In Capitanata è alto il rischio di una forte riduzione della superficie coltivata a grano duro per l’annata 2023-2024. Una prospettiva della quale sono razionalmente coscienti gli agricoltori foggiani. Esemplare in tal senso è la segnalazione di Rino Mercuri, produttore di grano duro in agro di Incoronata (Fg), che stima in almeno un 20% la riduzione di superficie seminata a grano duro nel Foggiano. E motiva la stima con fatti concreti.
Grano duro in Capitanata, meno 20% per rotazione triennale e mercato negativo
«La Regione Puglia ha concesso una deroga all’obbligo di rotazione biennale previsto dalla nuova Pac 2023-2027 e ha disposto che la rotazione sia triennale. Questa implica comunque una diminuzione della superficie seminata, che io, da ciò che sento in giro da altri agricoltori, stimo almeno in un 10%.
Un altro 10% in meno sarà dovuto, ad avviso mio e di altri agricoltori, al negativo andamento di mercato del grano duro, e si registrerà soprattutto nelle aree della provincia di Foggia in cui c’è disponibilità di acqua irrigua e dove, quindi, è possibile coltivare ortaggi, cioè in tutta la pianura dauna, il Tavoliere.
Dove invece l’alternativa è costituita dalle leguminose, il calo della superficie a favore di favino, cece, ecc. sarà minore, perché le leguminose già entrano nella rotazione».
Mercuri: «Solo l’aiuto Ue fa mettere qualcosa in tasca»
Mercuri parla a ragion veduta, perché egli stesso ha ridotto la superficie coltivata a grano duro dai 50 ettari della scorsa annata ai 35 della presente.
«Con gli attuali elevati costi di produzione e i prezzi di mercato del grano duro fino, quello di migliore qualità, pari a 37-38 €/q, il grano duro non è più una coltura conveniente. Stimando una resa media di 30 q/ha, buona per il Foggiano, la produzione lorda vendibile è pari a poco più di 1.100 €/ha. Con costi di produzione di almeno 1.000 €/ha, rimane in tasca un reddito netto di circa 100 €/ha! Poco, per l’investimento fatto. Bisogna affidarsi all’aiuto comunitario, pari a circa 180 €/ha, per iniziare a mettere qualcosa in tasca! E questo è un calcolo fatto considerando una resa media di 30 q/ha. Se invece va come nell’annata scorsa, con una resa media di 25 q/ha e anche meno, ai modesti prezzi attuali la Plv è inferiore ai costi di produzione e bisogna attingere all’aiuto Ue per compensare parte di questi. Ecco spiegate le ragioni del rischio che quest’anno la superficie seminata precipiti».
Grano duro, prezzi in stallo e troppo bassi
Del rischio concreto che la delusione degli agricoltori per la sperequazione fra costi e ricavi li porti a ridurre le semine è consapevole anche Gennaro Sicolo, presidente di Cia Puglia e vicepresidente nazionale di Cia Agricoltori Italiani.
«Le quotazioni del grano duro italiano sono caratterizzate, negli ultimi mesi, da uno stallo dei prezzi e da un loro livello ancora troppo basso. La questione del valore ai produttori cerealicoli per il loro grano duro, con un impegno a favorire condizioni per una più equa distribuzione del valore aggiunto lungo la filiera, resta centrale, ma purtroppo in questo senso non ci sono ancora delle misure concrete da parte del governo nazionale. Il rischio è che, mancando redditività, gli imprenditori agricoli rinuncino alla semina e disinvestano».
Sicolo: «Aspettiamo pieno avvio misure di Granaio Italia!»
Sicolo sostiene di apprezzare, come frutto dell’impegno del governo, l’operatività del piano straordinario di controlli nei porti italiani sul grano importato e la riattivazione della Commissione sperimentale nazionale sul prezzo del frumento. Ma ribadisce che quanto fatto finora non basta.
«Riguardo alla tutela dei produttori e al rafforzamento della redditività della cerealicoltura italiana, il governo deve fare molto di più. I cerealicoltori italiani stanno ancora aspettando il pieno avvio di tutte le misure contenute in Granaio Italia, con l’attivazione del Registro telematico e di tutte le misure sulla tracciabilità del grano duro importato in Italia. Il governo deve attivare gli strumenti adeguati a certificare e garantire provenienza, qualità e salubrità del grano duro che arriva nei porti italiani. Deve, con tutti i soggetti del comparto, impegnarsi per favorire i contratti di filiera che valorizzano la qualità del grano italiano, riconoscendogli la giusta valutazione di mercato. I contratti di filiera sono uno strumento importante per incentivare concretamente la produzione di grano duro italiano, così da diminuire la dipendenza dalle importazioni. Infine invito il governo a promuovere una campagna di sensibilizzazione, rivolta ai consumatori, per sostenere l’acquisto e il consumo di pasta 100% italiana, realizzata interamente con grano duro prodotto in Italia. La questione grano duro è importante, profondamente connessa con la sicurezza alimentare dei consumatori e la sovranità in campo agricolo delle nostre produzioni».