La coltivazione del fico (Ficus carica) di recente ha riscosso un certo interesse nelle aree frutticole meridionali ma è presente con produzioni di nicchia anche nelle aree collinari più settentrionali. Il rinnovato interesse verso questa coltura purtroppo si scontra con l’ennesimo arrivo di una specie invasiva esotica: il punteruolo nero (Aclees taiwanensis).
Un coleottero di origine asiatica
Si tratta di un coleottero corculionide di origine asiatica (Giappone, Cina e Taiwan) arrivato in Italia e in Francia attraverso gli scambi commerciali, probabilmente con l’importazione di bonsai di Ficus retusa di provenienza asiatica.
Il punteruolo nero, infatti, attacca varie piante del genere Ficus spp., siano esse ornamentali o, ciò che più preoccupa nel nostro paese, frutticole come il fico comune. Nel nostro Paese il punteruolo è stato segnalato per la prima volta nel 2005 nella zona di Pistoia. Oggi la specie è segnalata e diffusa in Toscana, Lazio, Liguria, Lombardia, Veneto, Marche, Umbria, Emilia-Romagna e Puglia.
Per quanto riguarda il resto dell’Europa, solamente in Francia sono stati segnalati, nel 2019, esemplari acclimatatisi in natura nei dipartimenti del Varo e dell’Alta Corsica. Per ora si tratta di infestazioni localizzate e distribuite a macchia di leopardo sul territorio in quanto l’assenza di continuità fra le aree di coltivazione del fico ostacola la diffusione della specie.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Danni sulla pianta
Il ciclo biologico dell’insetto è strettamente legato al fico da cui dipende sia per la nutrizione sia per la riproduzione.
La specie compie due generazioni all’anno; la prima da maggio-giugno e la seconda da settembre-ottobre anche se gli adulti del punteruolo nero sono già attivi nelle prime giornate soleggiate di primavera. Gli esemplari dell’ultima generazione possono svernare come adulti, cercando riparo dal freddo, o come larve e pupe protette all’interno del legno del tronco e delle radici. Dopo l’accoppiamento le femmine depongono le uova in forma singola nella corteccia degli alberi, scavando, con un rostro, dei piccoli solchi nella zona del colletto. Le ovideposizioni sono scalari, quindi all’interno di una stessa pianta si possono trovare larve di diversa età e pupe, con una conseguente sovrapposizione delle generazioni e una contemporanea presenza di tutte le fasi del ciclo vitale.
Le larve sono xilofaghe e scavano gallerie di alimentazione nel tronco e nelle radici superficiali delle piante di fico, compromettendo il flusso del floema e portando alla morte la pianta nel giro di 2-3 anni. Sulla pianta infestata, in questa fase si possono notare delle colature di rosura bagnata di colore arancio/marrone chiaro che fuoriescono dalla corteccia Una volta raggiunta la maturità, il punteruolo si impupa superficialmente sotto la corteccia.
La difesa
La difesa chimica è sostanzialmente inapplicabile in quanto non esistono insetticidi registrati su fico per contrastare il punteruolo nero. Alcuni composti organici volatili sembrano avere un buon potenziale come attrattivi e se ne ipotizza un utilizzo in trappole per il monitoraggio e/o per la cattura di massa degli adulti, ma attualmente non c’è nulla in commercio.
Per ora quindi bisogna accontentarsi di una lotta preventiva, mirata ad individuare ed eliminare tempestivamente i primi focolai di adulti di A. taiwanensi. Per avere una conferma della presenza dell’infestazione, occorre controllare il tronco e le radici della pianta in cerca dei punti di ingresso delle larve ricercando le colature di rosura bagnata di colore arancione-marrone chiaro che fuoriescono dalla corteccia.
Al momento, l’unico metodo per eliminare le larve è quello meccanico, trafiggendole ove sia possibile raggiungerle, infilando un filo di ferro nei fori. La tempestività dell’operazione è essenziale sia per limitare i danni delle larve sia perché più l’esemplare cresce, maggiore è la lunghezza della galleria e quindi diventa sempre più difficile è raggiungerlo. Per proteggere piante indenni si possono impiegare anche delle reti a maglia fitta da apporre nella zona del colletto per impedire l’accesso del curculionide nell’area dove depone solitamente le uova.