È emergenza idrica nel sud Italia, mentre al nord continuano a verificarsi danni da maltempo. A lanciare un nuovo allarme è Anbi, associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue.
«In soli due giorni, tra il 21 ed il 22 luglio scorsi - rende noto il report dell’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche - in Italia ci sono stati 54 eventi meteorologici estremi tra grandinate anomale, nubifragi, trombe d’aria e raffiche di vento, che hanno provocato la caduta di alberi e danni alle abitazioni. Le piogge più violente hanno colpito le Marche ed il Friuli con cumulate fino a 110 millimetri a Casarsa della Delizia in poco più di un’ora».
Osservatorio Anbi sulle risorse idriche
Vediamo in dettaglio la situazione regionale riportata nell'Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche del 23 luglio 2024.
In Puglia
A segnalarlo è il report dell’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche, che evidenzia, però, come l’immagine più eclatante della settimana sia quella dell’invaso di Occhito, un bacino da 250 milioni di metri cubi d’acqua, posto tra le regioni Molise e Puglia, a servizio dell’agricoltura del Tavoliere (noto come “il granaio d’Italia”) e, al contempo, fonte preziosa di risorsa destinata all’uso potabile, immessa nell’acquedotto pugliese. «In soli 8 giorni - sottolinea Anbi - ha visto ridursi i propri volumi di oltre 15 milioni di metri cubi; la diga sul fiume Fortore ne trattiene adesso solo 77 milioni circa e, d’ora in poi, l’acqua dell’invaso servirà quasi esclusivamente per l’uso potabile, facendo prevedere che, per la metà di agosto, la Capitanata non avrà più risorsa per irrigare i campi. In totale negli invasi foggiani restano meno di 94 milioni di metri cubi d’acqua (in una settimana si sono svuotati di ulteriori 16 milioni) e a preoccupare grandemente è la possibilità che, come avvenuto negli scorsi anni, il periodo secco si prolunghi fino agli inizi di Novembre per poi essere interrotto dall’irrompere di eventi meteorologici estremi (in questi giorni nubifragi e trombe d’aria hanno già investito alcune località del Barese e del Tarantino).»
Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi), rimarca: «È reale il rischio di vedere inaridita la pianura foggiana, così come ampie porzioni di territorio salentino».
In Abruzzo
«In Abruzzo - proseguono da Anbi - dopo il prosciugamento del bacino di Penne (mln.mc. 8,80 per l’irrigazione delle valli del Tavo e del Saline), anche l’acqua dell’invaso di Chiauci si esaurirà entro metà Agosto (1000 litri al secondo vengono erogati, oltre che per l’agricoltura della Piana del Trigno, anche per l’uso civile nei comuni costieri di San Salvo e Vasto). Stessa sorte per i territori della valle Peligna dove, a causa delle esigue portate fluviali, si registrano crescenti difficoltà a ricaricare le vasche d’accumulo, nonostante da ormai un mese si effettuino turnazioni ed interruzioni nel servizio di distribuzione. Che l’attuale crisi idrica in Abruzzo sia senza precedenti è dimostrato anche dalle esigue portate delle sorgenti in territori, come quelli ai piedi della Maiella, che mai hanno sofferto per mancanza d’acqua: è il caso dell’acquedotto di Capo Vallone o della sorgente Verde, che stanno registrando le portate più basse mai raggiunte e la cui produzione riesce a soddisfare ormai solamente il 75% del fabbisogno per la popolazione di quei territori».
In Sicilia
«Sulla Sicilia, a fine giugno - fa presente Anbi - le precipitazioni cumulate in 12 mesi sono state mediamente mm. 414, cioè un solo millimetro in più rispetto a quanto registrato durante la grande siccità del 2002. Su larga parte della Sicilia orientale il deficit pluviometrico supera il 60% su base annua (-mm. 300 ca.). Gli invasi regionali trattengono circa 267 milioni di metri cubi d’acqua (38,21% del volume di riempimento autorizzato e 42% in meno sulla media del periodo nello scorso quindicennio), di cui solamente mln.mc. 122 ca. sono però realmente utilizzabili (al netto dei volumi utili alla fauna ittica, dell’interrimento e del cosiddetto “volume morto”). Sull’isola, 6 bacini su 29 non hanno più acqua utilizzabile, altri 6 hanno disponibile meno di un milione di metri cubi e 4 meno di due milioni. Dal più recente verbale dell’Autorità di Bacino regionale si evince che Gela non potrà ricevere alcun genere d’irrigazione, considerata la totale indisponibilità di volumi negli invasi Cimia, Disueri e Comunelli; questo comprometterà la campagna di semina e di produzione nella Piana. Tutti i comuni della provincia di Caltanissetta stanno subendo riduzioni nella distribuzione idrica, mentre ad Enna l’acqua potabile viene erogata un giorno sì e due no; nell’Agrigentino, per i terreni irrigui di Ribera, si sta cercando di salvare gli agrumeti, operando trasferimenti di risorsa irrigua dal sistema Prizzi-Gammauta all’invaso Castello. Nel Ragusano si registra un repentino calo dei livelli piezometrici delle sorgenti ormai quasi prosciugate; il gestore sta attivando turnazioni per l’erogazione idrica. Il comprensorio del Calatino è quello, che sta subendo i disagi maggiori: rispetto al 2023 si registra un abbassamento della falda di circa 15 metri ed una riduzione della portata emunta da 1.200 litri al secondo a l/s180 (!); la soluzione adottata è l’abbassamento del livello di prelievo ed è stato richiesto ai Comuni di emettere ordinanze che vietino l’utilizzo d’acqua potabile per irrigazione e piscine, nonchè la riduzione delle portate durante le ore notturne. La sorgente Fiumefreddo, con una concessione di l/s 900, fornisce acqua al 70% del territorio comunale di Messina attraverso due distinte captazioni: in una, il livello si è talmente abbassato da far ipotizzare che tra poco la sorgente non erogherà più acqua (Fonte: Autorità di Bacino del distretto idrografico della Sicilia). L’acqua è razionata anche a Palermo, capoluogo regionale. Le piogge dei giorni scorsi hanno solo lambito l’estremo lembo nord-orientale dell’isola con cumulate fino a mm. 28 nel Messinese, lasciando però a secco il resto dei territori siciliani».
