Trentino, nuove frontiere per i vigneti in quota

    vigneti in quota
    In un convegno svoltosi a Brentonico (Tn) si è discusso di aspetti agronomici, fenologici e commerciali della viticoltura sopra i 700 metri

    Il cambiamento climatico e la saturazione dei terreni in pianura spingono i vigneti sempre più in alto. Ma quali sono le implicazioni agronomiche, fenologiche e paesaggistiche per i vigneti in quota? E quali effetti hanno sulla qualità delle uve? Di questo si è parlato durante il convegno promosso e organizzato dall’azienda vitivinicola “Albino Armani Viticoltori dal 1607” svoltosi a Palazzo Eccheli Baisi a Brentonico (Tn). Il tema specifico è stato esplicitato dal titolo: “Il Monte Baldo trentino – un dialogo tra viticoltura e paesaggio di montagna”.

    A partire dalla necessità di meglio definire il rapporto tra il territorio montano del Monte Baldo e l’emergente attività di piantumazione di nuovi vigneti nella zona, la giornata ha trattato in modo approfondito il tema della diffusione della viticoltura in quota all’attenzione di amministratori pubblici, operatori del settore viticolo-enologico, studiosi e cittadini.

    Viticoltura e paesaggio

    Lo spunto per la realizzazione del convegno è arrivato dalla bonifica agraria realizzata da un’azienda agricola per realizzare un nuovo vigneto su una superficie di circa sette ettari, ricavati per la maggior parte su un prato-pascolo e in minima parte da un bosco ceduo, rispettando le norme prevista dalla legislazione europea, nazionale e provinciale.

    La giornata, articolata in due sessioni, è stata introdotta da Albino Armani. Nelle sue parole si è colto il senso e l’obiettivo del convegno: dare il giusto valore alla viticoltura sul Monte Baldo, aprendo un dialogo fra viticoltura e paesaggio, attraverso un confronto costruttivo fra i diversi protagonisti dell’espansione della viticoltura in quota.

    Attilio Scienza dell’Università di Milano, Duilio Porro della Fondazione Mach, l’enologo Andrea Faustini dell’Ufficio Tecnico di Cavit e Alessandro De Bertolini ricercatore del museo storico del Trentino hanno affrontato le questioni tecnico-scientifiche. Elisabetta Foradori (Cantine Foradori di Mezzolombardo), Giacomo Antonini (Azienda agricola Sondelaite di Brentonico), Luca Cavallaro (Ferrari di Trento) e Paolo Endrici (Cantina Endrizzi di San Michele all’Adige) sono intervenuti come imprenditori vitivinicoli. Per la parte di consulenza hanno parlato la sommelier Rosaria Benedetti, l’enologo Gianluca Telloli (Proposta Vini) e Michael Hock (Cantina Saint Jodern Kellerei – Vallese CH).

    Monte Baldo, un'antica vocazione viticola

    Gli interventi tecnico-scientifici hanno messo in evidenza la vocazione antica del Monte Baldo alla coltivazione della vite, ma hanno avuto il pregio di allargare il ragionamento sulla vocazionalità viticola di determinati ambienti montani e soprattutto di identificarne l’approccio valutativo, attraverso lo studio degli aspetti climatici (temperatura e piovosità) e pedologici, di giacitura e di esposizione (grado di insolazione). Non tutti gli ambienti montani sono teoricamente idonei. La quota e l’escursione termica costituiscono spesso un fattore limitante e pertanto vanno scelte con accuratezza varietà e portinnesti (anche in funzione dell’obiettivo enologico), forma di allevamento e sesti di impianto.

    È emersa la consapevolezza dell’esistenza di due spinte alla diffusione dei vigneti in quota: gli effetti del cambiamento climatico e la riduzione della superficie agricola disponibile in fondovalle. Infine, una parte dei nuovi vigneti ha trovato collocazione in aree ex agricole, coltivate in quota fino al secondo dopoguerra e poi abbandonate. Ambienti un tempo coltivati e ora abbandonati rappresentano un potenziale rischio di dissesto idrogeologico, a causa della mancata manutenzione di strade e muri e della carente regimazione delle acque.

    In questa fase di migrazione in quota, l’agricoltore deve prestare attenzione anche all’aspetto paesaggistico, come ha sottolineato Alessandro De Bertolini: «L’addomesticamento della natura circostante per opera dei coltivatori ha sempre determinato il passaggio da ambiente naturale a paesaggio colturale. Il superamento della “soglia psicologica” dei 700 metri di quota oltre la quale tradizionalmente gli impianti specializzati di frutteto e vigneto si fermavano, per lasciare lo spazio alla gestione zootecnica e a qualche impianto di ciliegio e di piccoli frutti, deve impegnare tutti gli attori in una programmazione e realizzazione coerente ed adeguata degli interventi».

    A questo proposito, tra i passaggi epocali che hanno caratterizzato il mutare del paesaggio naturale verso il contesto agricolo non possiamo dimenticare l’evoluzione verificatasi in Val di Non: nel corso degli ultimi cento anni si è passati da un'agricoltura di sussistenza all’introduzione della vite con la fondazione della prima cantina sociale nel 1893, successivamente alla coltivazione del pero e infine al paesaggio melicolo che caratterizza in modo esclusivo ed unico la vallata.

    Ce lo chiede il mercato

    Dal punto di vista dei progetti imprenditoriali, a partire dall’esempio della Cantina di Saint Jodern nel Canton Vallese Svizzero (che presenta alcune analogie con l’ambiente delle colline e montagne della Regione Trentino Alto Adige) è emerso l’interesse per collocare in quota nuovi impianti, in funzione anche di un mutato scenario commerciale, che privilegia prodotti enologici caratterizzati da elevata aromaticità e acidità.

    Trentino, nuove frontiere per i vigneti in quota - Ultima modifica: 2024-10-29T10:35:15+01:00 da Simone Martarello

    LASCIA UN COMMENTO

    Per favore inserisci il tuo commento
    Per favore inserisci il tuo nome