Acqua, suolo, agricoltura di precisione e trasferimento dell’innovazione in azienda. Questi, in estrema sintesi, i target “agronomici” prioritari del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, il Crea, l’organo di ricerca italiano in campo agroalimentare, nato dalla fusione tra Cra e Inea.
Ad illustrarli è Michele Pisante, Commissario Delegato dell’ente insieme ad Alessandra Gentile.
L’agricoltura italiana ha una tremenda fame di innovazione: in che modo la ricerca e il Crea possono contribuire a saziarla?
«All’agricoltura italiana serve anzitutto programmazione. La ricerca può aiutare il settore ad affrontare le grandi sfide – ambientali, economiche e sociali - che ci attendono. Il Crea presenterà un Piano triennale di ricerca, in linea con le direttive del piano nazionale di ricerca e Horizon2020, che dovrebbe essere definito dopo l’estate ed entrare a regime il prossimo anno.
Dobbiamo però distinguere l’attività di ricerca con l’attività di trasferimento dell’innovazione, nostro punto debole. Su questo aspetto stiamo definendo un piano di priorità, in collegamento con le organizzazioni di categoria e i portatori di interesse, che non sono solo gli agricoltori. Un coinvolgimento sinergico è previsto per i servizi avanzati di assistenza tecnica e gli agro-meccanici».
Cosa ci sarà in questo Piano?
«Abbiamo individuato degli scenari per affrontare alcuni dei principali problemi esistenti, il primo la gestione dell’acqua e del suolo. Vogliamo partire da qui perché riteniamo che le risorse siano la base per un’agricoltura sostenibile. La ricerca pubblica ha latitato su questi aspetti. Dobbiamo riappropriarcene. Abbiamo un’enorme debolezza sul suolo: in Europa la disponibilità pro-capite media è di 4.000 m2. In Italia 2.100. Dobbiamo limitarne il consumo e renderne più efficiente l’uso».
In che modo?
«Attraverso l’introduzione dell’agricoltura di precisione: l’idea è sviluppare una modellistica previsionale, sia su scala nazionale che aziendale, coinvolgendo tutti i portatori di tecnologie, dai produttori di macchine ai produttori di satelliti. Prima della pausa estiva verrà definito un gruppo di lavoro».
In concreto cosa prevedete di realizzare?
«Vogliamo ottenere un monitoraggio continuo della stato di salute del suolo e impiegare un database di riferimento unico nazionale per programmare gli interventi. L’obiettivo è rendere facilmente accessibile questo database alle Regioni e poi,a cascata, a tutti i portatori di interesse».
Ma non c’è un problema di proprietà dei dati?
«Stiamo ragionando per superare questa barriera. È un aspetto fondamentale. La questione aperta è spostare l’attenzione sulla finalità con la quale devono essere utilizzati i dati, strettamente pubblica».