Le cose cambiano, a volte, molto velocemente e la velocità con cui le società riescono ad adattarsi al cambiamento determina la vittoria o il fallimento di queste ultime. Questa è la situazione in cui si trovano Italia, Europa e il resto del mondo. Gli sconvolgimenti globali provocati dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina stanno mettendo in crisi una serie di certezze, che dal dopoguerra a oggi hanno indirizzato le scelte politiche legate agli approvvigionamenti di commodity e all’agricoltura.
L’idea che abdicare alle produzioni di base, come ad esempio combustibili, acciaio e alimenti, con la convinzione che il mercato globale avrebbe sempre offerto tutto il necessario a un costo economico e sociale molto più basso rispetto a una produzione locale, ha preso sempre più piede in Europa.
Sempre meno produzione
Da questa convinzione, dal mio punto di vista sbagliata, sono nate una serie di politiche che hanno via via allontanato l’agricoltura e l’allevamento dalla loro funzione principale: garantire la sicurezza alimentare in ogni condizione. Cioè non far mancare cibo abbondante e a basso costo per tutti.
Politiche che negli ultimi 30 anni hanno continuamente spinto nella direzione di una riduzione delle produzioni. Risultato ottenuto sovvenzionando sistemi agricoli dagli alti costi e poco produttivi e imponendo stringenti regolamentazioni agli altri, che aldilà del buon senso, hanno imbalsamato il nostro sistema agricolo, rendendolo inefficiente e poco competitivo rispetto ad altri, tanto da rendere necessario un continuo supporto economico per permettergli di continuare a esistere.
Più fantascienza che scienza
Ora, visto quanto sta accadendo, ad esempio sul gas e in generale sull’energia, ci si aspetterebbe che qualcuno a Bruxelles si ponesse dei dubbi sulla validità di queste politiche.
E invece no, il processo che sta portando alla nuova Pac 2023-2027 continua come se nulla fosse successo. Questo si evince dal fatto che una quota importante del sostegno al reddito sia legata agli eco-schemi: un assoluto concentrato di ideologie lontane dalla realtà che nulla hanno a che fare con le necessità di un continente che a cui si dovrebbe dare per prima cosa sicurezza alimentare.
Leggendo gli eco-schemi proposti in Italia è drammatico rilevare che ad esempio non ci sia nulla per sostenere le produzioni di mais, soia e cereali a paglia, importantissimi per alimentare tutta la filiera agroalimentare italiana. Mentre al contrario ci siamo fondi ingenti (500 €/ha), per la creazione di prati fioriti per gli insetti impollinatori. La cosa la dice molto lunga su quanto chi ha ideato queste politiche sia distante dalla realtà.
Prima che sia troppo tardi
È di tutta evidenza che questa programmazione pensata per un’altra era geologica, forse addirittura mai esistita, ci porterà enormi problemi e per questo andrebbe prima fermata e poi completamente ripensata, in una direzione che porti per prima cosa verso un’indipendenza alimentare dal resto del mondo. Come? Favorendo e implementando sistemi agricoli efficienti e produttivi che sfruttino tutte le tecnologie che la scienza ci mette a disposizione per garantire oltre alla quantità necessaria anche una reale e non burocratica sanità dei prodotti alimentari. Cosa che nelle “fattorie di Nonna Papera” che i burocrati di Bruxelles vorrebbero come nostro modello di riferimento, non è assolutamente possibile.
La sensazione è che il treno sia lanciato e nonostante i segnali chiarissimi nessuno sia in grado di fermalo. Ma attenzione, che la fine del binario si vede molto bene.
L'autore è imprenditore agricolo e membro del Comitato tecnico scientifico di Edagricole
Discutere e ripensare è una buona cosa, ma ci vuole rispetto reciproco. Nell’apprestarsi a discutere di questi temi le parole usate in questo articolo da Giuseppe Elias per definire la nuova PAC non si pongono per nulla nella propensione alla discussione.
Parrebbe che in tanti non abbiano letto la Farm to fork, dove non si parla solo di agricoltura e ambiente, ma anche di alimentazione, e credo che il nodo principale stia lì, nel regime alimentare. Mi pare assurdo invocare la sicurezza alimentare producendo di più e su più terreno, che è un obiettivo irraggiungibile se il regime alimentare medio degli europei non cambia.
Grazie Giuseppe Elias per alzare il sipario sulla situazione attuale , ci apprestiamo alle semine 2022 e il 5% della superficie deve essere a riposo ovvero per chi non è agricoltore , non deve essere coltivata . A questo punto spero che la guerra svuoti gli scaffali dei supermercati ,in modo da svegliare tutti , 40 anni di prezzi pressochè piatti ,carne cereali latte ,con una burocrazia oltre ogni limite, molte persone pensano che si producano le derrate alimentari nel supermercato .
Condivido totalmente e pienamente quanto scritto da Giuseppe Elias!
Era ora che qualcuno come me manifestasse chiaramente l’incopetenza degli estensori della nuova Pac!
Ho un azienda di 1000 ettari e coltivo cereali, e vedersi obbligati a coltivarne la metà con “nettarifere e impollinifere” per rincorrere lauti aiuti, è per Noi Agricoltori Professionali, MORTIFICANTE! Avrei piacere di comunicare in privato con il Sig. Giuseppe Elias….
Cordiali saluti.