Nell’Italia centro meridionale le infestazioni di coleotteri nitidulidi, in particolare di Carpophilus lugubris, per quanto poco frequenti sono ben conosciute e temute per i danni che possono provocare sui frutti maturi. Occasionalmente danni provocati da questa specie sono stati registrati anche nell’Italia settentrionale, ad esempio, in Friuli-Venezia Giulia e in Veneto a piccoli frutti (fragole e lamponi). Quest’anno sono state segnalate infestazioni provocate da un altro nitidulide origine esotica (Carpophilus hemipterus) su pesco in Emilia-Romagna.
Gli attacchi primari
I nitidulidi sono ospiti abituali di frutti in marcescenza, funghi alterati, derrate alimentari (cerali, frutta, ortaggi), richiamati, probabilmente, da sostanze odorose volatili prodotte dai processi di decomposizione. Normalmente, quindi, i nitidulidi si comportano da fitofagi secondari e approfittano di frutti che hanno subito danni da altri insetti (es. Cydia, Forficula, Drosophila suzukii) o della presenza di piccole ferite naturali. Però i nitidulidi possono anche compiere attacchi primari, generalmente attraverso la zona peripeduncolare dei frutti. In seguito, i maschi emettono un feromone di aggregazione che attrae in massa nuovi adulti che continuano l’opera di demolizione del frutto. L’attività trofica dei numerosi insetti presenti provoca ampie erosioni della polpa e causa il completo deprezzamento o la non commerciabilità del prodotto. Questi coleotteri sono forti volatori, in grado di coprire diversi chilometri in cerca di cibo.
Articolo pubblicato sulla rubrica L'occhio del fitopatologo di Terra e Vita
Abbonati o accedi all’edicola digitale
La correlazione con la monilia
C. hemiptarus è una specie che di norma attacca noci, frutta secca, fichi e datteri, spezie, cereali in grani per cui è abbastanza insolito trovarla in campo su pesco. Va detto però che questa specie predilige alimenti dove si siano instaurati microfunghi (muffe) e le segnalazioni di danno osservate in Emilia-Romagna, coincidono con una forte presenza di Monilia nei pescheti. Appare quindi molto probabile che ci sia una forte correlazione fra la presenza diffusa di monilia e l’arrivo di una elevata popolazione di C. hemiptarus ma non è chiaro quale sia avvenuto prima. Quello che è molto probabile è che gli adulti del nitidulide, attirati in gran numero dalla presenza elevata di monilia, non si limitino a visitare soltanto i frutti marcescenti ma, una volta che è presente nel frutteto una popolazione molto elevata, arrivino ad attaccare anche quelli in maturazione finendo per favorire essi stessi la diffusione della malattia.
Nessun insetticida registrato
La lotta chimica contro i nitidulidi è molto difficoltosa in quanto, attualmente, non ci sono insetticidi registrati per l’impiego nei confronti di questi fitofagi. In caso di forte attacco è soltanto possibile sfruttare l’eventuale efficacia collaterale degli insetticidi impiegati contro altri organismi. Probabilmente la forma di prevenzione migliore parte dal controllo delle infezioni di Monilia che può essere integrata con la riduzione di tutte quelle cause, biotiche e abiotiche (es. cracking), che causano ferite sui frutti. Infine, raccogliere e/o interrare i frutti in marcescenza, riduce il pericolo di infestazioni.
La biologia della specie
Carpophilus hemipterus è una specie di origine indiana recentemente diffusasi in Europa e in Italia. Si tratta di un minuscolo coleottero di 2-4 mm con brevi elitre troncate di colore marrone-scuro che coprono solo parzialmente l’addome ognuna dotata di un’ampia macchia giallastra. Le larve sono biancastre o giallastre con testa marrone. Le uova vengono deposte singolarmente, su frutta in maturazione o in fermentazione e impiegano da 1 a 4 giorni per schiudersi. A seconda delle temperature lo sviluppo larvale si completa in 4-14 giorni. C. hemipterus in pieno campo sverna come adulto o pupa nascosto nei primi centimetri del terreno. Gli adulti compiono 5-6 generazioni all’anno, con le maggiori presenze che si hanno in piena estate. L’umidità è molto importante per la sopravvivenza di questa specie: un’umidità bassa non è adatta allo sviluppo larvale e all’ovideposizione degli adulti.