Da alcuni anni si assiste a una forte recrudescenza di attacchi di acariosi della vite da Calepitrimerus vitis Nal., in particolare su giovani impianti.
Identificare correttamente gli acari
Alcune cultivar (es. Montepulciano) sembrano particolarmente sensibili alle infestazioni dell’acaro eriofide, manifestando le tipiche sintomatologie: scarsa crescita e brachizzazione dei germogli, atrofia della gemma principale e sviluppo di quelle di controcchio, aborto dei grappolini, internodi raccorciati, aree bianco-giallastre a forma di stella sulle foglie ecc.
I danni sono maggiormente evidenti nelle annate con ritorni di freddo primaverile in quanto le basse temperature rallentano la crescita dei germogli, rendendoli più vulnerabili. Nel complesso i sintomi dell’acariosi sono simili a quelli provocati dai tripidi. La corretta identificazione risulta fondamentale, in particolare per poter poi gestire in modo corretto la difesa. Gli eriofidi non sono visibili a occhio nudo, a differenza dei tripidi che possono essere facilmente identificati ponendo le foglie su un foglio bianco e osservando la presenza dei piccoli insetti. Calipetrimerus vitis colpisce generalmente i germogli della zona basale del tralcio, mentre i tripidi preferiscono i germogli lungo tutto il tralcio. Sulle foglie l’acaro provoca aree decolorate a stella, mentre i tripidi si caratterizzano per bollosità con aree necrotiche.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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La calura estiva li favorisce
L’acaro sverna come femmine fecondate riparate fra le perule delle gemme o, preferibilmente, nel punto di inserzione fra il legno dell’anno con quello di più anni. Queste, da fine inverno-inizio primavera, cominciano a migrare e, dalla fase di gemme rigonfie-gemme cotonose, si spostano verso le gemme in fase di apertura e iniziano immediatamente a nutrirsi e a provocare danni.
Il numero delle generazioni è variabile (4-6); in condizioni ottimali di temperature (32 °C circa) può compiere una generazione ogni 5 giorni. Da ottobre a metà aprile la popolazione si ripara preferibilmente nelle gemme; da aprile a giugno rimane alla base dei tralci; da giugno a ottobre vive libera sulle foglie. Dal mese di agosto-settembre, a seconda dell’andamento climatico e della disponibilità di cibo, compaiono le femmine svernanti (deutogine) che passeranno l’inverno sulle gemme o nel legno vecchio. L’elevata recrudescenza degli attacchi di acariosi è da ricercare nelle forti calure estive, che favoriscono lo sviluppo di ingenti popolazioni dell’acaro (e, al contrario, rallentano i fitoseidi predatori), e nei frequenti ritoni di freddo primaverili in coincidenza con la ripresa vegetativa.
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Primo intervento contro l'acariosi a punte verdi
La corretta gestione dell’acariosi deve necessariamente partire da una corretta conoscenza dell’agroecosistema vigneto e delle relazioni acari dannosi-acari utili (fitoseidi). Date le piccole dimensioni dell’eriofide, a partire da febbraio fino ad aprile, sono necessari controlli al binoculare per rilevarne la presenza nelle gemme (febbraio-aprile); risultano utili anche fascette adesive per rilevare la migrazione degli acari.
In presenza di medie-elevate infestazioni si effettueranno interventi fitosanitari con sostanze attive registrate e indicate nei diversi disciplinari di produzione, prevedendo un primo intervento al momento della ripresa vegetativa (“punte verdi”) e altri, a seconda delle infestazioni, durante il periodo estivo.
Studi effettuati in diversi laboratori europei hanno messo in evidenza una buona efficacia di miscele estemporanee di oli e zolfo bagnabile da distribuire fra lo stadio di gemma ingrossata e gemma cotonosa. I trattamenti devono prevedere un’ottima bagnatura e non devono assolutamente essere effettuati oltre gli stadi indicati per evitare fenomeni di fitotossicità sulla vegetazione.
È da ricordare che i trattamenti tardivi con acaricidi specifici, su infestazioni già rilevanti e sintomi evidenti, non garantiscono risultati soddisfacenti.