Due momenti del secondo workshop di Nova ad Agrilevante di Bari dedicato
al frumento duro.
Gli strumenti tecnologici ci sono tutti per rendere
economica la produzione di frumento duro dal Nord al Sud e ci sono anche nuove
opportunità di mercato da cogliere, con l'evolversi dei gusti e delle esigenze
della filiera agroalimentare e dei consumatori, ma occorre partire dalla
produzione in campo per ridisegnare una strategia vincente.
Il secondo workshop, coordinato da Michele Pisante presso lo stand espositivo Novagricoltura del
Gruppo 24 Ore, ha fornito una serie di indicazioni molto operative per poter
restituire al frumento duro lo spazio che merita, dal momento che la nostra
industria della pasta è costretta ad importazioni crescenti di prodotto di
qualità, per sopperire alle mancanze di casa nostra. Almeno una parte del mondo
della ricerca applicata in questi anni ha lavorato bene e ha prodotto una serie
di dati che si traducono in suggerimenti per gli operatori che desiderano stare
sul mercato e portare a casa un reddito soddisfacente.
Mosca, dell'università di Padova
che è capofila del progetto Ager( Agroalimentare e Ricerca): Sostenibilità
produttivo-ambientale, qualitativa ed economica della filiera frumento duro.
Partecipano al progetto le università di Teramo, Firenze e Parma con i
co-partner Pavan Map impianti e lo Spin off dell'università di Padova.
Dal Progetto Ager una
nuova agrotecnica
“Il mondo ha sempre più fame, dice
Giuliano Mosca, la Fao e la Ue spingono per un aumento della produzione
agricola, ma ci troviamo di fronte ad alcune criticità che vanno superate
cercando di rimuovere le cause che, per il frumento duro, sono: riduzione delle
scorte e della offerta, rallentamento della produzione, concentrazione del
prodotto nelle mani di pochi operatori mondiali, elevati costi della logistica
e crescente domanda di materia prima da parte delle bioenergie. Il tutto si
traduce nella eccessiva frammentazione della produzione e nella difficoltà di
generare un prodotto con caratteristiche omogenee. Il progetto Ager, a
conclusione di tre anni di lavoro, è in grado di offrire all'agricoltore un
nuovo sistema di produzione che si basa su questi elementi.
1) tecniche agronomiche
dinamiche che si adattano alla situazione aziendale, agli obiettivi produttivi
e all'andamento meteo dell'annata, basate sui sistemi di precisione e sulle
dosi variabili;
2) uso di indicatori ottici e modelli previsionali per
razionalizzare l'impiego dell'azoto e per pilotare l'ultima dose;
3) tecnologia
Nirs installata sulla mietitrebbia per determinare nel corso della raccolta il
valore proteico della granella e costituire lotti separati di prodotto in base
alla qualità.”
Rodolfo Santilocchi dell'università di Ancona
Il sodo fa aumentare
la fertilità del suolo
“Oltre 40 mila ettari di frumento duro nelle Marche, dice
Rodolfo Santilocchi, cioè il 60% del totale, vengono coltivate su sodo. Perche?
Semplice, gli agricoltori risparmiano sui costi, ottengono le medesime rese che
sul terreno arato e il terreno non subisce danni da erosione. Anche in
un'annata piovosa come l'ultima, il sodo ha fatto vedere i suoi benefici,
lasciando a disposizione delle piante l'azoto necessario alla coltura che, sul
terreno arato, è stato invece dilavato nelle falde. Si sono prodotti in media
oltre 50 ql/ha con tenore di proteine del 13,5% e punte anche di 70 ql/ha.
Grazie al sodo aumenta considerevolmente negli anni il tenore di sostanza
organica e c'è anche la possibilità di risparmiare sulle dosi di azoto.”
Michele Pisante dell'università di
Teramo autore del recente volume sull'agricoltura sostenibile pubblicato dal
Gruppo 24Ore.
I nuovi Psr dovranno premiare
l'agricoltore virtuoso
“L'industria molitoria, dice Michele Pisante, chiede tenori
elevati di proteine nei frumenti duri ma dopo anni di lavorazioni spinte
abbiamo distrutto la sostanza organica e la fertilità dei nostri suoli che non
può essere surrogata solo dalla concimazione minerale. Dunque occorre invertire
la rotta ed adottare percorsi produttivi più virtuosi, che restituiscano
fertilità al terreno e ci permettano di raggiungere gli obiettivi di qualità,
oltre che di quantità, che la filiera pretende dagli agricoltori. Le numerose
prove svolte in Capitanata e anche le tantissime aziende agricole che applicano
il sodo dimostrano che con queste tecniche di gestione del suolo, abbinate alla
giusta scelta varietale e a piani di difesa e concimazione adeguati, possiamo
raggiungere il 14% di tenore proteico richiesto contro una media attuale nelle
nostre zone del 10%. Oltre a questo riusciamo a sequestrare nel suolo notevoli
quantità di carbonio e limitare le emissioni di gas serra. Questi comportamenti
virtuosi dovranno però essere compensati all'agricoltore innovatore e il nostro
auspicio è che i prossimi Psr regionali non se ne dimentichino, come purtroppo è
successo sino ad oggi.”
Giuseppe De Mastro dell'università di Bari
Con il sodo, più
granella e più proteine
“Tre anni di attività sperimentale nella Murgia barese ha
messo a confronto la lavorazione tradizionale ( aratura e frangizollatura) con
la minima lavorazione (di scissura e frangizollatura) e il sodo.
I risultati dicono che:
1) su sodo
il frumento duro ha sempre prodotto di più. 50-60 ql/ha contro 38-53 della
minima e 35-59 dell'aratura. Migliora anche la qualità della granella ;
2) con
il sodo si ha una contrazione dei costi energetici di oltre il 50% rispetto
all'aratura;
3) con il sodo si emettono meno gas serra e si sequestrano alti
valori di carbonio;
4) il frumento duro si avvale in maniera considerevole
della rotazione con le leguminose.”