Sono molteplici le tecniche e le strategie disponibili per adeguare l’apporto di azoto (N) alle reali esigenze delle colture. ma molti dei metodi disponibili richiedono misure in campo di parametri colturali tramite campionamenti, strumenti portatili o sensori prossimali. Un’attenzione sempre più crescente viene data a sistemi di gestione delle tecniche agronomiche basate su dati acquisiti da remoto (satelliti, droni, ecc.) molti dei quali comprendono la valutazione dello stato nutrizionale delle colture. In questo contesto è stato sviluppato un progetto di ricerca pluriennale (2018-2021) svolto in collaborazione tra l’Università della Tuscia, l’Istituto di Rilevamento elettromagnetico dell’Ambiente (Irea) del Consiglio nazionale delle Ricerca (Cnr) e l’azienda Bf Agricola Srl e Ibf Servizi Spa del Gruppo Bf Spa, per sperimentare metodi innovativi di supporto alla fertilizzazione azotata su colture cerealicole.
Questo studio aveva l’obiettivo di definire e sperimentare metodologie operative che si possano adottare in agricoltura di precisione (Ap) per la gestione della fertilizzazione azotata, sfruttando informazioni sullo stato nutrizionale delle colture derivate da remoto, tramite immagini satellitari Sentinel-2.
Le attività sono state sviluppate in un ambiente agricolo a vocazione fortemente tecnologica e di ricerca applicata come quello di Bonifiche Ferraresi Srl (Jolanda di Savoia, Fe). Le colture selezionate sono state il mais (Fao 700 destinazione pastone) e il frumento duro (Odisseo).
Sentinella spaziale
Nella prima fase l’attenzione è stata posta sullo studio della capacità di stima di parametri biofisici e dello stato nutrizionale delle colture da parte del satellite Sentinel-2 (S2). Le caratteristiche di questo satellite ottico multispettrale dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) sono ideali (10 m di risoluzione spaziale e 5 giorni di tempo di rivisitazione), per lo sviluppo di applicazioni operative in ambito di Ap.
È stata osservata l’affidabilità della valutazione dello stato nutrizionale azotato delle colture attraverso la stima del Nitrogen Nutrition Index (NNI) (Lemaire, Gilles; Meynard, J., M. 1997) da immagini S2, valutando anche l’interazione con le proprietà del suolo. L’NNI è un indicatore molto utilizzato ed è calcolato dal rapporto tra la concentrazione critica dell’azoto, definita da una curva specifica per ogni coltura, e la concentrazione di azoto reale, per ogni fase di sviluppo della biomassa aerea totale. Per valori di NNI maggiori di 1 si hanno condizioni di surplus azotato, per valori di minori di 1 condizioni di stress nutrizionale, e per valori prossimi o uguali a 1 condizioni ottimali.
Parametri colturali come la biomassa, il contenuto di clorofilla colturale (CCC), la concentrazione di azoto, il contenuto totale di azoto, l’indice di area fogliare (Lai) sono stati misurati a terra durante la stagione, e stimati utilizzando immagini satellitari contemporanee o prossime alle acquisizioni in campo.
Due prove sperimentali in pieno campo, per la generazione di variabilità nutrizionale artificialmente indotta tramite diversi trattamenti di N, sono state condotte per entrambe le colture, in aree con caratteristiche del suolo differenti. I risultati hanno evidenziato una coerente e diversa risposta delle colture al tasso di N e al tipo di suolo in termini di NNI, biomassa e concentrazione di azoto. Per entrambe le colture, le parcelle di una classe di suolo (FOR1) hanno evidenziato valori inferiori e condizioni di stress superiori rispetto ad altre classi di suolo, anche per tassi di N elevati. Le analisi dei campioni di suolo hanno mostrato, per questa classe, differenze statisticamente significative per il pH (5,5), rispetto alle altre classi di suolo (pH=7), indicando che questa proprietà poteva essere un fattore limitante per l’assorbimento dei nutrienti e quindi la crescita delle colture, indipendentemente dalla quantità di N distribuita.
L’analisi di correlazione, tra le variabili misurate a terra e stimate da Sentinel-2, ha permesso di creare dei modelli regressivi per poter: (i) ricavare direttamente l’NNI dal CCC (R2=0,76) o da indici come il Normalized Difference Red Edge index (NDRE) per il mais (R2=0,79) o da Transformed Chlorophyll Absorption Ratio Index (TCARI) per il grano duro (R2=0,61); (ii) stimare indirettamente NNI dal rapporto tra la quantità di azoto assorbito dalla coltura e l’assorbimento critico di azoto, e dalla stima della biomassa, derivati utilizzando CCC (R2=0,77) e LAI (R2=0,68) rispettivamente.
