Il governo di Ankara ha dichiarato il bando all’importazione di grano estero a partire dl 21 giugno 2024, con durata del divieto fino a ottobre 2024. La decisione è stata motivata con la volontà di proteggere il mercato interno da eccesive diminuzioni di prezzo alla produzione, considerate le previsioni di un abbondante raccolto. La limitata durata del provvedimento coniugherebbe due obbiettivi. Il primo è evitare che i cereali siano colpiti da eccessivi cali di prezzo nel momento in cui le industrie di trasformazione operano le coperture dei fabbisogni per l’export di prodotti nel primo trimestre di campagna. Il secondo è mantenere la competitività dell’industria locale, una volta ridotto significativamente il volume di merce nazionale, con l’importazione dall’estero.
Buona notizia per i cerealicoltori italiani?
Questo comportamento della Turchia, che resta uno dei principali importatori di grano, potrebbe introdurre nei mercati dell’area del Mediterraneo una fluttuazione delle quotazioni in aggiunta alla già spiccata volatilità che si registra da mesi sulle piazze internazionali. Nel breve periodo a risentirne maggiormente sarà la Russia, che oltre a essere il maggior fornitore della Turchia, in passato aveva triangolato via Istanbul carichi destinati anche all’Europa.
Con stime di raccolto leggermente inferiori al 2023 la Russia, che si conferma il principale attore negli scambi mondiali di grano 2024/25, aveva sostenuto la recente ripresa dei prezzi, ma oggi dopo l’annuncio della Turchia i mercati di oltre oceano, con in Cbot, tornano a flettere sul breve periodo.
Ma se le autorità turche hanno da un lato chiuso la porta all’import di grano, dall’altro hanno riaperto quella all’export di farine (chiusa dal settembre 2018) e da novembre tutto dovrebbe rientrare nella piena normalità per buona pace del loro storico partner commerciale russo e qualche preoccupazione per l’Europa che ha ancora vive i riflessi dell’inatteso export di grano duro turco-russo del luglio 2023.