Un grande progetto per l’autoproduzione di latte

autoproduzione di latte
Gianpiero Calzolari
Oggi abbiamo meno stalle, ma produciamo molto più latte. I consumi sono però in picchiata e presto raggiungeremo il livello di autosufficienza. Dovremo chiudere le porte all'import per tenere in piedi l'allevamento bovino da latte italiano? Forse non serve arrivare a tanto, ma occorre comunque un piano. L'editoriale del presidente del Gruppo Granarolo su Terra e VIta

Nel nostro Paese nel 2018 la produzione di latte è stata inferiore alle attese. Pare sia stato a causa di un fattore climatico congiunturale. In realtà la potenzialità produttiva delle nostre stalle avrebbe abbondantemente superato i 12 miliardi di tonnellate, circa un 10% in più della produzione confrontata con quanto producevamo in regime di quote latte.

La dinamica degli investimenti in atto lascia presagire che la produzione continuerà a crescere in modo importante anche per il prossimo futuro. Nel contempo il numero di aziende continua a ridursi significativamente: si sta verificando un processo di concentrazione delle imprese e un aumento della capacità produttiva nazionale.

In sintesi meno stalle producono di più.

Per contro gli italiani consumano sempre meno latte e l’export, che pure sta andando molto bene, non compensa il saldo fra aumento della produzione e calo dei consumi.

Serve un’azione di informazione

Inutilmente reclamiamo da tempo un’iniziativa politica a sostegno di una corretta campagna di educazione sul valore del latte per un’alimentazione sana ed equilibrata, ma è mia opinione che se non se ne faranno carico tutti gli attori della filiera, dalla produzione all’industria alla distribuzione, destinando risorse economiche sia alla comunicazione istituzionale sia al marketing, la situazione non si invertirà e continueremo a registrare segni meno.

Il combinato di queste condizioni ci porta a dire che il nostro Paese sta diventando, se non del tutto autosufficiente, molto meno dipendente dal latte estero.

Ma proviamo a immaginare uno scenario in cui, per ragioni diverse, come la necessità di rientrare nei parametri delle normative ambientali e un mutato andamento climatico, si riducessero le disponibilità di materia prima europea e, per contro, anche grazie agli investimenti di molti allevatori italiani e in un contesto di calo della domanda interna, l’industria di trasformazione potesse disporre di tutta la materia prima nazionale necessaria a soddisfare i consumi interni e l’esportazione.

Pensiamo di destinare le aree marginali o comunque meno generose dal punto di vista produttivo, al biologico, al latte fieno, alla filiera corta, alle fattorie didattiche e agli agriturismi, iniziative fondamentali ad un indispensabile piano di riavvicinamento del consumatore al nostro mondo, dopo anni in cui il latte e l’allevamento sono stati demonizzati, perfino da quella che un tempo si sarebbe definita televisione di stato.

C’è da chiedersi se non sia il caso di lavorare su un grande progetto a medio lungo termine, per l’autoproduzione di latte, in coerenza alle tante battaglie per la certificazione d’origine della materia prima. Battaglie sacrosante a patto che si riesca ad offrire al consumatore quel latte italiano che gli abbiamo dato la possibilità di apprezzare.

È un’utopia tenere fuori dai confini la materia prima non per via di norme o barriere ma semplicemente perché non ne avremmo bisogno?

Forse, ma se i consumi calano del 4% all’anno e la produzione aumenta con questi ritmi, se le aziende si rafforzano e investono, se i consorzi riescono a pianificare la produzione e riuscissimo di conseguenza a esportare volumi crescenti dei grandi formaggi italiani che il mondo desidera consumare, allora potrebbe non essere solo un’utopia. Certamente non si tratterebbe di una passeggiata e l’esito sarebbe tutt’altro che scontato ma sono evidenti ampi margini di miglioramento del saldo import-export.

Editoriale pubblicato sul numero 9 di Terra e Vita

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Un grande progetto per l’autoproduzione di latte - Ultima modifica: 2019-03-15T09:32:08+01:00 da K4

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