La fertilizzazione è da sempre uno strumento indispensabile per garantire la nutrizione equilibrata dei vegetali per garantire la sicurezza alimentare, in termini di possibilità universale di accesso a una quantità di cibo sufficiente per una vita dignitosa (food security) e la qualità, intesa come igiene e salubrità alimentare (food safety).
Infatti, la fertilizzazione deve rispondere alle esigenze di salvaguardia della salute dell’uomo, degli animali, del suolo, delle acque e dell’aria cioè dell’ambiente, così come chiaramente stabilito dalle norme di settore (dlgs. 75/2010; reg. Ue 2019/1009; reg. Ue 2018/848).
Articolo tratto da Terra e Vita 1/2023
Abbonati e accedi all’edicola digitale
La fertilizzazione non può e non potrà prescindere dall’utilizzo razionale e parsimonioso delle risorse naturali, con particolare riguardo alle non rinnovabili. Il contrasto al preoccupante calo di sostanza organica dei suoli dovrà essere un obiettivo primario per l’agricoltura presente e del futuro. Pertanto, l’economia e la bioeconomia circolare dovranno essere la stella polare che dovrà guidare lo sviluppo di nuovi prodotti fertilizzanti. La riduzione dell’uso di risorse non rinnovabili, i costi dell’energia cresciuti esponenzialmente, i recenti eventi bellici nel cuore dell’Europa hanno fatto prepotentemente emergere la forte dipendenza fra costi dell’energia, in particolare del gas, e costi dei fertilizzanti minerali di sintesi.
Il recupero e il riciclo di risorse rinnovabili in agricoltura, principio cardine per ottenere carbonio organico e nutrienti da sottoprodotti e rifiuti, attraverso opportuni trattamenti, diventa un percorso obbligato e oggi più che mai imprescindibile.
Manca la consapevolezza
Affermare che la sostanza organica del suolo sia la chiave di volta della fertilità del terreno dovrebbe essere del tutto scontato, ma nella realtà così non è. Nonostante l’enorme quantità di lavori scientifici ed evidenze tecniche che supportano inequivocabilmente questa tesi, non c’è neppure consapevolezza diffusa fra gli stessi agricoltori.
Gli indiscutibili successi produttivi ottenuti nei decenni post bellici con le concimazioni a base chimica hanno fatto ritenere, a torto, che si potesse trascurare l’apporto di sostanza organica. Ciò è dipeso, in gran parte, dal fatto che i suoli beneficiavano di secoli di fertilizzazioni basate sull’apporto di letame maturo, ricco di sostanze umiche stabili alla mineralizzazione. Pertanto, i suoli erano caratterizzati da un’ottima riserva di carbonio organico (humus) che, tuttavia, nel corso dei decenni è andato via via sottigliandosi, specie nei Paesi dell’area mediterranea. È ormai accettato a livello scientifico che quando il contenuto in C organico del suolo scende al di sotto dell’1% (Corg < 1%) inizia il rischio di desertificazione. Nella figura 1 è riportata la situazione a livello europeo, nei 28 Paesi prima della Brexit.
Come è facile osservare dalla figura 1, molte aree del nostro Paese sono caratterizzate da presenza di C organico inferiore all’1% (corrisponde orientativamente a circa 1,7% di sostanza organica), quindi a potenziale rischio di desertificazione.
L’erosione del suolo è un’altra piaga che affligge la gran parte dei territori italiani, come è facile verificare dalla carta dei Paesi dell’Ue (figura 2). In particolare, l’Italia è il Paese più colpito: le aree colorate in rosso sono le più erose, poi a scendere l’arancio, il giallo e infine il verde senza fenomeni apprezzabili. Contrastare l’erosione del suolo si può, ma prima di tutto occorre creare le condizioni all’interno del terreno assicurando una giusta dotazione di sostanza organica, la sola a creare aggregati stabili, migliorare la porosità e il drenaggio. I suoli più poveri di sostanza organica per ragioni pedoclimatiche sono localizzati proprio nell’area mediterranea, quindi a maggiore rischio endogeno di erosione.
Cambiamenti climatici
Le variazioni della temperatura media dell’aria a livello globale che si sta traducendo in un riscaldamento globale avrà ripercussione anche a livello locale, sulla componente organica del suolo, sulla dinamica della mineralizzazione del C e dell’azoto (N) organici, e più in generale quindi sulla disponibilità degli elementi nutritivi.
