Agricoltura 4.0 e innovazione genetica, ricerca, blockchain, sostenibilità e formazione. Sono alcuni dei numerosi temi affrontati in occasione del primo convegno nazionale “Agrifood Tech 5.0 Summit”, organizzato a Roma da The Innovation Group. All’incontro, che ha visto il coinvolgimento di Terra e Vita come media partner, hanno preso parte organizzazioni, Istituzioni, aziende, cooperative. Il dibattito ha cercato di dare risposte alla domanda delle domande, ossia: alla luce degli attuali scenari di crisi, e alle future sfide in campo europeo e nazionale, come può il settore agroalimentare essere più produttivo, competitivo e sostenibile? Unanime la risposta emersa dal convegno, in una parola: innovando.
Patuanelli: «Innovazione e sostenibilità il centro della progettualità»
«L’obiettivo primario è creare le condizioni favorevoli per consentire alle aziende di investire sul futuro. Stanno per partire i nuovi bandi sul Parco agrisolare, sui contratti di filiera e quelli regionali sull'ammodernamento dei frantoi oleari. Proseguono inoltre i lavori per realizzare il piano della logistica e la misura relativa alla meccanizzazione agricola, ed è stata già stata pubblicata la graduatoria relativa agli interventi irrigui». Lo ha affermato il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, in apertura dell'evento. Il ministro ha spiegato che le misure che stanno per essere attivate dal Mipaaf per il Piano nazionale di ripresa e resilienza dovranno essere caratterizzate da un elevato tasso di innovazione tecnologica e orientate a obiettivi di sostenibilità ambientale, come anche il piano strategico della nuova Pac, in corso di finalizzazione, che mette in primo piano il tema del progresso tecnologico.
«Dobbiamo superare la frammentazione del sistema di conoscenza e formazione e rendere disponibili le nuove tecnologie alle aziende, supportandole nell'adozione operativa e quotidiana al fine di permettere loro di sviluppare nuove strategie produttive», ha concluso Patuanelli.
Martina, Fao: «Puntare su strumenti organizzativi dei sistemi agricoli italiani»
Maurizio Martina, vicedirettore Fao, riferendosi al delicato periodo storico che porterà inevitabilmente a una serie di cambiamenti epocali, ha sottolineato l’urgenza di «accompagnare gli investimenti e rendere sostenibile e praticabile questo percorso. Per farlo serve puntare su modelli organizzativi dei sistemi agricoli italiani. E’ necessario supportare l’implementazione tecnologico-digitale del settore. O ci sono strumenti organizzativi che consentono di unire le forze, di investire insieme, o sarà difficile compiere questa svolta necessaria in un contesto territoriale oggi così frammentato».
Carrozza, Cnr: «Concentrare le conoscenze nell’ambito del biotech»
«Oggi parliamo del futuro dell’agricoltura con l’obiettivo di produrre cibo sostenibile e per tutti. Quello praticato fino ad ora è un modello insostenibile. La risposta è l’innovazione tecnologica, ma ad ampio spettro. L’agricoltura dipende dal biotech, dobbiamo concentrare le conoscenze in genetica e biotech, altrimenti sarebbe una evoluzione zoppa. C’è bisogno di una visione interdisciplinare». Così Chiara Carrozza, presidente Cnr, che ha ricordato che il Centro nazionale di ricerca è pienamente coinvolto nel Pnrr.
Giansanti: «Investire nel digitale e nelle infrastrutture»
«Abbiamo un basso livello di digitalizzazione delle aziende agricole italiane, poco più dell’1% al sud e del 2% nelle isole. Solo 112 comuni sono cablati. Ancora prima di agritech dobbiamo parlare del ritardo tecnologico-digitale italiano. Serve un piano infrastrutturale del Paese. Ancora oggi manca il 5G nelle città. Dobbiamo promuovere la cultura digitale tra gli agricoltori e stimolare un modello di conoscenza evoluta.
C'è poi la tematica dei big data, fondamentali per dare maggiore competitività agli agricoltori. Solo attraverso il precision farming potremo produrre di più e secondo modelli più sostenibili. La proprietà dei dati diventa dunque rilevante: devono rimanere agli agricoltori, ma essere aggregati su piattaforme in macro-scala. Dobbiamo costruire modelli nazionali per trasferimento di tecnologie».
