Le osservazioni in campo e i lavori scientifici realizzati ormai da oltre una decina di anni, riassunti recentemente anche in una specifica relazione alle “Giornate fitopatologiche 2024”, confermano la pericolosità emergente per i vigneti della tignola rigata (Cryptoblabes gnidiella).
In Italia é segnalata da oltre un secolo su colture mediterranee quali agrumi e vite, mentre più recenti sono gli avvistamenti su kaki e melograno.
Fino a pochi anni fa la tignola rigata era considerata un fitofago secondario per la vite e non richiedeva trattamenti specifici; è probabile, infatti, che i prodotti insetticidi utilizzati contro altri lepidotteri come la tignoletta (Lobesia botrana) esercitavano una sufficiente azione di contenimento.
Tuttavia, il cambio di strategie di controllo della tignoletta (confusione sessuale) e la drastica riduzione dei trattamenti insetticidi hanno aperto una “breccia” per questo insetto. Alcuni ricercatori, inoltre, ritengono che l’aumentata dannosità possa essere collegata al generale incremento delle temperature ed ai conseguenti cambiamenti climatici in atto.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Prima conoscere il ciclo biologico...
Una caratteristica biologica della tignola rigata è la sua spiccata attrazione per le sostanze zuccherine, sia quelle vegetali che quelle prodotte da insetti succhiatori (melata). E’ per questo che l’insetto si trova spesso associato ad infestazioni di cocciniglie o di afidi.
In Italia meridionale l’insetto compie da 3 a 4 generazioni all’anno, con accavallamento delle ultime, con presenze di adulti da maggio fino a novembre.
Lo svernamento avviene come larva, che si incrisalida nella primavera successiva. La contemporanea presenza di vigneti e agrumeti (ma anche impianti di melograno e kaki) in diversi areali meridionali ne facilita il passaggio da una coltura all’altra. Questo fenomeno agevola l’aumento della popolazione che solitamente raggiunge un picco tra settembre ed ottobre, per poi crollare con i primi freddi.
Su vite i danni sono dovuti all’attività trofica delle larve che tendono prevalentemente a rosicchiare rachide, peduncoli e pedicelli ma che possono anche penetrare negli acini; questo avviene soprattutto nelle varietà più spargole e a chicchi grossi, come quelle da tavola.
Le rosure provocano il disseccamento degli acini e aprono la strada a marciumi secondari degli acini che possono essere confusi con quelli causati da Lobesia botrana.
...Poi monitorare e intervenire
Le trappole sessuali per C. gnidiella sono disponibili in commercio e dotate di buona attrattività. Il loro uso per il monitoraggiodegli adulti è fondamentale per orientarsi su quando cercare sui grappoli i sintomi di infestazione larvale; successivamente si possono pianificare eventuali trattamenti larvicidi.
Osservazioni pluriennali condotte in Puglia hanno rilevato il I volo (quello che darà origine alla prima generazione larvale) in maggio e il II volo in luglio; a questi seguono altri due voli di maggiore intensità nel periodo autunnale.
Esperienze consolidate di controllo di C. gnidella prevedono di intervenire tempestivamente ai primi sintomi di infestazione sulle larve della II generazione (luglio), da cercare all’interno dei grappoli. Bisogna bagnare bene se si usano prodotti di contatto, scegliendo tra quelli registrati specificamente contro la tignola rigata o contro L. botrana su vite.
Uno o più interventi potrebbero essere ripetuti per colpire le generazioni successive, orientandosi con i dati forniti dalle trappole a feromoni.