Gli agricoltori pugliesi potrebbero rinunciare alla semina del grano duro. Non ci sono alternative se i prezzi continueranno a scendere ancora o si manterranno ai livelli attuali. È l’allarme di Cia-Agricoltori Italiani Puglia e Confagricoltura Puglia, contenuto in una nota congiunta, in risposta alla caduta continua, dai primi dello scorso agosto, dei prezzi del grano duro.
Prezzi grano duro in calo continuo dai primi di agosto
Alla Borsa merci di Foggia le quotazioni per il grano duro fino (prezzi intesi all’ingrosso, franco partenza Iva esclusa) del 21 settembre oscillavano da 477,50 a 482,50 €/t, mentre le quotazioni del 3 agosto u.s. andavano da 525,00 a 530,00 €/t: il calo è di quasi 50,00 €/t! Per le due organizzazioni agricole, a causa del crollo dei prezzi del grano duro, “tra pochi mesi gli agricoltori rinunceranno a seminare il nostro cereale di punta e, di qui a un anno, l’Italia sarà molto più dipendente dall’estero anche per l’elemento principe della pasta italiana. La corsa al ribasso deve essere fermata, per questo abbiamo chiesto alla Regione Puglia e all’assessore all’Agricoltura Donato Pentassuglia la convocazione urgente del Tavolo cerealicolo, per mettere insieme tutti i soggetti della filiera cerealicola, produttori, stoccatori, mugnai e pastai, e porre fine alle speculazioni in atto”.
Convocare Tavolo cerealicolo per bloccare speculazione
Il timore che i prezzi calino ulteriormente sta spingendo molti produttori a vendere senza coprire i costi di produzione. Perciò, sostengono Cia e Confagricoltura, “l’agricoltura non può essere lasciata nelle mani degli speculatori. Serve un punto di equilibrio che garantisca la giusta remunerazione del prodotto agli agricoltori e assicuri la sostenibilità economica agli anelli successivi della filiera, cioè stoccatori, mugnai e pastai. Convocare subito il Tavolo cerealicolo è necessario a percorrere ogni strada possibile per evitare che la corsa al ribasso dia il colpo di grazia alle nostre aziende agricole e danneggi tutta la filiera”.
Prezzi troppo bassi di fronte ad aumento costi e calo rese
Nelle Borse merci pugliesi il prezzo riconosciuto alla parte produttiva per il grano duro si attesta attorno ai 480 euro alla tonnellata. Una miseria, sostengono Cia e Confagricoltura, se quel prezzo viene rapportato da un lato ai costi di produzione (gasolio, agrofarmaci, fertilizzanti, ecc.) in forte crescita e dall’altro alla forte diminuzione delle rese: a Foggia, nella Bat e nel Barese la media dei raccolti è sprofondata, attestandosi attorno a una forbice di 20-25 quintali per ettaro.
“In media quest’anno i produttori hanno speso dai 1.200 euro in su (quasi il doppio rispetto allo scorso anno) per ogni ettaro coltivato a grano duro, mentre le rese in campo hanno registrato una perdita che varia dal 25 al 40 per cento. La filiera cerealicola mostra segnali di grave sofferenza. Qualora i prezzi corrisposti ai produttori dovessero ancora scendere, molti si troveranno costretti a decidere di non riseminare per la prossima stagione. Ricordiamo che la Puglia negli ultimi anni ha prodotto mediamente 9,5 milioni di quintali di grano duro, cioè il 30% della produzione nazionale, impiegando una superficie pari a 344.300 ettari. Se davvero l’Italia tiene alla sua eccellenza sulla pasta di semola di grano duro, con tutto ciò che ne consegue per quanto riguarda posti di lavoro, export e redditività, allora occorre che i produttori siano tutelati, perché in questi anni sono stati loro la parte più debole di una filiera che ha continuato a macinare profitti crescenti per tutti, tranne che per gli agricoltori”.