Il finocchio da grumolo è una pianta erbacea biologicamente biennale, ma viene coltivato con ciclo annuale. L’apparato radicale è fittonante e ramificato. Pur potendo esplorare il terreno fino a una profondità di 0,4-0,5 m, non ha una grande capacità di penetrazione nel terreno e si sviluppa bene solo in quelli tendenzialmente sciolti.
Un apparato radicale molto sensibile
Per ottenere grumoli di buona qualità, il finocchio preferisce terreni sciolti o di medio-impasto, profondi, freschi, fertili, ricchi di sostanza organica, senza ristagni idrici, con pH tra 5,5 e 6,8. Dovrebbero essere evitati i terreni molto argillosi, non strutturati e asfittici. Più il terreno diventa sabbioso più aumenta il rapporto peso delle foglie/grumolo. La pianta è poco sensibile al calcare ed è tollerante a carenze di boro e magnesio. Il finocchio è molto sensibile alla salinità: fino a una conducibilità elettrica dell’estratto di saturazione del terreno (ECe) di 1,4 mS/cm non risente effetti negativi.
In terreni che non risultano ben preparati e ottimali per lo sviluppo degli apparati radicali la coltura manifesta ingiallimenti diffusi, particolarmente localizzati nelle zone degli appezzamenti dove le condizioni strutturali manifestano anomalie. Ingiallimenti diffusi sono rilevabili anche dove i residui della coltura precedente non sono ben decomposti e/o ben integrati in un ampio volume di terreno.
Articolo pubblicato sulla rubrica L'occhio del fitopatologo di Terra e Vita
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Riconoscere i sintomi
Numerose sono le patologie fogliari del finocchio, ma quelle particolarmente diffuse e pericolose per la coltura sono fondamentalmente la ramularia (Cercospora foenicula), una Plasmopara (Plasmopara nivea) e una fitoftora (Phytophthora syringae).
Il loro riconoscimento è fondamentale, sia per evitare confusioni con possibili anomalie di origine abiotica, sia per impostare una corretta scelta dei prodotti fitosanitari.
Le piante infette, in generale, manifestano ingiallimenti, decolorazioni brune e disseccamento delle foglie; in alcuni casi possono subentrare marciumi batterici.
La corretta diagnosi è fondamentale per utilizzare ancora al meglio i formulati rameici, sia nelle forme tradizionali che “innovative”. Infatti, il rame, per questi patogeni, rimane, tuttora, una soluzione efficace, economica e a basso impatto ambientale se utilizzato nei modi (formulazioni “innovative”, dosaggi, ecc.) e nei momenti opportuni.
Per differenziare le manifestazioni anomale dovute a malattie dagli ingiallimenti e disseccamenti relativi ad altre cause non patologiche (ristagni, freddi, carenze di azoto, ecc.) è bene osservare attentamente la presenza di eventuali produzioni fungine e/o di corpi fruttiferi dei microrganismi.
Nel caso della ramularia, sui piccioli fogliari e sui fusti si formano macchie brune, incavate e di forma allungata, limitate dai cordoni collenchimatici. Sulle lacinie fogliari si hanno lesioni scure a forma di manicotto. Il parassita forma numerosi piccoli stromi pseudoparenchimatci sottoepidermici dai quali erompono conidiofori scuri.
Nel caso della peronospora, le foglie colpite possono ricoprirsi di una efflorescenza biancastra costituita dalle fruttificazioni conidiche del patogeno. La fitoftora, invece, attacca i piccioli fogliari e le loro ramificazioni presentano decolorazioni brune, più accentuate in corrispondenza dei fasci collenchimatici, che possono raggiungere dimensioni di 2-4 cm avvolgere l’intero organo.
Rame sì, ma nelle giuste dosi
La maggior parte dei patogeni fogliari del finocchio sono funghi e Chromista che rispondono ancora bene ai trattamenti fitosanitari rameici. Data l’enorme evoluzione nei formulati e nei coadiuvanti che, nel tempo, sono stati abbinati al metallo per potenziarne l’efficacia e prolungarne l’attività, è fondamentale continuare a sfruttare, per la difesa fitosanitaria del finocchio, i prodotti fitosanitari a base rameica registrati.
Scelte varietali, concimazioni e irrigazioni devono essere effettuate con criterio integrato per evitare squilibri vegetativi che, associati, ad anomalie pedoclimatiche potrebbero rendere le piante più vulnerabili, poi, agli attacchi dei patogeni.
Sfortunatamente, nonostante la ricerca e le sperimentazioni abbiano ormai dimostrato l’ottima efficacia dei nuovi formulati rameici a basse dosi, nelle campagne si continua ancora ad “abbondare” con questo metallo, ponendo le basi, purtroppo, per gravi risvolti di ordine ambientale, legale e di efficacia dei trattamenti stessi.