Psa, nel pavese le restrizioni rischiano di far fallire gli allevamenti

La Cia Lombardia chiede di rivedere la mappa delle zone di protezione e sorveglianza nel pavese. Se ne discuterà a Bruxelles il 6 novembre

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Da due mesi gli allevatori di suini sono senza entrate e hanno solo costi. A complicare il quadro anche il mancato ritiro delle carni proveniente dalla provincia

Nella provincia pavese le restrizioni a causa della Psa (Peste suina africana) stanno mandando in rovina gli allevamenti di suini colpiti dal virus. La denuncia arriva dalla Cia Lombardia: «La situazione ha raggiunto ormai livelli insostenibili. Gli allevatori non hanno alcuna entrata da quasi due mesi, nel frattempo lievitano costantemente i costi di mantenimento degli animali, della sorveglianza veterinaria, dell’applicazione delle misure di biosicurezza, mettendo a rischio anche l’indotto che ruota intorno al comparto come i mangimifici, i rivenditori di macchinari agricoli e di prodotti fitosanitari».

Mancato ritiro di carni macellate provenienti dal pavese

A tutto ciò si aggiunge, come precisa sempre la Cia Lombardia, la decisione di alcuni trasformatori di non ritirare carni macellate dalle due aziende del cremonese indicate da Regione Lombardia, in quanto carni provenienti dal pavese. A nulla serve il fatto che si tratti di carni di suini sani, come garantito dalle analisi continue eseguite sugli animali, si è preferito ignorare la normativa che prevede che la carne sia destinata solo alla produzione di salumi cotti o di prosciutti crudi con stagionatura di almeno 400 giorni.

Cia: rivedere le zone di protezione e sorveglianza

L’organizzazione agricola regionale ha pertanto sollecitato a ridurre il perimetro delle zone di protezione e sorveglianza: la zonizzazione, che attualmente riguarda 172 Comuni e pare resti in vigore fino al 18 novembre, si discute il 6 novembre in Commissione europea alla presenza dei ministeri della Salute e dell'Agricoltura. L’auspicio è che si decida di modificare le zone di protezione e sorveglianza, inserendo la maggior parte della provincia di Pavia in zona 1, che ha regole meno restrittive.

Per Carlo Emilio Zucchella, presidente di Cia Pavia, la ridefinizione delle zone è punto fondamentale per la sopravvivenza delle aziende: «Ormai da un mese non si riscontrano altri focolai di Psa, ciò significa che le misure di sicurezza funzionano. Gli allevatori, così come le associazioni di categoria, non confidano negli indennizzi (anche perché servirebbero milioni di euro per salvare il comparto), ma chiedono di poter continuare a lavorare».

Urgente sbloccare la macellazione per 30mila capi

«Attualmente ci sono 30mila capi che andrebbero macellati il prima possibile. Tra due settimane – ha aggiunto ancora Zucchella – il quadro si aggraverà ulteriormente, con il rischio a fine novembre di averne 60mila, numeri esorbitanti, è per questo che va gestita la destinazione delle carni il prima possibile».

Gli agricoltori come faranno a sopravvivere a questa situazione? «È giunto il momento di decidere: o si abbattono gli animali, auspicando indennizzi, oppure – ha concluso il presidente di Cia Pavia – come speriamo accada, dovranno essere presto limitate le zone di protezione e sorveglianza per la Psa. Serve però un impegno di tutti, dalle istituzioni ai privati, per aiutare un comparto che rischia di collassare portandosi dietro tutti gli attori della filiera se non si interviene subito».

Psa, nel pavese le restrizioni rischiano di far fallire gli allevamenti - Ultima modifica: 2023-11-02T21:04:56+01:00 da Francesca Baccino