Quando si parla della famigerata cimice asiatica (Halyomorpha halys) si parla sempre del danno che provoca alle principali colture frutticole. In realtà le osservazioni di campo hanno evidenziato che la presenza delle cimici sulle piante da frutto è da considerarsi occasionale anche se produce danni molto rilevanti. Le cimici che si spostano sui frutteti, infatti, provengono inizialmente dalle siepi che contengono alcune delle essenze preferite (acero, salice, gelso, olmo e ailanto) ma poi provengono soprattutto da alcune colture erbacee come soia, mais e girasole.
Di norma queste colture erbacee vengono considerate solo come un “serbatoio” di insetti che da lì partono per colonizzare i frutteti limitrofi. La soia, in particolare, è indicata come la coltura più attrattiva per le cimici asiatiche e quella che accumula le popolazioni più elevate.
Pericolo per fiori e semi
Su questa coltura un primo aumento della presenza di cimici si ha generalmente a partire dalla fine di luglio ma le popolazioni più elevate si raggiungono nel mese di settembre e, se le temperature rimangono elevate, le presenze di cimici possono continuare anche nella prima quindicina di ottobre. Purtroppo, queste elevatissime popolazioni di cimici, non sono dannose solo per le colture circostanti, ma provocano danni molto elevati anche sulla soia.
Se la cimice asiatica arriva precocemente sulla coltura, infatti, con le sue punture di alimentazione provoca aborti fiorali. Attacchi più tardivi che avvengono nella fase di maturazione, invece, hanno riflessi direttamente sui semi che a seguito delle punture hanno un aspetto striminzito e spesso non maturano completamente. Il danno al seme diventa un calo produttivo che può essere anche molto elevato e dipende anche dalla dimensione delle aree coltivate a soia: appezzamenti piccoli generalmente hanno una percentuale di danno ben superiore ad appezzamenti di grandi dimensioni. A questo danno diretto va poi sommato anche il danno commerciale dovuto al fatto che, i semi danneggiati dalle punture della cimice, non possono essere commercializzati al pari di quello normali.
La sindrome dello stay green
Dove vi sono stati forti attacchi di cimice si è anche evidenziata una difficoltà di maturazione della soia che si può assimilare al fenomeno già conosciuto in bibliografia della sindrome dello stay green, e cioè la pianta non matura mai e tende a rivegetare continuamente. Il fenomeno è stato osservato soprattutto in alcune aree del nord est ma le segnalazioni hanno ormai raggiunto anche altre aree di coltivazione della Pianura Padana (Veneto ed Emilia-Romagna). Questo fenomeno è evidente soprattutto sui bordi degli appezzamenti ed è probabilmente legato alla maggiore presenza di cimici che si ha sulle aree periferiche. Quest’anno lo stay green ha impedito di trebbiare a molte aziende in quanto, ad ottobre avanzato, la soia non era ancora matura. Anche a causa di questi problemi il prezzo del prodotto è precipitato aggiungendo danno al danno.
I problemi della difesa
Il calo della redditività che si sta avendo negli ultimi anni a causa della presenza delle cimici, genera una grande preoccupazione per il futuro della coltura, anche perché la cimice asiatica continua a diffondersi e, al momento, mancano gli strumenti per contenerla in quanto non ci sono insetticidi registrati per questo impiego. Nel 2018 un formulato (“Epik Sl” a base di Acetamiprid) ha ottenuto l’uso eccezionale per l’impiego su cimice asiatica sulla coltura della soia ed è stato utilizzato in molte situazioni a rischio. Però, finito l’uso eccezionale, si torna tristemente al punto di partenza. Alla mancanza di prodotti si unisce le difficoltà nell’individuare il momento migliore per posizionare un eventuale trattamento visto che l’insetto è presente sulla coltura per un periodo molto lungo. Infine l’efficacia dei trattamenti è ridotta dal fatto che le popolazioni di H.halys sono presenti soprattutto nelle aree di bordo degli appezzamenti di soia, sono molto mobili e spesso riescono ad allontanarsi dal campo durante il trattamento.
Articolo pubblicato sulla rubrica L'occhio del Fitopatologo di Terra e Vita