In Sardegna
«In Sardegna - spiega Anbi - le dighe trattengono 1048 milioni di metri cubi d’acqua, cioè il 57% del volume autorizzato. Gli invasi dell’Alto Cixerri sono al 13,59% dei volumi invasabili (stato d’emergenza). Tutti gli altri bacini, fatta eccezione per quello della diga del Liscia in Gallura, sono a livello di pericolo e quindi applicano riduzioni nell’erogazione idrica. I territori, che maggiormente soffrono la sete, sono le campagne della parte centro-orientale dell’isola: Ogliastra e Nuorese, così come il Sulcis. L’irrigazione è stata interrotta nel distretto di Posada, dove il bacino di Maccheronis è al 26,8% della capacità e nelle campagne di Torpè, Siniscola, Budoni e San Teodoro».
In Calabria
In Calabria, nel Vibonese, secondo Anbi la diga di Alaco trattiene il 71% dei volumi invasabili, mentre quella del Menta, che dà da bere a Reggio Calabria, è ferma al 40%.
In Basilicata
«In Basilicata, in una settimana - prosegue Anbi - le dighe hanno rilasciato 12 milioni e mezzo di metri cubi d’acqua: un quantitativo superiore di circa 600.000 metri cubi a quanto erogato 12 mesi fa durante il Luglio più caldo della storia; rispetto all’anno scorso mancano nei bacini lucani ben 208 milioni di metri cubi d’acqua, mentre Matera è stata allagata da un nubifragio violentissimo».
In Campania
In Campania, gli invasi del Cilento trattengono complessivamente oltre 13 milioni di metri cubi: l’anno scorso era disponibile il doppio dell’acqua, anche se le piogge dei giorni scorsi hanno fatto alzare i livelli idrometrici dei fiumi.
In centro Italia
«Risalendo la Penisola - fa presente Anbi - il Lazio vede la decrescita inarrestabile dei livelli dei suoi laghi: in quello di Albano, l’altezza idrometrica si è ulteriormente ridotta, perdendo 20 centimetri in 3 mesi, nonostante i 78 millimetri di pioggia, caduti ad inizio luglio sul bacino tra i comuni di Rocca di Papa e Castel Gandolfo; calano anche i livelli dei bacini di Bracciano, che scende a -cm.113 contro -cm.92 del 2023 e di Nemi, che in un anno ha perso cm. 56. La portata del fiume Tevere è scesa a mc/s 76,41 ,quando la media del periodo dovrebbe attestarsi a circa 130 metri cubi al secondo; cala anche l’Aniene, mentre crescono le portate di Fiora e Velino.
In Umbria il lago Trasimeno è sempre più asciutto e la sua altezza ora è di ben 25 centimetri inferiore al livello, sotto cui non dovrebbe mai scendere (-cm. 120). Un brusco crollo di portata si registra nel fiume Topino, mentre restano invariati i livelli di Paglia e Chiascio. Tutto ciò, nonostante la regione sia stata vittima di violente grandinate proprio nei territori del bacino del Trasimeno a dimostrazione che questi fenomeni estremi non influiscono sulla ricarica dei corpi idrici.
Le Marche, colpite da nubifragi lungo la fascia centrale litoranea e collinare (a Jesi, quasi 100 millimetri di pioggia in un’ora; ad Osimo, mm. 68 in un’ora e mezza), vedono scendere i livelli dei fiumi Potenza ed Esino, che registrano portate tra le più basse del decennio; gli invasi trattengono acqua per quasi il 74% della loro capacità.
