Il presidente della Coldiretti Marini e i ministri Passera e Catania
L'agroalimentare italiano è un modello vincente, ma deve poter contare sul supporto della politica e delle istituzioni. Per sganciare l'economia dalle speculazioni e dallo spread la cura «è di ancorarci a quei prodotti, quei manufatti, quelle modalità di produzione che sono espressione diretta dell'identità italiana, dei suoi territori, delle sue risorse umane».
Contro una politica che fa diventare «tutto merce» che misura il benessere solo con il Pil si è schierata la Coldiretti che il 5 luglio scorso a Roma, al Palalottomatica, ha dato la sua ennesima prova di forza schierando 15mila coltivatori diretti «armati » di bandiere gialle per sostenere la sua idea di progetto di sviluppo e di rilancio dell'agricoltura. «Il patrimonio agricolo - ha sostenuto il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, davanti al suo “popolo”, a due ministri (Corrado Passera dello Sviluppo economico e Mario Catania delle Politiche agricole), a una nutrita pattuglia di parlamentari e rappresentanti della magistratura e delle forze armate - costituisce la più forte leva competitiva del nostro produrre come confermano le imitazioni del made in Italy su scala mondiale che hanno raggiunto proporzioni gigantesche». Un'agricoltura che secondo il quadro tracciato dalla Coldiretti non è affatto povera.
Il valore aggiunto per ettaro risulta doppio rispetto a Francia, Germania e Spagna e addirittura triplo nel confronto con la Gran Bretagna. Anche il dato relativo agli occupati per ettaro è premiante per l'Italia con un valore triplo rispetto a Francia, Germania e Spagna. Record anche l'innovazione e l'export che nell'agroalimentare ha raggiunto 30 miliardi e che potrebbe però avere ulteriori spinte alla crescita se si pensa che tocca 70 miliardi il valore del finto made in Italy. Il cibo italiano ingloba valori che vanno dalla qualità alla salubrità fino all'identità dei territori, una ricchezza che - ha sostenuto Marini - è riduttivo misurare solo con il Pil». Insomma un settore che rappresenta il 15% del Pil e che complessivamente vale 250 miliardi, lasciato però allo sbaraglio.
Marini ha denunciato con forza l'indifferenza riservata dalla politica che spesso nella mancanza di scelta - ha detto - si trincera dietro i veti di Bruxelles. «Ora però - ha aggiunto - con il recente vertice Ue la politica ha dimostrato che può recuperare la sua sovranità e l'Italia può tornare ad avere il ruolo che merita nei confronti degli altri paesi».
Dunque con un invito preciso al Governo a battersi per la nuova Pac anche esercitando il diritto di veto. Marini ha invitato a mettere da parte tanti luoghi comuni come quello che dipinge sempre un'agricoltura assistita. E che sono anche alla base dell'emarginazione del settore. La Coldiretti non ha digerito la mancata convocazione da parte del ministro Fornero al tavolo sulla riforma del lavoro. E ha rivendicato invece la priorità del settore ricordando come ci sia una corsa ad acquistare aziende agroalimentari italiane, mentre negli altri settori c'è una fuga di imprese. Ma è la politica che deve fare la sua parte. Come sul fronte legislativo dove un'analisi realizzata dalla Coldiretti ha rilevato risultati tutti di segno negativo.
In Italia per approvare una legge ci vuole più di un anno, ma l'aspetto grave è che difficilmente vanno in porto le proposte di legge: su 8.205 presentate nell'ultima legislatura al traguardo ne sono arrivate 205. Più desolante il quadro agricolo: su 233 iniziative ne sono passate tre e due sono inapplicate. E così sono sfumate l'etichetta con l'indicazione dell'origine della materia prima voluta fortemente dalla Coldiretti, la dismissione dei terreni agricoli demaniali (i termini per il decreto attuativo fissato al 30 luglio sono scaduti) e le indicazioni più chiare sulle bottiglie di olio d'oliva. Un vuoto che - ha denunciato Marini - rischia di compromettere il destino del paese.