In questi ultimi anni, l’interesse le leguminose da granella è cresciuto per tante ragioni, sia agronomiche, che economiche, soprattutto al centro-sud Italia.
In primo luogo, dal punto di vista agronomico, gli agricoltori hanno ricercato un migliore adattamento delle colture alla vocazione territoriale, anche tramite avvicendamenti più equilibrati, in alternativa alla monosuccessione di cereali. Inoltre, le leguminose sono essenziali nell’agricoltura biologica e si adattano bene ad alcuni areali marginali dell’Italia centro-meridionale.
In secondo luogo, la nuova Pac ha favorito le leguminose da granella sia per la loro caratteristica di essere colture azotofissatrici, quindi di rispondere agli impegni del greening in qualità di EFA (aree di interesse ecologico), sia per l’accesso agli aiuti accoppiati.
Il condizionamento della Pac
Lo sviluppo delle leguminose proteiche è stato fortemente condizionato dalla riforma della Pac; fino al 2004, queste colture, non avendo mai ricevuto una particolare forma di sostegno, sono state gradualmente marginalizzate negli ordinamenti colturali a vantaggio di colture più sostenute, in particolare cereali ed oleaginose.
A seguito dei nuovi obiettivi della Pac introdotti con la riforma Fischler, le leguminose da granella hanno ricoperto un ruolo sempre più importante. L’introduzione del disaccoppiamento nel 2005 ha generato una minore convenienza alla monocoltura di cereali e ha favorito le leguminose, soprattutto negli areali marginali.
Dal 2010, l’introduzione della misura dell’avvicendamento biennale dell’art. 68 ha dato una ulteriore spinta alle leguminose; l’alternanza di colture cerealicole e miglioratrice ha assicurato un pagamento supplementare di circa 100 €/ha dal 2010 al 2014.
Un ulteriore incentivo alle leguminose è arrivato dalla Pac 2015-2020 per due ragioni:
- il contributo delle leguminose ai vincoli del greening, essendo colture azotofissatrici;
- il pagamento accoppiato aggiuntivo (v. box).
Le leguminose e il greening
Gli impregni del greening sono tre: diversificazione delle colture; mantenimento dei prati permanenti; presenza un’area di interesse ecologico.
Il terzo impegno del greening obbliga gli agricoltori a destinare una quota del 5% dei seminativi dell’azienda ad aree di interesse ecologico (EFA).
Tale impegno è obbligatorio per le aziende con una superficie a seminativo superiore a 15 ettari, per almeno il 5% della superficie a seminativo dell’azienda.
La presenza di un’area di interesse ecologico può essere rispettata tramite diverse modalità: terreni lasciati a riposo; elementi caratteristici del paesaggio; fasce tampone, ecc.
Anche le superfici occupate da colture che fissano l’azoto (colture azotofissatrici) assolvono l’impegno di aree ecologiche. In altre parole, una superficie a pisello proteico o lenticchia consente di ottemperare al 5% delle superfici ad aree ecologiche, previste dai vincoli del greening.
Infatti, tra le EFA sono previste anche le colture azotofissatrici, all’interno di un elenco approvato dal decreto ministeriale n. 6513 del 18/11/2014 (tab. 1). Tuttavia un ettaro di colture azotofissatrici non vale come un ettaro di EFA.
Un fattore di ponderazione è finalizzato a trasformare il valore ecologico delle EFA in ettari; il fattore di ponderazione delle colture azotofissatrici è pari a 0,7, quindi 10 ettari di favino o cece corrispondono a 7 ettari di EFA.
L’aumento delle superfici
La nuova Pac 2015-2020 ha ulteriormente stimolato l’introduzione delle leguminose da granella negli ordinamenti colturali del centro-sud Italia, come è anche avvenuto al nord Italia con la soia.
Secondo l’Istat, l’Italia destina alla coltivazione delle principali leguminose da granella circa 74.000 ha (tab. 2), distribuiti principalmente nelle regioni Marche (12.200 ha), Toscana (11.700 ha) e Puglia (10.700 ha). Queste regioni rappresentano nel loro insieme la metà della superficie nazionale.