Prendendo in esame la temperatura media del periodo di riferimento (1961-1980), corrispondente alla linea dello zero (figura 3), tra il 1880 e il 1940 sono stati registrati sempre valori medi inferiori (istogrammi in blu), con valori minimi intorno al 1910, mentre a partire dalla fine degli anni ’70 le temperature medie sono risultate sempre superiori allo zero di riferimento.
Occorre sottolineare che un aumento della temperatura media dell’aria, fra le altre ripercussioni ambientali, comporterà anche una maggiore mineralizzazione della sostanza organica del terreno, quindi un suo calo del contenuto nel suolo e una maggiore emissione di anidride carbonica (CO2). In sostanza, a causa del riscaldamento globale, dovremo fronteggiare un ulteriore calo del contenuto della sostanza organica e delle sostanze umiche (humus) del suolo. Una notizia non certo positiva per i suoli e la loro fertilità.
Apporto di sostanza organica
Pertanto, è necessario procedere con interventi agronomici che consentano un aumento del contenuto della sostanza del suolo e di apporti fertilizzanti che siano coerenti con l’obiettivo. Ma come fare oggi quando la disponibilità di letame maturo è scarsa, spesso mal distribuita sul territorio per la concentrazione dei capi in grandi allevamenti e in progressiva diminuzione dei capi allevati, e in aree territoriali specifiche? È evidente che, non potendo fare a meno della sostanza organica, occorre guardare a biomasse alternative e talvolta molto lontane per origine dal letame.
La bioeconomia, definita come l’economia che usa le risorse biologiche rinnovabili come materiali per la produzione energetica, industriale, alimentare e mangimistica (Commissione Europea), può dare una grossa mano. Nella bioeconomia circolare tutto è risorsa, inclusi gli scarti. La bioeconomia è riconosciuta come un’opportunità per rispondere alle sfide ambientali, alla scarsità delle risorse, al cambiamento climatico, alla desertificazione e alla degradazione dei suoli, consentendo allo stesso tempo sviluppo economico e creazione di posti di lavoro, anche in aree marginali e/o a rischio abbandono, mettendo al centro la salute e il benessere dei cittadini.
Il recupero e il riciclo di risorse rinnovabili in agricoltura, principio cardine per ottenere carbonio organico e nutrienti da sottoprodotti e rifiuti, attraverso opportuni trattamenti, diventa un percorso obbligato e oggi più che mai imprescindibile.
Rifiuti e sottoprodotti a base organica possono contribuire alla fertilità, funzionalità e salute dei suoli in sicurezza? La risposta è sì, ma solo se inseriti nel contesto della (bio)economia circolare e all’interno delle norme di settore. Solo i fertilizzanti inseriti negli allegati di queste norme, sia nazionali (per es. dlgs. 75/2010) ed europea (reg. Ue 2019/1009) possono garantire che qualsiasi prodotto nelle normali condizioni d’uso non ha effetti negativi sulla salute dell’uomo, degli animali o delle piante o sull’ambiente. Questo principio è la conditio sine qua non per impiegare qualsiasi prodotto fertilizzante, ai sensi delle norme di settore: dlgs. 75/2010 e reg. Ue 2019/1009.
Articolo tratto da Terra e Vita 1/2023
Abbonati e accedi all’edicola digitale
Termovalorizzazione con molta cautela
I vantaggi del recupero di biomasse di scarto/rifiuto sono riconducibili al recupero della sostanza organica, di nutrienti da fonti rinnovabili e del fosforo inorganico e organico, alla non termovalorizzazione che evita l’emissione in atmosfera di CO2, di N sottoforma di NOx, di zolfo (S) di SOx e di trasformare anche il fosforo (P) organico in P inorganico, non biodisponibile. Ciò significa che per recuperare C organico e nutrienti l’imperativo è termovalorizzare solo i materiali contenenti sostanze indesiderate in concentrazione tale che non possono trovare impiego in agricoltura neppure dopo processo.
L’apporto al terreno di sostanza organica aumenta la dotazione di enzimi, incrementando la funzionalità del suolo e la fertilità, contrasta l’erosione e incrementa lo stock di carbonio. La fertilizzazione è razionale quando riesce a conservare o migliorare la fertilità e funzionalità del suolo ed è in grado di contrastare l’erosione del terreno e il decremento di contenuto di sostanza organica del suolo.