I biostimolanti sono utilizzati principalmente per migliorare l’efficienza d’uso delle risorse nella rizosfera, come nutrienti e acqua, oppure per aumentare la sostenibilità economica e ambientale dei sistemi colturali. Possono essere distribuiti due o più volte durante il ciclo colturale, quando la coltura è più recettiva, con l’obiettivo di migliorare le rese, stimolando la crescita e l’accumulo di biomassa aerea e radicale, oppure possono essere applicati “all’esigenza” per contrastare l’effetto negativo degli stress abiotici.
Il regolamento Ue 1009/2019 ha permesso un primo inquadramento giuridico dei biostimolanti ed è un importante passo avanti per disciplinare la loro produzione e commercializzazione. Tuttavia, permangono ancora delle criticità. Ad esempio, molti prodotti ad azione biostimolante non sono stati inclusi all’interno di questo regolamento e pertanto non possono essere commercializzati come tali. Si auspica che in futuro le evidenze scientifiche e le prove sperimentali permettano di ampliare la tipologia di questi prodotti, includendone alcuni oggi esclusi.
L’applicazione dei biostimolanti per aumentare la tolleranza delle piante verso gli stress abiotici è una strategia che deve essere ulteriormente valorizzata attraverso l’identificazione di matrici e biostimolanti derivati sempre più efficaci. L’uso dei biostimolanti come strumento di attivatore biologico di precisione della tolleranza transiente della coltura verso uno stress abiotico può permettere di salvaguardare la produzione in stagioni e annate particolarmente avverse.
Editoriale di Terra e Vita 4/2022
Abbonati e accedi all’edicola digitale
I biostimolanti non sono la panacea di tutti i problemi agronomici e il loro utilizzo deve essere pianificato nella gestione agronomica della coltura, per poter ottenere il massimo beneficio e limitare i costi di produzione. Ad esempio, nella gestione nutrizionale delle colture, all’applicazione dei biostimolanti deve essere associata una riduzione della fertilizzazione, al fine di aumentare l’efficienza d’uso dei nutrienti, di ridurre i costi di produzione e di attenuare l’impatto ambientale. L’aumento della resa indotta dai biostimolanti si aggira mediamente intorno al 10% nelle normali condizioni agronomiche; quindi, il tornaconto economico aziendale può essere massimizzato associando all’impiego dei biostimolanti una riduzione degli input.
Sebbene sia stato dimostrato che l’efficacia dei biostimolanti aumenta con la riduzione delle risorse, spesso alcuni agricoltori non modificano la gestione agronomica della coltura, ossia continuano a fertilizzare normalmente e in più aggiungono l’impiego dei biostimolanti. In queste condizioni, purtroppo, i benefici dei biostimolanti sono ridotti o addirittura si annullano.
La maggior parte della sperimentazione è focalizzata sulla valutazione agronomica dei biostimolanti e spesso le variabili a confronto sono la tipologia di prodotto (estratti di alghe, idrolizzati proteici, ecc.), le dosi, la tempistica di applicazione, mentre pochissimi sono gli studi disponibili sull’impiego dei biostimolanti e il mantenimento della resa e della qualità delle produzioni con la riduzione progressiva delle concimazioni.
In futuro i biostimolanti dovranno sempre di più essere studiati in un contesto di gestione agronomica reale, ossia combinandoli opportunamente con gli altri mezzi tecnici normalmente utilizzati.
di Antonio Ferrante
Università di Milano
Comitato Tecnico-scientifico di Edagricole