Una coltura che fa bene all’ambiente e al clima.
L’impronta di carbonio del nocciolo è talmente lieve da rendere il corileto il battistrada ideale per l’avvio di un approccio colturale rigenerativo. La conferma viene dalla conferenza internazionale “Resilienza e sostenibilità della coltivazione delle nocciole” organizzata da Dip. Safe dell’Università della Basilicata, Rete d’impresa Basilicata in guscio e Ferrero HCo a Potenza nel corso della prima edizione di Agriworld.
Meglio del prato stabile
Il carbonio sequestrato dal noccioleto nel suolo e nella massa arborea arriva infatti a 3,1 t/ha all’anno nel caso di un impianto adulto. Lo conferma lo studio presentato da Valerio Cristofori dell’Università della Tuscia.
«La conversione da prato stabile a noccioleto – spiega – determina all’inizio delle perdite di carbonio organico dal suolo per le ripetute lavorazioni». «Una tendenza che si inverte nel tempo: dopo circa 30-35 anni il contenuto di carbonio organico del suolo è superiore a quello del prato stabile in fase di pre-impianto». «Ciò indica la capacità del corileto di sequestrare carbonio nel medio-lungo termine, contribuendo a mitigare gli effetti negativi degli eccessi di CO2 nell’atmosfera».
Articolo tratto da Terra e Vita 18
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I progressi della genetica
Performance amplificate dall’adozione di corrette tecniche di gestione sostenibile del nocciolo.
«Raccolta, spollonatura e fertilizzazione – elenca Nadia Valentini dell’Università di Torino – possono essere le operazioni più costose nella gestione del nocciolo». La messa a punto di portinnesti non polloniferi consentirebbe di ridurre notevolmente l’incidenza di questa operazione. Nelle prove in corso a Torino alcune selezioni clonali di incroci interspecifici tra Corylus colurna e C.avellana sembrano le più promettenti a questo riguardo.
In fermento anche l’attività di miglioramento genetico delle varietà commerciali. «L’obiettivo – testimonia Daniela Farinelli dell’Università di Perugia – è quello di sviluppare nuovi genotipi con migliore resa e qualità ma anche resilienza al climate change». Sono in corso prove per verificare l’adattabilità di nuove cv come Tonda Francescana, Tonda Etrusca, Daria o Volumnia nei diversi areali di coltivazione italiani. Una soluzione per realizzare all’interno del corileto un modello di economia circolare viene dall’agroforestry.
Le prove di Carlo Cosentino dell’Università della Basilicata dimostrano infatti la possibilità di abbinare l’allevamento turnato di ovaiole per far tornare i conti dal punto di vista economico e ambientale soprattutto nei primi anni dopo l’impianto.
Nuovi punti chiave
Esperienze che, assieme ad altri riscontri, stanno aiutando Ferrero Hco a mettere a punto una prima proposta di un modello di agricoltura rigenerativa da applicare al nocciolo.
«Le linee guida di produzione sostenibile – spiegano Tommaso De Gregorio e Federico Laudazi di Ferrero Hco – che abbiamo già messo a punto si basano su tre principi guida: diritti umani e pratiche sociali; protezione dell’ambiente; trasparenza».
I punti chiave che potrebbero costituire il modello di coltivazione rigenerativa sono:
- difesa integrata,
- divieto di bruciatura dei residui di potatura,
- presenza di aree non coltivate per garantire la biodiversità,
- irrigazione e fertilizzazione di precisione,
- copertura permanente del suolo,
- monitoraggio del suo contenuto di sostanza organica.
Le filiere del Sud
Primi impianti nel 2018, primi raccolti nel 2023 e nel 2024 è attesa la piena produzione o quasi. Le filiere corilicole nate grazie al progetto di Ferrero HCo che ha visto come partner Edagricole stanno producendo i primi frutti. Giuseppe Coletta e Donato Lisanti della Rete Basilicata in guscio, tra gli organizzatori di Agriworld, raccontano che i soci sono oggi arrivati a 87 e che le prime produzioni spiccano per la qualità organolettica e commerciale.
Risultati analoghi a quelli descritti da Mario Caligiuri della rete Calabria in Guscio, partita però un anno dopo rispetto alla vicina Basilicata.