Doveva essere il principio cardine della nuova Politica agricola, dopo le pesanti critiche della Corte dei conti Ue alla Pac attuale per la perdita di ogni legame tra aiuti e attività agricola. L’occasione per correggere gli effetti del disaccoppiamento, che ha comportato in molti paesi (Italia in primis), l’abbandono di tante colture e offerto una prospettiva a un’agricoltura non produttiva, sempre più difficile da giustificare in tempi di crisi, difficoltà e carenza di approvvigionamenti. Si tratta del concetto di «agricoltori attivi» sui quali, secondo tutte le indicazioni (a partire dalla Comunicazione ufficiale della Commissione europea del novembre scorso), si sarebbero dovuti indirizzare maggiormente i pagamenti diretti Pac.
E invece, le ultime bozze in circolazione a Bruxelles (ancora oggetto della consultazione interservizi che precede la loro pubblicazione prevista, salvo sorprese, per il prossimo 12 ottobre), si limitano a indicare come parametro di riferimento una soglia del 5% del reddito totale del soggetto beneficiario proveniente dall’attività agricola (si veda anche «Agrisole» n. 35/2011). Un criterio, come è immediatamente percepibile, che lascia spazio a tutte le imprese anche non propriamente agricole e che attualmente beneficiano largamente dei contributi comunitari.
Tra queste, come rilevato pochi mesi fa dalla stessa Corte dei Conti europea in una relazione speciale, anche scuole, aeroporti, campeggi, circoli sportivi e ferrovie (si veda «Agrisole» n. 30/2011). Oltre 150mila ettari senza alcun legame con l’agricoltura ma con premi Pac fino a un milione di euro. Da qui l’invito – l’ennesimo – della magistratura contabile europea alla Commissione di sostenere solo chi produce. Approfittando della riforma imminente.
E d’altra parte da molti mesi a Bruxelles si discute sottotraccia su come correggere gli effetti del disaccoppiamento dei premi. La strada individuata era proprio quella degli agricoltori attivi.
Ma così come formulata dai testi in entrata, difficilmente la proposta potrà incidere sull’efficacia della distribuzione degli aiuti favorendo una loro maggiore concentrazione sui veri agricoltori.
Intanto, fa pure discutere negli ambienti professionali della Ue la notizia secondo la quale, nel pacchetto per la riforma della Pac, verrà inserita anche la proposta di abolire le quote di produzione per lo zucchero dal 2016, dopo una proroga della regolamentazione vigente che scadrà a conclusione della campagna 2014-2015.
Nello studio d’impatto redatto dai servizi della Commissione, si sostiene che la fine delle quote consentirà in pochi anni di far salire la produzione di zucchero di almeno il 4% rispetto allo status quo, con una riduzione stimata nell’ordine dell’8% delle quotazioni delle barbabietole, ben al di sotto, quindi, dell’attuale prezzo di sostegno.
La reazione della Confederazione dei produttori francesi di barbabietole (Cgb) non si è fatta attendere ed è stata assolutamente negativa. Secondo l’organizzazione agricola, la proposta di eliminare il sistema delle quote sarebbe «sorprendente, incoerente e di corto respiro», perché la vigente normativa consente di gestire sia le fasi di eccedenza della produzione, come si è verificato nel 2009, sia quelle di carenza come l’attuale. La Cgb ha ricordato che nel giugno scorso il Parlamento europeo si è pronunciato a favore di una proroga della normativa in essere fino al 2020, per consentire al settore di migliorare la propria competitività in un quadro di stabilità.
Le ultime bozze prevedono una soglia del 5% del reddito totale proveniente dall’attività agricola
PAC – Agricoltori attivi: praticamente tutti
Nei piani iniziali doveva essere il cardine dei nuovi aiuti dopo le critiche al disaccoppiamento