Prove in campo
Grazie ai risultati ottenuti nella prima fase, sono state messe a punto le metodologie per ottenere una stima quantitativa dei fabbisogni nutrizionali in un contesto di confronto agronomico tra metodi non convenzionali di distribuzione a rateo variabile (VR1-VR2) e non (UR).
La seconda fase dello studio ha perciò previsto la creazione di due campi sperimentali di 15 ha circa, rispettivamente su mais e frumento duro, suddivisi in parcelle (36x50 m) per la distribuzione, in pieno campo e in tempo reale, di quantità differenziate di azoto in base alla variabilità nutrizionale riscontrata da immagini satellitari acquisite a ridosso del periodo delle fertilizzazioni, ed all’uso di indicatori come la differenza tra l’uptake di azoto assorbito e critico (ΔPNU) per VR1, l’indice di sufficienza (SI) (Holland and Schepers 2013) per VR2 e il fabbisogno di azoto definito da un bilancio agronomico semplificato (ASB) a partire dalle proprietà dal suolo per UR.
La valutazione della performance dei diversi metodi di definizione dei fabbisogni azotati da remoto (VR1 – VR2) in confronto a quello standard aziendale (UR), è avvenuta attraverso l'analisi dei dati di produzione (mappe di resa) ed il confronto tra 3 indicatori: i) la resa media espressa in t ha-1; ii) l’efficienza d’uso dell’azoto Partial Factor Productivity dell’azoto (PFPN kg kg N ha-1); iii) il ritorno netto (RANC € t) in base ai costi di fertilizzazione sostenuti.
Tutti e tre i metodi rappresentano tecniche avanzate non standard, di cui due con informazioni stagionali relative alla coltura ed una basata su dati misurati a priori su suolo. Tutti i metodi hanno permesso di quantificare un fabbisogno inferiore di azoto rispetto a quello convenzionale.
I numeri non mentono
I quantitativi di azoto totale utilizzati sono stati inferiori rispetto alla dose convenzionale dal 22 al 48% nel frumento duro e attorno al 40% nel mais. L’indicatore di efficienza d’uso PFPN ha evidenziato che sia per il grano che per il mais il metodo migliore è stato quello del bilancio agronomico (UR) con 38,2 kg di prodotto per kg di N/ha per il grano e 88.2 kg di prodotto per kg di N/ha per il mais, seguito dal metodo VR1 (ΔPNU) con 35,2 kg di prodotto per kg di N/ha per il grano e 84,4 kg di prodotto per kg di N/ha per il mais. Da un punto di vista economico (RANC) il metodo ΔPNU ha generato un maggior utile netto in entrambe le colture, pari a 647 €/t (+20% rispetto a UR) per il grano e 2.198 €/t (+ 6% rispetto a UR) per il mais che rappresentano valori in linea se non più alti di quelli presenti in letteratura.
I metodi supportati da dati satellitari hanno quindi fornito risultati comparabili e in alcuni casi migliori dei metodi basati su dati reali acquisiti in campo. Complessivamente questi metodi hanno ottenuto buone performance di efficienza d’uso e di ritorno economico con un notevole risparmio di fertilizzante. Oltre a questi risultati, lo studio ha raggiunto ulteriori obiettivi. La generazione di mappe di prescrizione per la fertilizzazione a rateo variabile il giorno seguente l’acquisizione dell’immagine Sentinel-2. lL’adozione in maniera operativa, in near real time su tutte le fertilizzazioni di copertura (3 per coltura). Un test per la distribuzione rateo variabile tramite mappa di prescrizione di fertilizzante liquido durante la fase di fioritura di mais con irroratrice semovente con calate. Ha dimostrato come, laddove siano state utilizzate informazioni sullo stato nutrizionale derivate da remoto, è stata correttamente stimata la reale necessità della coltura ed è stato possibile gestire la variabilità spaziale fornendo dosi diverse di azoto.
In alcuni casi non è stato somministrato fertilizzante perché ritenuto non necessario, senza ridurre la produzione finale; ha evidenziato come le diverse caratteristiche dei suoli hanno un effetto molto marcato sulla variabilità delle produzioni indipendente dalla quota di azoto fornito; ha messo in evidenza come l’uso congiunto di tecniche di stima dei fabbisogni basate su informazioni sul suolo e sulla coltura possano fornire maggior robustezza nella stima dei fabbisogni e nella definizione delle dosi.
Conclusioni
In conclusione, questo studio ha dimostrato l’applicabilità di informazioni derivate da immagini satellitari Sentinel-2 per la fertilizzazione in un contesto operativo e ha permesso di evidenziare l’impatto di potenziali fattori limitanti, come azoto e variabilità dei suoli, per poterli gestire con informazioni quantitative e spazialmente distribuite costantemente aggiornate come supporto alle attività di agricoltura di precisione. Rimangono da eseguire maggiori test su più anni e su areali differenti per vedere qual è la risposta colturale a diverse condizioni ambientali e meteorologiche.