscettibile
Il fungo trascorre l’inverno principalmente sui residui colturali infetti lasciati nel terreno, dove può sopravvivere fino a 18 mesi. I conidi, gli organi di diffusione del fungo, vengono veicolati dal vento e dagli schizzi di pioggia sulla vegetazione suscettibile, dove germinano anche solamente con umidità relativa superiore al 90 % e temperatura ottimale di 20-30 °C infettando i tessuti fogliari. Una vegetazione anticipata è foriera di alte rese produttive, ma rende la coltura più suscettibile agli attacchi del patogeno. Pertanto, la coltura deve necessariamente essere protetta, se si vogliono evitare perdite produttive, sia in termini di peso sia di grado di polarizzazione.
Il posizionamento degli interventi
Anche se è buona norma adottare misure agronomiche virtuose (fare ricorso a corrette rotazioni, evitare gli eccessi di concimazione azotata e irrigazione e fare uso di varietà dotate della maggiore tolleranza possibile), il ricorso ai trattamenti chimici risulta indispensabile. Oggi i modelli previsionali sono in grado di prevedere la prima comparsa della malattia in campo e di determinare i singoli eventi infettivi. Pertanto, il posizionamento mirato dell’inizio dei trattamenti, normalmente fra la prima e la seconda settimana di giugno, dà il via alla stagione anticercosporica. Dopo il primo intervento, occorre seguire attentamente lo sviluppo della vegetazione ed eseguire gli ulteriori trattamenti in funzione degli eventi climatici favorevoli alle infezioni del patogeno, considerando indicativamente una attività del prodotto di circa 20 giorni.
Alternare prodotti diversi
La difesa, che prevede secondo i Dpi un massimo di 3 applicazioni all’anno con prodotti di sintesi, è in questi anni resa ancora più problematica dalla comparsa di ceppi del fungo resistenti alle due famiglie chimiche più utilizzate: le strobilurine e i triazoli. In un’ottica di strategia anti-resistenza, oltre a tetraconazolo e alle miscele di procloraz+flutriafol, procloraz+propiconazolo, procloraz+ciproconazolo e difenconazolo+fenpropidin è sempre più necessario l’utilizzo di prodotti ad azione multi-sito, come i sali di rame e clortalonil, e utilizzare miscele con principi attivi a diverso meccanismo d’azione e in modo preventivo oltre che rispettare le dosi e il numero massimo di trattamenti indicati in etichetta. Si raccomanda di consultare i Bollettini di Produzione Integrata, che permettono di razionalizzare al meglio il primo intervento fungicida, in funzione dei reali momenti di rischio infettivo per la coltura.