Con il termine agrivoltaico si intende la produzione combinata e contemporanea di due risorse essenziali: energia pulita da una parte e cibo dall’altra. Questa nuova modalità di agricoltura, in realtà conosciuta da diverso tempo ma che nell’ultimo periodo sta attirando sempre di più l’attenzione, consentirebbe di accoppiare l'ottenimento di elettricità, derivante da pannelli solari, e appunto l’attività agricola.
Come definito dal decreto legislativo 8 novembre 2021 n. 199, di recepimento della direttiva RED II, l’Italia ha come obiettivo quello di accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, al fine di raggiungere gli obiettivi europei al 2030 e al 2050. In questo ambito, risulta quindi essenziale applicare tutte le tecnologie a disposizione che consentono di coniugare il rispetto di ambiente e territorio insieme agli obiettivi di decarbonizzazione.
L'agrivoltaico è stato il focus su cui si è concentrato un incontro del 7 maggio all’AgriSolar Arena, in occasione del Macfrut di Rimini. La conferenza è stata organizzata da Aias - Associazione Italiana Agrivoltaico Sostenibile, in collaborazione con Enea e Coldiretti.
Il quadro normativo e l’attività delle regioni
Valeria Viti, partner di Legance e consigliera Aias, ha sottolineato in base al già citato decreto legislativo 199/2021 la necessità di trovare delle aree idonee all’installazione dell’agrivoltaico entro il 2030: questo compito complesso è affidato alle regioni, e già diverse si sono messe all’opera, come la Sardegna o il Friuli-Venezia Giulia. È chiaro come il potenziale dell’agrivoltaico sul nostro territorio sia funzione delle caratteristiche topografiche della zona designata e allo stesso tempo, dell'estensione delle aree agricole disponibili.
Recentemente, l'Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile) ha reso disponibile una mappa del potenziale agrovoltaico in Italia a livello regionale. Lo scopo del documento è quello di supportare le pubbliche amministrazioni nella pianificazione e nello sviluppo del settore nel nostro Paese:

Dall’azienda agricola a un sistema ancora più complesso
Gli aspetti agronomici, tecnologici e ambientali, possono co-esistere nella progettazione di un nuovo impianto. Questo quanto sottolineato da Luca Crema, agronomo e consigliere Conaf (Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali).
L’esperto ha sottolineato come sia necessario che gli impianti vengano inseriti in un contesto agricolo già consolidato e strutturato: si parte quindi dall'azienda agricola, elemento che spesso, nella gestione di questi progetti, viene dimenticato. In questo senso, quindi, la terminologia “impianto fotovoltaico” perde di significato, mentre più adatto potrebbe essere il termine “sistema”.
Si parte sempre dal contesto agronomico
La progettazione di un sistema agrivoltaico deve essere quindi, prima di qualsiasi altra cosa, agronomica. In questa fase è necessario analizzare innanzitutto il contesto, mediante, per esempio, analisi pedologiche o di disponibilità e di verifica della risorsa idrica.
Segue poi un’analisi di intervento, che prende in considerazione le diverse operazioni colturali necessarie, e, infine, un’analisi di sostenibilità economica: il progetto è conveniente per l’agricoltore?
Non si deve smettere di produrre
Il compito dell’agricoltore non deve essere ridotto alla mera produzione di cibo, ma la sua attività è molto più complessa e variegata: in generale, si deve anche occupare di tutela ambientale e di salvaguardia del territorio e del paesaggio, insieme un attento monitoraggio della qualità dei prodotti. Il ruolo quindi di questa figura, nella società, è di fondamentale importanza. Questo l'intervento di Pier Paolo Pallara, ricercatore del Crea , che ha parlato del monitoraggio della continuità dell’attività agricola.In aggiunta, oggi in Italia, c’è una forte dipendenza dalle importazioni; questo problema rende ancora più centrale, se possibile, l'attività agricola, ed è incrementato anche da una destinazione sempre maggiore della Sau alla produzione di energia.
Il sistema agrivoltaico in questo contesto, si inserisce quindi come una soluzione a diversi paradigmi della moderna società, proponendo un’azienda agricola diversa da quella a cui siamo abituati e caratterizzata da una diversificazione dell’attività dell’imprenditore: si parla quindi di multifunzionalità.
Impianto semplice o avanzato?
Nicoletta Muzio, analista presso il Gse (Gestore dei Servizi Energetici) ha spiegato la differenza tra un impianto agrivolatico “semplice” e uno “avanzato”.
Con il primo termine si intende l’adozione di impianti fotovoltaici che consentono di adottare soluzioni con l’obiettivo di preservare la continuità dell’attività di coltivazione. La seconda definizione, invece, prevede anche l’impiego di soluzioni integrative e innovative che consentono l’introduzione, all’interno dell’azienda, di sistemi tecnologicamente avanzati, come gli strumenti a servizio dell’agricoltura di precisione.
Muzio ha parlato poi del Decreto direttoriale n. 123 del 27 marzo 2025, mediante il quale il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) ha disposto la riapertura dei termini per la selezione delle iniziative meritevoli degli incentivi previsti dal decreto Agrovoltaico n. 436 del 22 dicembre 2023.

Ovviamente, un sistema complesso di questo tipo richiede delle ben precise e definite condizioni costruttive e spaziali e deve rispettare delle condizioni di esercizio. Per questo, è necessario adottare un sistema di monitoraggio che acquisisce un aspetto gerarchico: un monitoraggio cosiddetto "primario" si occupa di verificare e garantire solamente la produzione di cibo ed energia, mentre un sistema “secondario” raccoglie dati e parametri che ci permettono di determinare se il processo di produzione dei beni presenta delle criticità.
Due aziende virtuose
Il sistema agrivoltaico, si è detto nella parte finale del convegno, necessita di due risorse: il sole, risorsa rinnovabile, e il suolo che invece non la è, e che deve essere preservata per le future generazioni. Ma c'è già chi, tenendo conto di questi principi, ha integrato con successo l'agrivoltaico nella sua azienda agricola.
Il primo è il progetto “Vigna agrivoltaica di comunità”, nato in Puglia nel 2009, in collaborazione con le Università di Verona e Bari. In questo caso, i sistemi energetico e agronomico sono stati modificati per accoppiare la produzione di energia a quella di vino: parti del vigneto, sono state realizzate in cemento, a supporto dei pannelli solari, che sono stati posti a due metri circa di altezza, per non intralciare le operazioni colturali.

L’ombreggiamento del 40% che ne deriva ha consentito di ottenere delle uve con caratteristiche diverse rispetto a quelle diffuse nella regione, con vini che più somigliavano a quelli del Nord Europa.
La seconda storia è quella dei fratelli Beirtenberger, che nella provincia di Treviso coltivano kiwi biologico, all’ombra di un impianto fotovoltaico da 100 kW. La crisi climatica, accoppiata alla moria delle piante negli ultimi anni a causa della diffusione delle batteriosi, ha fatto sì che i due imprenditori decidessero di reinventarsi, accoppiando la produzione di energia alla coltivazione di una pianta arborea che, effettivamente, è originaria degli umidi boschi della Cina, e che quindi può solo avvantaggiarsi delle condizioni imposte dai pannelli fotovoltaici.

L’incontro ha insomma richiamato la possibile necessità di ripensare l’azienda agricola, necessità a volte impellente a causa della crisi climatica che stiamo vivendo.