Dall’analisi dell’evoluzione delle superfici, si osserva un aumento del 10% (pari circa 7.000 ettari) dal 2014 al 2015, per effetto principalmente della nuova Pac.
I prezzi
Un argomento importante per comprendere il futuro di questo settore riguarda il mercato e i prezzi.
Il mercato delle leguminose, in realtà, non è mai decollato.
Il prezzo delle leguminose per uso zootecnico (favino, pisello proteico) è sempre stato correlato a quello della soia (fig. 1), essendo le due produzioni legate all’ottenimento di proteine vegetali.
Seguendo il mercato della soia, i prezzi del favino e del pisello proteico sono soggetti a forti oscillazioni, instabilità, scarsa trasparenza delle informazioni di mercato e difficoltà di creare filiere stabili integrate.
Per questo settore, il futuro dei prezzi potrebbe risentire della maggiore offerta nazionale, ma in realtà sarà sempre legato agli andamenti internazionali del prezzo della soia. È evidente che questa instabilità e scarsa trasparenza creano difficoltà nel conciliare la produzione con le esigenze degli utilizzatori.
Il mercato è molto diverso per quanto riguarda il cece e le lenticchie che hanno una destinazione nel consumo umano, dove i prezzi sono generalmente molto più interessanti e remunerativi.
I conti economici
Per quanto riguarda i conti economici, le leguminose da granella presentano dei redditi lordi mediamente inferiori a quelli delle principali colture alternative e in particolare i cereali, anche se questi risultati possono essere differenti a seconda degli areali di produzione. È evidente che le colture proteiche si adattano meglio e forniscono risultati a volte migliori dei cereali in condizioni marginali, con terreni che non possono offrire buoni risultati ai cereali maggiori.
Se si effettua un confronto tra il reddito lordo di alcune colture proteiche alternative, si può osservare come mediamente le colture proteiche forniscono un risultato inferiore al cereale di riferimento dell’Italia centro-sud, ovvero il grano duro.
Diverso è invece quando si opera in agricoltura biologica, dove queste colture sono essenziali, non solo dal punto di vista del rispetto degli impegni previsti dal disciplinare di produzione del biologico, ma anche dei risultati economici.
Possiamo quindi affermare che la redditività è molto bassa, prossima al pareggio tra costi e ricavi (sempre tenendo conto dei prezzi medi dell’ultimo quinquennio); tuttavia il bilancio economico andrebbe valutato a livello pluriennale, tenendo conto della rotazione con i cereali. All’interno di una combinazione produttiva equilibrata dal punto di vista agronomico, le colture proteiche assicurano una convenienza economica accettabile, se si tiene conto dei migliori risultati economici delle colture cerealicole che seguiranno nella rotazione.
Prospettive, questione di resa
L’evoluzione della Pac degli ultimi 10 anni ha favorito la presenza delle leguminose da granella negli ordinamento colturali italiani, soprattutto al centro-sud Italia.
Le colture proteiche sono valutate positivamente soprattutto per i loro vantaggi ambientali e per il contributo ai fabbisogni di approvvigionamento di proteine ogm free. Inoltre sono colture ottime per i programmi agroambientali dei Psr.
Tuttavia la Pac non basta per ottenere un adeguato risultato economico. Il limite allo sviluppo di queste colture è sempre stata l’aleatorietà nei risultati produttivi, che ha impedito di raggiungere superfici importanti.
Il futuro di queste colture, seppur favorite dalla Pac, risulta quindi legato all’efficienza tecnica-economica delle colture stesse, in particolare la produttività (resa) gioca un ruolo decisivo.
La ricerca e l’innovazione deve orientarsi a migliorare la produttività, ricercare varietà più adatte agli utilizzi (in particolare nell’impiego delle diete dei ruminanti), ricercare varietà caratterizzate ma maggiore adattabilità ai contesti territoriali, diffondere la cultura imprenditoriale, migliorare le tecniche colturali.
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