Ridurre le emissioni di ammoniaca dell’agricoltura Italiana è un obiettivo ambizioso e raggiungibile se i tempi e i mezzi a disposizione sono adatti. Questo è il tema del workshop promosso dalla Società Italiana di Agronomia di concerto con il Mipaaf e organizzato nel contesto della Fiera Agricola di Verona il prossimo 3 febbraio.
È noto che l’agricoltura contribuisce in modo preponderante (98%) alle emissioni di ammoniaca. Numerosi comparti agricoli sono implicati (fig. 1). Questo gas concorre a determinare vari impatti sull’ambiente e non solo nelle aree prossime alle emissioni, ma anche in zone molti distanti e appartenenti ad altri Stati Membri, per questo fa parte dei problemi di inquinamento “trans-frontaliero”, oggetto di accordi internazionali. Una vasta serie di regolamenti comunitari da anni indica il modo di calcolo delle emissioni di ammoniaca e stabilisce l’approccio per affrontare il problema e per favorire interventi di mitigazione. I regolamenti sui limiti nazionali alle emissioni in atmosfera stabiliscono per ciascun Paese dell’Unione europea gli obblighi di riduzione delle emissioni nazionali di alcuni inquinanti atmosferici (biossido di zolfo, ossidi di azoto, particolato atmosferico, composti organici volatili e, appunto, ammoniaca) da realizzare entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. Al momento, il valore di riduzione per l’ammoniaca indicato all’Italia dalla Commissione europea è molto elevato ed esiste grande preoccupazione sulla capacità da parte dell’agricoltura italiana di riuscire a rispettare questo impegno.
Un passaggio inevitabile
Ma perché l’ammoniaca è un problema? È un gas rilasciato nell’aria dai suoli agrari o da sorgenti di emissioni quali gli effluenti zootecnici quando nei processi biologici e di degradazione della sostanza organica l’azoto passa attraverso lo stato ammoniacale. È importante notare che tale passaggio è quasi sempre necessario perché l’importantissimo elemento nutritivo azoto possa essere utilizzato dalle piante, siano esse spontanee o coltivate. Sebbene il suolo e molti residui organici riciclati in agricoltura conservino lo ione ammonio e l’ammoniaca stessa al proprio interno perché adsorbiti al complesso di scambio cationico o perché sia sufficientemente diluiti nella soluzione circolante, un certo livello di perdita è inevitabile: il sistema suolo-pianta anche nei suoi equilibri naturali emette comunque azoto nell’atmosfera.
Un volta nell’aria l’ammoniaca crea diversi problemi. Reagisce con i nitrati e i solfati presenti nell’ara formando particolato fine, che, in effetti, in varie aree geografiche Italiane risulta elevato anche fuori dalle città. Prolunga la sua permanenza, eventualmente ossidandosi, ma ricadendo comunque al suolo anche a molti chilometri di distanza dal punto di emissione, contribuendo alle deposizioni umide e secche di azoto. Tali deposizioni possono causare a loro volta eutrofizzazione di aree a vegetazione naturale, acidificazione dei suoli e riduzione della biodiversità. Tale ricaduta contribuisce indirettamente all’emissione di protossido di azoto, potente gas serra. E, infine, non dimentichiamo che ogni kg di azoto perso per volatilizzazione di ammoniaca è una perdita di circa 1 € di maggior costo di concime da acquistare per l’agricoltore. La conclusione è semplice: come le altre molecole azotate, anche l’ammoniaca fino a quando rimane nel suolo o negli effluenti zootecnici è un risorsa preziosa, quando finisce nell’aria è un problema.
Emergenza sempre più pressante
Perché si parla tanto di ammoniaca oggi? Ci sono due fattori scatenanti l’emissione di ammoniaca da parte dell’agricoltura. Il primo è l’elevata disponibilità di effluenti zootecnici e di altri residui organici ricchi in azoto. Le aziende zootecniche perdono ammoniaca durante il ricovero degli animali, lo stoccaggio e lo spandimento in campo degli effluenti. Siccome incide sempre la quantità di azoto in partenza, l’emissione per unità di superficie è elevata nelle regioni europee ad elevata densità zootecnica, tra cui il Nord Italia. Il secondo è la disponibilità di concimi azotati di sintesi e tra questi soprattutto (ma non solo) l’urea. Sono le cause note sulle quali vanno poi a incidere i fattori naturali che accelerano la velocità del processo di emissione di ammoniaca: elevata temperatura dell’aria e radiazione, vento, basicità del suolo o dell’effluente, lunga durata di esposizione, scarsa infiltrazione delle superficie oggetto dello spandimento.
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