Con le elezioni del 25 settembre si è aperto un nuovo capitolo della vicenda politica italiana. Ancora una volta l’attenzione dei cittadini e delle imprese si rivolge verso la nuova compagine di governo, verso il sistema delle alleanze, le alchimie nella scelta dei ministri e l’elenco delle priorità. Le organizzazioni professionali e le associazioni di imprese tornano in pista per ritrovare le connessioni con gli organismi istituzionali, per presentare le proprie istanze, impostando una strategia che possa essere efficace per i settori rappresentati.
Un lavoro che dovranno cercare di svolgere con determinazione e celerità, ma che presenta aspetti paradossali perché nasce da quell’instabilità politica che caratterizza il nostro Paese più di qualsiasi altro in Europa. Per quanto riguarda la nostra Federazione, una strategia organica per il potenziamento della meccanizzazione agricola fu messa in campo già nel 2006 con il ministro dell’agricoltura Paolo De Castro, potendo confidare sulla sua indiscutibile competenza e sulla conoscenza del ruolo che la meccanizzazione stava assumendo nell’economia primaria. Il lavoro con il successivo ministro, Luca Zaia, portò al varo del decreto “rottamazione” del marzo 2010, appena un mese prima delle sue dimissioni e della nomina del nuovo titolare Giancarlo Galan, dopo il quale si sono succeduti altri sette ministri, con un livello di conoscenza del nostro settore non sempre adeguato. Nuove iniziative sono state assunte, in particolare sul tema della sicurezza, con il ministro Gian Marco Centinaio, che tuttavia ha potuto svolgere il proprio mandato per un tempo limitato.
Editoriale di Terra e Vita 29/2022
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Dal 2006 a oggi abbiamo contato ben dieci titolari del dicastero agricolo. Analogo discorso può essere fatto per i ministeri dell’economia e dell’ambiente, che pure hanno competenza sulle questioni che riguardano il nostro settore. I partiti politici di appartenenza sono stati i più diversi, e differenti sono le priorità che ogni esponente ha voluto assumere nello svolgimento del proprio compito, contribuendo così a paralizzare le politiche di settore. Non desta sorpresa, dunque, che dopo il 2010 non sia stato più varato un piano organico per la sostituzione dei mezzi meccanici obsoleti, e che la legge 221 del 2012, che dispone la revisione obbligatoria dei mezzi agricoli (ministro Mario Catania), non sia mai stata applicata. Dal 2012 al 2022 si sono succeduti altri cinque ministri dell’agricoltura, e nessuno di questi ha varato i decreti attuativi necessari per rendere operativa la disposizione di legge, con grave pregiudizio soprattutto per la sicurezza dei lavoratori agricoli.
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Oggi, i fondi per il rinnovo del parco macchine e per la revisione sono solo uno dei temi salienti per il comparto agromeccanico, che si trova a fronteggiare una crisi grave, legata ai mutamenti geopolitici, all’impennata del prezzo dell’energia, delle materie prime ferrose, delle plastiche e dei semiconduttori, oltre che dei trasporti e della logistica che spingono i costi di produzione ad un livello prima impensabile. Conseguenza diretta di questa situazione è la crescita dei listini e quindi il rischio di perdere competitività, soprattutto sui mercati internazionali dove assai più insidiosa si fa la concorrenza di Paesi come la Cina, l’India o la Turchia, che non hanno significative variazioni nel costo dei fattori energetici e possono attuare politiche di prezzo molto aggressive. Occorre insomma una strategia che leghi in modo coerente le politiche agricole con quelle industriali, che tenga conto della transizione energetica e nello stesso tempo delle dinamiche sui mercati esteri, dei trasporti, come della tenuta occupazionale del settore. Occorre, insomma, un interlocutore politico che abbia una visione organica, e una strategia, come minimo, di medio periodo.