La continuità con il passato ma anche la flessibilità di gestire l’evoluzione della normativa, del progresso tecnologico e le incertezze legate ai cambiamenti climatici. La sostenibilità come valore fondamentale e obiettivo di un percorso ormai decennale, i vincoli delle politiche green sul comparto e i nuovi progetti. Sono alcune delle priorità indicate da Paolo Tassani, nuovo presidente di Agrofarma, l’associazione nazionale delle imprese degli agrofarmaci che fa parte di Federchimica.
Quali sono le linee programmatiche del nuovo mandato? Ci sarà una continuità con l’operato precedente?
«Come associazione dobbiamo, da una parte, mantenere continuità, proseguendo nel percorso da tempo avviato di apertura al confronto e al dialogo con tutti i portatori di interesse. Dall’altra è necessario anche essere in grado di evolversi per poter rispondere alle sfide di un settore in evoluzione continua nel positivo o negativo. Uno degli impegni principali del mio mandato riguarderà sicuramente la comunicazione».
Spesso si parla di agricoltura senza conoscerla.
«Infatti, dobbiamo saper raccontare l’agricoltura nella maniera più veritiera possibile, svincolata dalle fake news e dai falsi miti che spesso sono diffusi nell’opinione pubblica. Frequento l’associazione da più di vent’anni, con ruoli diversi, e l’ho sempre vissuta dall’interno e in maniera partecipata. I colleghi hanno scelto di affidarmi il mandato dei prossimi due anni partendo, appunto, proprio dalla richiesta di dare continuità a questo percorso di Agrofarma in rappresentanza di un gruppo di 31 aziende che oggi valgono il 95% del mercato degli agrofarmaci».
Come si è mossa Agrofarma per gestire l’obiettivo della sostenibilità?
«Dal nostro punto di vista è necessario coniugare la sostenibilità ambientale, ma anche economica e sociale, cercando di fare il massimo con il minimo dispendio. In questo caso, ovviamente, la tecnologia oggi ci aiuta. Un esempio a questo proposito arriva dai dati relativi alle vendite di agrofarmaci: negli ultimi dieci anni in Italia si sono ridotte del 12%. Nello stesso periodo, le vendite di prodotti che contengono sostanze attive utilizzabili in agricoltura biologica sono raddoppiate. Questo ci dice chiaramente che l’agricoltura integrata non è particolarmente distante da quella biologica».
Merito soprattutto dell’agricoltura di precisione?
«È chiaro come si sia andati verso una riduzione della quantità grazie anche all’impiego di nuove tecnologie di precisione che consentono di applicare gli agrofarmaci esattamente al momento opportuno. Anche il rinnovamento delle macchine irroratrici ha fatto fare un salto di qualità in questo ambito perché quelle all’avanguardia vanno a colpire il bersaglio con maggiore precisione, riuscendo ad abbattere la quantità di prodotto utilizzato anche al 50 e 60%. Tutti questi progressi, tuttavia, sono possibili solo supportando anche il l’aggiornamento e la formazione continua per gli agricoltori, al fine di favorire una sempre continua professionalizzazione».
Per quanto riguarda, in particolare, l’innovazione del settore quanto investe Agrofarma?
«Noi abbiamo avviato circa un anno fa un progetto che si chiama Osservatorio Agrofarma che raccoglie periodicamente dati ufficiali che trattano del mondo degli agrofarmaci, utilizzabili da chi si occupa di informazione e divulgazione. Nell’ultimo lancio abbiamo presentato, appunto, i dati relativi alla nostra ricerca e sviluppo: in Italia, le imprese associate ad Agrofarma investono ogni anno più di 30 milioni, pari a circa il 3% del fatturato, che è esattamente il doppio di quanto investe il comparto industriale secondo i dati Istat».
Qual è stato l’impatto delle politiche green dell’Unione europea sulle imprese che aderiscono ad Agrofarma?
«Negli ultimi anni la proposta di Regolamento Uso Sostenibile, definito con l’acronimo Sur (Sustainable use of pesticides regulation), è stato al centro della nostra attenzione perché potenzialmente poteva avere un impatto sull’agricoltura molto rilevante. Il testo proposto, tuttavia, non teneva sufficientemente conto dei risultati già raggiunti dalla nostra agricoltura, ma partiva da assunti più ideologici. Sicuramente la transizione ecologica rappresenta quello che anche gli agricoltori vogliono, perché sono i primi che hanno interesse a preservare la fertilità del suolo per garantire un futuro per le giovani generazioni».
Come si è mossa l’associazione in questa direzione? Ci sono nuovi progetti?
«Come associazione cerchiamo di partecipare al dialogo a livello europeo attraverso l’Associazione CropLife Europe che riunisce le imprese di settore. L’associazione si è impegnata ad investire entro il 2030 dieci miliardi nello sviluppo di nuovi soluzioni digitali e quattro miliardi nello sviluppo di agrofarmaci impiegabili nel bio, che vengono anche chiamati “biosolution”, quindi prodotti che hanno un’origine magari naturale e che possono essere utilizzati anche in agricoltura biologica. L’industria guarda all’innovazione, ma, ovviamente, anche alla domanda di mercato in modo da soddisfarne le esigenze. È molto importante, pertanto, continuare ad avere un dialogo, un tavolo di condivisione degli obiettivi insieme agli agricoltori e ai consumatori».
Considerando, allora, la riduzione dei principi attivi imposta dall’Unione europea è ancora possibile oggi difendere efficacemente le colture?
«Si hanno a disposizione molti meno strumenti, ma si hanno, purtroppo anche molti più nemici, ossia parassiti che col cambiamento climatico, trovano magari un ambiente ospitale nelle nostre campagne. Abbiamo spesso sentito parlare di cimice asiatica o di Xylella, ma ci sono anche numerosi insetti alieni o malattie che arrivano e si sviluppano per origini diverse. Negli ultimi dieci anni si sono dimezzate le sostanze attive disponibili, che sono la base poi dei formulati commerciali, mentre le nuove impiegano tempi lunghi, di otto-dieci anni, per completare il percorso di registrazione e richiedono investimenti enormi».
E nel frattempo cosa si può fare?
«Nell’attesa bisogna considerare anche che la norma può cambiare. Un prodotto deve essere registrato, inoltre, sulla singola coltura, quindi in questo senso è necessario investire anche per la registrazione di prodotti per le cosiddette colture, come nel caso del basilico ligure. Avendo a disposizione poche sostanze che attaccano il bersaglio sempre con una stessa modalità o si rischia, inoltre, anche di generare resistenze».
Le imprese di Agrofarma, comunque, non si occupano solo di difesa delle colture.
«Certo, non esiste solo la necessità di difenderle dall’attacco di parassiti e malattie, ma esiste in ogni azienda anche una divisione che si occupa di digitalizzazione, quindi di precision farming. Diverse Imprese aderenti ad Agrofarma hanno, inoltre, anche un reparto impegnato nella nutrizione delle colture. La pianta, come qualsiasi altro organismo vivente, ha bisogno di alimentarsi, quindi, ha la necessità di fertilizzanti per il terreno e stimolanti, o di induttori di resistenza. Il nostro obiettivo è fare in modo che gli imprenditori agricoli possano portare a casa un raccolto che sia sano, ma anche soddisfacente come resa e, quindi, sostenibile, economicamente. Non dimentichiamo, infine, l’ambito delle biotecnologie. Alcune delle nostre imprese, infatti, sono impegnate nello sviluppo della ricerca di nuove varietà colturali attraverso le nuove tecniche genomiche».