La cocciniglia tartaruga continua a diffondersi

Cocciniglia tartaruga su pino
A rischio le pinete sia del versante adriatico sia, soprattutto, del versante tirrenico. E l'efficacia degli interventi in endoterapia è legata a numerose variabili ancora non del tutto individuate

I pini mediterranei sono specie arboree ampiamente diffuse lungo gli areali costieri italiani sia in contesti urbani (viali alberati, aree spartitraffico, verde privato ecc.) sia in ecosistemi forestali più o meno antropizzati (parchi pubblici, aree verdi periurbane ecc.).

Pino domestico sul Tirreno, d'Aleppo sull'Adriatico

In entrambi i casi la loro presenza nei due versanti, adriatico e tirrenico, è molto diversa: mentre nel Lazio e nella Campania, da dove è partita l’infestazione della cocciniglia tartaruga, è prevalente il Pino domestico che caratterizza il paesaggio sia urbano che extraurbano, in Abruzzo e Puglia, dove è stata riscontrata la presenza dell’insetto da poco più di un anno, la specie predominate è rappresentata dal Pino d’Aleppo che è presente anche in diverse pinete litoranee.

La differenza non è di poco conto poiché, come riportato in bibliografia ed anche nel database dell’Eppo (European and Mediterranean Plant Protection Organization) l’insetto risulta attaccare in maniera prioritaria il pino domestico ed il pino marittimo, mentre il Pino d’Aleppo, al momento, risulta indenne dal parassita.

Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita

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Sintomi ben visibili

L’attacco nelle fasi iniziali non è osservabile da terra. Quando l’attacco inizia ad essere importante si osserva il danno è tipico degli insetti appartenenti a questo gruppo: fitte colonie sui germogli e sugli aghi di pino con produzione di melata e conseguente fumaggine. La cocciniglia, in virtù del suo apparato boccale pungente-succhiante, sottrae linfa alle piante provocandone un rapido deperimento, ulteriormente accentuato dalla ridotta attività fotosintetica della pianta. Gli esemplari attaccati presentano un ridotto sviluppo dei germogli della parte alta della chioma, intristimento dei germogli dei palchi bassi, e disseccamento di intere branche fino alla morte nel giro di pochi anni.

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Endoterapia, interventi da contestualizzare

In Campania e nel Lazio sono stati attuati già da alcuni anni interventi chimici in endoterapia, con un successo parziale. Nella città di Pescara gli interventi in endoterapia sono iniziati lo scorso anno ed i risultati sono ancora da valutare. Purtroppo, come avviene per qualsiasi organismo di nuova introduzione, i tempi per arrivare ad una soluzione del problema sono molto lunghi e non legati, spesso, ad interventi chimici, quanto alla capacità di resilienza dell’ecosistema.

Ciò, a maggior ragione, se il contesto in cui operiamo è fortemente antropizzato, in cui sono vietati trattamenti chimici, se non in endoterapia e con prodotti che devono essere appositamente autorizzati per tali interventi. Se è vero che i risultati ottenuti con applicazioni di prodotti a base di abamectina in endoterapia, riportati in recenti pubblicazioni, risultano abbastanza efficaci, è altresì vero che dai risultati sperimentali si evidenzia che non tutte le modalità di somministrazione dell’insetticida possono garantire il successo del trattamento in queste tipologie di piante. La barriera costituita dai canali resiniferi e le condizioni fisiologiche dei singoli alberi (grado di deperimento) incidono sul grado di efficacia raggiungibile dal trattamento endoterapico. Inoltre, la durata di efficacia dei trattamenti è ancora oggetto di studio ed i risultati fin qui ottenuti non sono univoci. Nel versante adriatico, pertanto, dove la presenza di pino domestico è minore rispetto al versante tirrenico, è da valutare in maniera puntuale l’opportunità di intervenire con trattamenti chimici ed ipotizzare l’eliminazione di quegli esemplari di pino domestico fortemente compromessi sostituendoli con pini d’Aleppo o altre specie autoctone. Rimangono validi gli interventi di potatura finalizzati alla rimonda del secco, alla eliminazione dei rametti più attaccati, favorendo in tal modo l’arieggiamento ed incrementando la luminosità all’interno della chioma.

Inoltre, sarebbe auspicabile un approfondimento tecnico-scientifico di metodi di lotta biologica nei confronti del parassita in considerazione del fatto che negli areali d’origine della specie, la cocciniglia viene regolarmente controllata da insetti parassitoidi; tra essi, uno risulta particolarmente interessante ed è già utilizzato in alcuni Paesi europei come agente di biocontrollo nei confronti di altre cocciniglie.

La cocciniglia tartaruga continua a diffondersi - Ultima modifica: 2022-07-25T16:35:34+02:00 da K4

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