Matteo Todeschini coltiva, trincia e sovescia sorgo sudanese per la sua efficace azione biocida verso le larve degli elateridi. Piero Emiliani, col figlio Mattia, concima adottando mappe di prescrizione per ottimizzare la fertilità e la produttività in ogni appezzamento. Questi intraprendenti produttori bolognesi di patate esprimono in forma diversa, con la loro diretta esperienza in campo, i grandi passi tecnici e tecnologici in avanti che sta compiendo la coltivazione della patata. Smentendo chi a volte ritenga, a torto, i produttori di patate poco inclini a introdurre innovazioni colturali e confermando, invece, come almeno i più avveduti siano molto attenti alle novità. Anche a quelle basate su tecnologie avanzate, per aumentare le rese e, soprattutto, garantire la produzione di tuberi di elevata qualità.
Sovescio di sorgo contro gli elateridi
Per Todeschini, che ogni anno coltiva 40-50 ha di patate a Budrio (Bo), una particolare innovazione tecnica è scaturita dall’esigenza di dover supplire alla scarsità di agrofarmaci a difesa delle colture dagli ingenti danni provocati dagli elateridi (Agriotes spp.). «Le larve di Agriotes, dette anche “ferretti”, attaccano direttamente i tuberi scavando al loro interno profonde gallerie che, in molti casi, diventano poi una via di accesso per agenti di marciumi e favoriscono attacchi di fitofagi secondari. Produco e confeziono sia per la Patata di Bologna Dop sia per il Consorzio Patata Italiana di Qualità “Selenella” e questo comporta il massimo impegno nel saper garantire un prodotto di alta qualità.
Indubbiamente la messa al bando dei più efficaci principi attivi utili per la lotta agli elateridi ha originato molta incertezza sugli esiti qualitativi e quantitativi della produzione. A questi rischi di natura fitosanitaria vanno poi aggiunti quelli correlati sia all’andamento meteo sia a quello dei prezzi di mercato. Poi, cinque anni fa, venni a conoscenza di ricerche e prove di campo su alcune varietà di sorgo sudanese (Sorghum bicolor subsp. sudanense) e sulla loro potenziale azione biocida verso i ferretti, a seguito di corrette operazioni di trinciatura e sovescio. Tale azione è legata all’idrolisi della durrina, un glicoside cianogenico tossico presente nelle foglie che, dopo l’interramento del trinciato, forma acido cianidrico in quantità sufficiente per rivelarsi tossico verso le larve degli elateridi».
Todeschini ha inserito il sorgo sudanese in pianta stabile nella sua azienda: poco dopo la raccolta delle patate semina varietà di sorgo le cui piante, in un ciclo vegetativo di appena 40-45 giorni, diventano alte quasi due metri e producono una massa verde di oltre 500 q/ha. «Trincio e sovescio tale massa interrandola nei primi 20-25 cm di suolo. Dopo, per quasi un mese, non tocco il terreno, lasciando che il sovescio svolga la sua azione biocida. Nell’arco di questi cinque anni ho notato un calo continuo sia della presenza di elateridi sia della loro dannosità. In più questa enorme massa verde fornisce al suolo un buon apporto di sostanza organica, migliorandone sia la struttura fisica sia la biodiversità microbiologica. Semino le patate dando preferenza a varietà precoci, che meglio sfuggono all’azione delle larve di elateridi rispetto a quelle tardive».
Concimazione 4.0
Piero e Mattia Emiliani, che coltivano ogni anno 110 ha di patate a Molinella (Bo), hanno sempre messo al centro della loro attività agricola l’innovazione sostenibile, sia economica che ambientale. «Ad esempio – ricorda Piero – da alcuni anni abbiamo introdotto l’ala gocciolante per l’irrigazione e la fertirrigazione. Stendiamo la manichetta, con passo di 40 cm e portata di 0,7 litri/h, durante la rincalzatura. Oltre a evitare spreco di acqua e a risparmiare sui costi, otteniamo eccellenti risultati quali-quantitativi, omogenei nel campo».
Ma è sulla gestione della meccanizzazione della coltura che gli Emiliani hanno compiuto il passo lungo, introducendo le tecnologie dell’Agricoltura 4.0. Hanno iniziato con la concimazione a rateo variabile. «Dopo una settimana dalla semina diamo concime minerale con spandiconcime, ma in modo nuovo» puntualizza Mattia. «Da tre anni lavoriamo con la mappatura digitale elaborata da una piattaforma che monitora la nostra coltura e ci fornisce le mappe satellitari del suo stato vegetativo, mostrando eventuali situazioni critiche, per parcelle di dimensioni variabili, ma orientativamente di circa 4 x 8 m. Basandoci sulle mappe satellitari sviluppiamo mappe di prescrizione che ci indicano quanto concime distribuire su ogni parcella. L’obiettivo è ottimizzare la fertilità e la produttività in ogni appezzamento».
A supporto della mappatura del campo, oltre alle mappe satellitari, gli Emiliani sviluppano mappe di produzione in fase di raccolta delle patate. «È un’operazione – spiega Piero – che le mietitrebbiatrici e le trinciatrici di mais fanno già da tempo. Ma anche le ultime scavapatate sanno sviluppare una mappatura del campo in base alla resa. Le mappe di produzione sono sovrapponibili alle mappe che ci fornisce il satellite sullo stato vegetativo della coltura. Così possiamo valutare la fertilità di ogni parcella e dell’intero appezzamento. L’obiettivo è razionalizzare i fattori della produzione (concime, sementi, ecc.) in modo da investire in maniera differente in base alla fertilità del terreno».
Raccolta 4.0
Operando nel cuore della Pianura Padana e dovendo raccogliere le patate a metà-fine luglio, con picchi di temperatura che raggiungono quasi i 40 °C, gli Emiliani hanno organizzato la raccolta dalla mattina presto fino alle 14, evitando il pomeriggio quando le temperature troppo elevate potrebbero rovinare i tuberi. «Il prodotto di 85 ha va alla cooperativa Patfrut di Molinella, che lo lavora come prodotto fresco in sacchetto per la Gdo. Quello dei restanti 25 ha a un’industria bolognese di trasformazione. Non possiamo permetterci di offrire patate di qualità modesta o pessima, devono essere perfette» sottolinea Mattia.
«Per eseguire la raccolta nei tempi e modi giusti abbiamo acquistato, con i benefici dell’Agricoltura 4.0, due nuove scavapatate bifila, che dispongono di un “non stop bunker” molto capace. Questo, mentre la scavapatate raccoglie, viene svuotato su un rimorchio trainato da una trattrice che procede al fianco della scavapatate alla giusta velocità. Le patate di varietà da industria vengono scaricate alla rinfusa nel rimorchio, invece le patate da consumo fresco in appostiti bins da cinque o dieci quintali».
In pratica, aggiunge Piero, sia la trattrice della scavapatate sia quella che traina il rimorchio sono dotate di guida satellitare, vanno avanti da sole, così il trattorista può controllare che lo scarico avvenga correttamente. «In 8-9 ore di lavoro le due scavapatate scavano circa 5 ettari di patate, uno in più rispetto a quanto farebbero due comuni scavapatate, proprio perché scaricano le patate in corsa e non devono fermarsi in testata per scaricare».