Alla luce della volontà del Presidente Trump di tornare a imporre politiche protezionistiche Fondazione Qualivita ha analizzato due documenti appena pubblicati dal Dipartimento Usa per il commercio (USTR): “L’Agenda 2017 delle politiche del commercio Usa e il rapporto annuale sul programma degli accordi commerciali” e, in particolare, il rapporto annuale sulla protezione della proprietà intellettuale “2017 Special 301 Report”.
Nel rapporto governativo “2017 Special 301 Report” si sottolinea il continuo impegno dell’amministrazione Trump a limitare i “danni creati dal riconoscimento delle Indicazioni Geografiche (IG) da parte dell’Unione europea”. La relazione evidenzia l'esistenza di minacce, tuttora in corso, per le aziende statunitensi che usano i nomi comuni dei prodotti agroalimentari, all’interno degli Usa e nel commercio globale. Nel merito, l’USTR evidenzia “gli effetti negativi che l’approccio dell’Unione europea nei confronti delle Indicazioni Geografiche può avere per i produttori e commercianti statunitensi nell’accedere ai mercati internazionali e del terzo mondo, specialmente quelli con diritti precedenti sui marchi commerciali oppure quelli che confidano nell’uso dei nomi comuni dei prodotti agroalimentari.”
«La posizione dell'USTR sul modello europeo di certificazione è molto pericolosa - ha dichiarato Paolo De Castro, Parlamentare europeo, Primo Vice-Presidente della Commissione Agricoltura e Presidente del comitato scientifico Qualivita - perché potrebbe essere usata come giustificazione per proporre dei dazi specifici su queste produzioni di qualità. Ciò che l'amministrazione Trump dovrebbe ricordare è che, dai vini della Napa Valley alle patate dell'Idaho, i riconoscimenti geografici sono una leva distintiva sul mercato globale anche per gli Usa!».
Il Rapporto arriva anche a sintetizzare gli obiettivi degli Usa sulla tema Dop e Igp:
- Assicurare che la protezione delle IG non violi i diritti precedentemente stabiliti;
- Affermare che la protezione delle IG non privi le parti interessate dall’opportunità di usare i nomi comuni come “parmesan”, “feta”;
- Garantire che le persone interessate siano informate e abbiano l’opportunità di opporsi o di chiedere la cancellazione di qualsiasi protezione IG chiesta o rilasciata;
- Assicurare che le notifiche e informazioni rilasciate quando passa una protezione IG con termine composto, identifichino il nome comune dei suoi componenti;
- Tentare di opporsi all’estensione della protezione concessa alle IG wine e spirits ad altri prodotti (Accordo tra USA e Ue sul commercio del vino, 2006).
Quello che si configura è un attacco frontale da parte del governo degli Stati Uniti sostenuto dalla potente industria alimentare Usa guidata dal "Consorzio denominazioni generiche" (Consortium for Common Food Names, Ccfn), uno strumento di lobby in prima fila anche durante le trattative del Ttip. Se l’obiettivo prioritario delle lobby Usa sembra essere il contrasto alle politiche europee di diffusione nel mondo dello standard Dop e Igp, sarà necessario un intervento significativo delle istituzioni dell’Unione europea e dei singoli Paesi membri per salvaguardare un modello di sviluppo - quello delle Indicazioni Geografiche - che negli ultimi venti anni ha rivitalizzato intere regioni, in Italia e in Europa.
«Gli immensi sforzi delle imprese italiane ed europee - ha commentato Mauro Rosati, Direttore generale della Fondazione Qualivita - per promuovere e commercializzare i propri prodotti alimentari nel mercato Usa rischiano di essere vanificati. Asserire che “Parmigiano Reggiano” e “Feta” sono nomi comuni è un grande passo indietro per l’America sia sul fronte commerciale ma anche su quello culturale. I consumatori americani in primis si meritano più verità sui prodotti che mangiano e le Indicazioni Geografiche rappresentano soprattutto una garanzia per loro”.
Un tema che - come testimonia il XIV Rapporto Ismea Qualivita - solo per l’Italia vale 13,8 miliardi di euro e che potrebbe diventare centrale anche al G7 dell’agricoltura che si terrà a ottobre proprio nel nostro Paese alla presenza del ministro Maurizio Martina e dei ministri delle politiche agricole di Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Canada e Stati Uniti.