Prandini: «L'innovazione è grande opportunità. Puntare su Tea e blockchain»
«L’innovazione è fondamentale per il futuro dell'intero comparto e del Paese - ha affermato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini -. Le Tea rappresentano la frontiera da perseguire. Dobbiamo riuscire ad ottenere l'autorizzazione per la messa in campo di queste tecnologie nel minor tempo possibile. Nel Regno Unito e in Israele lo stanno già facendo. L’Europa ha posto la discussione nel 2023. Ancora una volta vuol dire arrivare in ritardo. Se l’Europa non sarà in grado di autorizzarle in tempi brevi rischiamo che tutto ciò che riguarda la ricerca e lo sviluppo delle sementi possa poi trovare una facile delocalizzazione in altri paesi. Lo scontro bellico ci insegna che questo non è più un sistema perseguibile.
Un altro tema importante riguarda la blockchain. Le piattaforme alle quali ci dovremmo appoggiare per conservare e proteggere i dati sono solo due oggi, una cinese e una statunitense. Mai come in questo momento la gestione del dato sarà fondamentale per ciò che riguarda la tutela e la salvaguardia dei nostri processi produttivi. L’Europa non può dunque venir meno rispetto ad un'esigenza che riguarda l’agricoltura e l’agroalimentare, ma anche tutto il sistema produttivo di ambito comunitario».
Mercuri: «I dati devono essere resi pubblici»
«L’implementazione digitale in agricoltura agevola tutte le fasi della filiera. Oggi la digitalizzazione è stata implementata nelle macchine agricole, ma dobbiamo investire anche su robotica e sensoristica. Di pari passo è fondamentale investire nel cablaggio. Un sistema aggregante è fondamentale per questo tipo di sviluppo. Il recupero dei dati servirà per attuare la crescita dell’innovazione. I dati devono essere resi pubblici, solo così possiamo sviluppare un vero sistema integrato rispetto alla digitalizzazione. La politica deve incentivare gli investimenti collettivi». Ha spiegato il presidente, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Giorgio Mercuri.
Vaccari, Crea: «Obiettivo economic self-security»
«L’Italia agricola ha bisogno di una politica di economic self security. Dobbiamo sostituire le parole self-security con economic self-security, per reagire alle crisi mondiali. L’Italia non ha problemi di approvvigionamento di cibo, ma di garantire il funzionamento delle sue filiere produttive. Noi siamo un Paese capace di produrre valore, non meramente cibo. Dobbiamo mettere in sicurezza le nostre filiere per superare i blocchi delle importazioni e le carenze di materie prime». Lo ha affermato il direttore generale del Crea, Stefano Vaccari, specificando altri due punti cruciali per la crescita del settore: «il genome editing: serve fare ricerca in campo. E la formazione. Il capitale umano fa la differenza in azienda ancora di più rispetto ai sensori. Nessun sensore è utile se l’imprenditore non ne percepisce l’utilità».
Vacondio, Federalimentare: «Importante ogni anello della filiera. Non esiste un nemico, ma la possibilità di creare valore»
«Per sfruttare la 4.0 abbiamo bisogno di costruire valore. Per noi momento difficilissimo. Lo shock energetico impatterà per anni in modo spaventoso. Dobbiamo produrre valore, altrimenti non si può fare nessuna innovazione. Non esiste un nemico, o un capro espiatorio, esiste invece la possibilità di creare valore aggredendo i mercati esteri, cosa che come industria alimentare abbiamo fatto raddoppiando il fatturato nel giro di dieci anni», ha precisato il presidente di Federalimentare Ivano Vacondio.
Pagliardini, Agea: «Nuova Pac, baricentro erogazione dalla conformità alla performance»
«Agea produce anche dati. Li raccoglie sfruttando diverse tecnologie, comprese le più recenti, come la costellazione Copernicus dell'Unione europea, che ha consentito di avviare in fase sperimentale un monitoraggio preventivo sul territorio italiano - ha spiegato il direttore generale di Agea Gabriele Papa Pagliardini -. Oggi siamo arrivati a monitorare oltre 400mila aziende. Siamo ad un livello di innovazione irreversibile che sarà obbligatorio dal 2023 per tutte le aziende che utilizzeranno i fondi Pac. Il processo evolutivo è molto spinto dalla nuova Pac, che individua un nuovo modello di governo della politica agricola e che sposta il baricentro dell'erogazione dalla conformità alla performance.