In Toscana, c’è una drastica riduzione di portata nel fiume Serchio, sceso sotto la media storica; in calo è anche l’Ombrone, il cui flusso è ora inferiore a quello minimo vitale.
Al nord
«In Emilia Romagna - rileva Anbi - tornano sotto le medie storiche, dopo un lungo periodo d’abbondanza idrica, le portate dei fiumi appenninici: il flusso idrico del Savio, sul cui bacino si registra una marcata carenza di piogge, è inferiore sia alle medie storiche che a quanto registrato nel 2023; lo stesso vale per Reno e Taro. Clamorosamente buona, invece, è la condizione dell’Enza, la cui portata attuale è superiore addirittura del 547% alla norma (fonte: Arpae).
In Liguria è in calo il livello del fiume Vara, mentre quelli di Entella, Magra ed Argentina restano sostanzialmente invariati questa settimana.
Oggi i grandi laghi trattengono volumi idrici, superiori anche a quelli invernali o primaverili di annate idrologiche umide. Il Maggiore, con un’altezza idrometrica registra un riempimento del 103,4%; il Benaco rilascia il massimo della portata erogabile, mentre il Sebino è solo 7 centimetri sotto al livello massimo storico (fonte: Enti Regolatori dei Grandi Laghi).
In 7 giorni, il fiume Po vede ridursi nettamente il flusso in alveo, mantenendo generalmente, però, portate al di sopra delle medie mensili.
In Piemonte si registra un surplus idrico, dall’inizio dell’anno idrologico, di ben il 44%! Questa settimana, però, le portate fluviali segnano una battuta d’arresto e, per la prima volta da molti mesi, la portata del Tanaro torna al di sotto della media del periodo.
In Valle d’Aosta una leggera decrescita si segnala per la Dora Baltea che però, grazie alla tuttora presente fusione delle riserve nivali in quota, continua a registrare portate superiori di oltre il 152% alla media; bene anche il torrente Lys con oltre 6,10 metri cubi di flusso al secondo.
Pure in Lombardia le riserve idriche sono ai massimi (+45%), grazie anche alla presenza ancora abbondante di neve sulle vette (indice Snow Water Equivalent: mln. mc. 427,4 ). La portata del fiume Adda è attualmente di circa 308 metri cubi al secondo, quando la media degli scorsi 6 anni era mc/s 173,5 (fonte: Arpa Lombardia).
Si riducono, infine, le portate dei fiumi veneti, il cui flusso resta consistente nella maggior parte degli alvei (Bacchiglione +29%, Brenta +16%, Livenza +36%) ed incredibilmente abbondante nell’Adige (mc/s 436, cioè +63% sulla media mensile). Il Piave, invece, scende sotto media pur in un anno straordinariamente ricco d’acqua nella regione, dove il surplus pluviometrico è finora del 53%!».
«L’odierna fotografia dell’Italia idrica – conclude Massimo Gargano, direttore generale di Anbi - è quella di un nord sovrabbondante d’acqua e di un centro sud arso dalla siccità, dove sono a rischio asset economici importanti quali l’agricoltura ed il turismo. Va assunta consapevolezza, ad ogni livello, che il clima è cambiato e che necessita un nuovo modello per il territorio, dove resilienza non può che accompagnarsi con manutenzione, infrastrutture ed innovazione».
Confagricoltura Puglia chiede lo stato di calamità
Così come nei giorni scorsi altre associazioni di categoria si erano espresse sulla situazione meteo, ora anche Confagricoltura Puglia fa sentire la sua voce e chiede alla Regione Puglia di «dichiarare lo stato di calamità naturale». L'organizzazione evidenzia «l'emergenza che migliaia di agricoltori stanno vivendo, colpiti duramente dall'ondata di caldo eccezionale e dalla crisi idrica che affligge la regione. Le temperature estreme delle ultime settimane e le precipitazioni quasi inesistenti in diverse zone - evidenzia il presidente Luca Lazzàro - hanno messo in ginocchio le aziende agricole, che nonostante tutto continuano con grande responsabilità a rifornire i mercati. Però, se non si interviene prontamente, si rischia il collasso di numerose imprese già in forte difficoltà».
Il caldo e la siccità del 2024 hanno avuto un impatto significativo sulle coltivazioni di grano. La scarsità d'acqua non solo limita alcune attività agricole, ma influisce anche sulla capacità del terreno di trattenere i liquidi, rendendo la terra impermeabile. La situazione, oltre a misure emergenziali - specifica il presidente di Confagricoltura Puglia - richiede un ripensamento dei modelli di pianificazione e governance, l'implementazione di politiche e strategie mirate per le aree rurali, e l'adozione di nuove tipologie di progettazione e intervento. È essenziale selezionare specie arboree idonee e sviluppare competenze professionali interdisciplinari, oltre a tecnologie innovative per la manutenzione del verde».