Il 18 marzo la presidenza irlandese cercherà un accordo per trattare con Commissione e Parlamento.
In occasione del prossimo
Consiglio agricolo Ue,
che si terrà il 18 marzo a
Bruxelles, la presidenza di turno
irlandese proverà a raggiungere
un accordo generale sulla
riforma della Pac, per poter avviare
in tempi brevi il confronto
con il Parlamento europeo.
L’obiettivo di fondo è quello
di chiudere la procedura legislativa
a giugno. Poi, servirebbe
circa un anno per la complessa
messa a punto dei regolamenti
esecutivi. Quindi, la nuova
Pac entrerebbe i vigore il
primo gennaio 2015, con un
anno di ritardo rispetto alle scadenze
che erano state fissate.
Su alcuni punti della proposta
di regolamento avanzata dalla
Commissione le posizioni
dei ministri restano ancora distanti.
Come nel caso della convergenza
tra l’importo degli aiuti
diretti erogati attualmente alle
imprese a livello nazionale.
Secondo l’esecutivo comunitario,
le differenze oggi esistenti
dovrebbero essere tagliate del
40% già nel primo anno di entrata
in vigore della nuova Pac,
con l’obiettivo di conseguire
l’allineamento totale nel 2019.
Una prospettiva che non piace
a un ampio numero di Stati
membri. Nel corso del Consiglio
di febbraio, la presidenza
irlandese ha presentato una proposta
di compromesso che ha
consentito significativi passi
avanti verso l’intesa. Nel 2019,
si legge nel testo della presidenza,
la convergenza potrebbe essere
solo parziale e non totale,
con una riduzione dei divari tra
gli importi limitata al 10% (rispetto
al 40 proposto dalla
Commissione) nel primo anno
della riforma. Questa proposta
della Presidenza è stata criticata
dal commissario europeo, Dacian
Ciolos: «È poco ambiziosa,
e soprattutto non assicura
un obiettivo minimo di convergenza
nel 2019».
La presidenza irlandese ha
pure proposto di riconoscere
agli Stati membri la facoltà di
accordare una maggiorazione
dei premi a favore di un certo
numero (ancora da definire) di
ettari a livello aziendale. Oltre
la soglia, invece, verrebbe applicata
una riduzione. In questo
modo, secondo la presidenza,
si potrebbe tenere conto dell’occupazione
e delle economie di
scala che realizzano le imprese
più grandi. In effetti, è stata
accolta una richiesta avanzata
nei mesi scorsi dalla Francia
che punta a favorire gli allevamenti
nella redistribuzione tra
settori produttivi degli aiuti diretti
Pac.
Oltre alla questione della
convergenza interna, la discussione
è ancora aperta anche sugli
aiuti che potranno restare
accoppiati alle produzioni.
«Con un aiuto uniforme a ettaro
– ha sottolineato il ministro
francese Stéphane Le Foll – i
produttori sono spinti a scegliere
l’assetto colturale più remunerativo.
E alcune produzioni
possono sparire. Per questo,
continuerò a sostenere la necessità
di mantenere un adeguato
livello di aiuti accoppiati». Italia
e Francia, infine, hanno chiesto
e ottenuto la possibilità di
escludere dal nuovo sistema le
superfici vitate.
Consiglio agricolo Ue,
che si terrà il 18 marzo a
Bruxelles, la presidenza di turno
irlandese proverà a raggiungere
un accordo generale sulla
riforma della Pac, per poter avviare
in tempi brevi il confronto
con il Parlamento europeo.
L’obiettivo di fondo è quello
di chiudere la procedura legislativa
a giugno. Poi, servirebbe
circa un anno per la complessa
messa a punto dei regolamenti
esecutivi. Quindi, la nuova
Pac entrerebbe i vigore il
primo gennaio 2015, con un
anno di ritardo rispetto alle scadenze
che erano state fissate.
Su alcuni punti della proposta
di regolamento avanzata dalla
Commissione le posizioni
dei ministri restano ancora distanti.
Come nel caso della convergenza
tra l’importo degli aiuti
diretti erogati attualmente alle
imprese a livello nazionale.
Secondo l’esecutivo comunitario,
le differenze oggi esistenti
dovrebbero essere tagliate del
40% già nel primo anno di entrata
in vigore della nuova Pac,
con l’obiettivo di conseguire
l’allineamento totale nel 2019.
Una prospettiva che non piace
a un ampio numero di Stati
membri. Nel corso del Consiglio
di febbraio, la presidenza
irlandese ha presentato una proposta
di compromesso che ha
consentito significativi passi
avanti verso l’intesa. Nel 2019,
si legge nel testo della presidenza,
la convergenza potrebbe essere
solo parziale e non totale,
con una riduzione dei divari tra
gli importi limitata al 10% (rispetto
al 40 proposto dalla
Commissione) nel primo anno
della riforma. Questa proposta
della Presidenza è stata criticata
dal commissario europeo, Dacian
Ciolos: «È poco ambiziosa,
e soprattutto non assicura
un obiettivo minimo di convergenza
nel 2019».
La presidenza irlandese ha
pure proposto di riconoscere
agli Stati membri la facoltà di
accordare una maggiorazione
dei premi a favore di un certo
numero (ancora da definire) di
ettari a livello aziendale. Oltre
la soglia, invece, verrebbe applicata
una riduzione. In questo
modo, secondo la presidenza,
si potrebbe tenere conto dell’occupazione
e delle economie di
scala che realizzano le imprese
più grandi. In effetti, è stata
accolta una richiesta avanzata
nei mesi scorsi dalla Francia
che punta a favorire gli allevamenti
nella redistribuzione tra
settori produttivi degli aiuti diretti
Pac.
Oltre alla questione della
convergenza interna, la discussione
è ancora aperta anche sugli
aiuti che potranno restare
accoppiati alle produzioni.
«Con un aiuto uniforme a ettaro
– ha sottolineato il ministro
francese Stéphane Le Foll – i
produttori sono spinti a scegliere
l’assetto colturale più remunerativo.
E alcune produzioni
possono sparire. Per questo,
continuerò a sostenere la necessità
di mantenere un adeguato
livello di aiuti accoppiati». Italia
e Francia, infine, hanno chiesto
e ottenuto la possibilità di
escludere dal nuovo sistema le
superfici vitate.