Agli agricoltori serve stabilità di fronte a tutte le variabili esterne e le risorse diventano sempre più importanti. Per questo stiamo lavorando alla creazione di un serbatoio di dati per tutta la filiera produttiva, perché pensiamo che la forza della conoscenza aiuti nelle scelte strategiche sia per il pubblico che per il privato», ha concluso Papa Pagliardini.
Frascarelli «L’agricoltura smart è il futuro»
«Il consumatore chiede prodotti che fanno bene alla salute e comprendono risparmio, praticità e ambiente. I driver dell’economia sono i consumatori. Oggi non basta più mettere una bandiera italiana sui cibi. Il consumatore vuole maggiori informazioni e il digitale lo permette. La Farm to Fork va in questa direzione, mira ad un sistema agroalimentare sostenibile con vantaggio per la salute, chi la critica sbaglia. Questa strategia si può perseguire solo attraverso l'innovazione, ossia puntando su un’agricoltura smart che significa: robotica, blockchain e genomica. Come gestire queste tecnologie? Ogni impresa deve individuare qual è quella per lei più utile per portare valore aggiunto ai prodotti come chiede il cittadino». Così, il presidente di Ismea Angelo Frascarelli.
Ferrari, Italmopa: «Democratizzare l’innovazione»
«È importante la redistribuzione del valore in ogni anello della filiera. Quando parliamo di sostenibilità, dobbiamo guardarla a 360°, attraverso l'innovazione. Ad esempio la piattaforma Granoscan, molto semplice e disponibile, permette attraverso una foto alla pianta di comprendere quale malattia è presente. C'è la possibilità di ricevere anche previsioni meteo personalizzate. Dobbiamo assolutamente democratizzare questa innovazione. Spesso gli agricoltori se non sono stimolati a usare le nuove tecnologie non ne capiscono l’utilità». Ha sottolineato il presidente di Italmopa Associazione Industriali Mugnai d’Italia, Emilio Ferrari.
Cattivelli Crea, «Non c’è agricoltura senza genetica»
«Non c’è agricoltura senza genetica. La genetica ha portato tanti tipi di innovazione in termini di capacità di produrre cibo. Modificare le piante ha permesso di raddoppiare la produzione. La genetica non solo garantisce il cibo ma innova il prodotto aumentando, per esempio, la shelf life dei cibi di settimane, o producendo frutta senza semi». Ha detto il direttore del Crea Centro di Ricerca Genomica e Bioinformatica, Luigi Cattivelli.
«Oggi la sfida dell’agricoltura è legata al cambiamento climatico. Il trend è chiaro: aumento della temperatura e minori piogge. Inverni più caldi accelerano la crescita delle piante. Coltivare i frumenti antichi nel futuro non ha base scientifica.
Le conoscenze genomiche rappresentano asset strategico, chi le ha in mando guida l’evoluzione dell’agricoltura. Come si fa a fare genomica? Sequenziando e poi usando la bioinformatica, gemellata con la genomica, che serve a spiegare. Poi si devono misurare in modo preciso i caratteri. Cruciale investire nella fenotipizzazione.
Il genome editing induce mutazioni in modo preciso e mirato. Se muto qualcosa posso ottenere qualcos'altro di utile. Per esempio, se tolgo un gene che limita la pianta X, questa cresce di più. Possiamo quindi produrre mele resistenti alla ticchiolatura o uva resistente all’oidio e peronospora.
Il Dna serve anche per tracciare la qualità. I dati di laboratorio non sono equivalenti ai dati di campo, per cui - ha concluso Cattivelli - avere una normativa che consenta la sperimentazione in campo è fondamentale».
«L'Agrifood del futuro? Tech»
Roberto Masiero, presidente e co-founder The Innovation Group, dando appuntamento al prossimo summit previsto a ottobre p.v., in chiusura dei lavori ha puntualizzato che per l’agrifood del futuro sarà determinante investire in genomica e biotecnologie, così come nel digitale e nell’energia verde.